Il Diritto dell'Unione EuropeaEISSN 2465-2474 / ISSN 1125-8551
G. Giappichelli Editore

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La nuova governance economica europea post-pandemia (di Federico Fabbrini, Ordinario di Diritto dell’Unione europea, Dublin City University di Dublino)


L’articolo analizza le misure adottate dall’Unione europea (UE) per affrontare i devastanti effetti economici della pandemia di Covid-19, considerando le loro conseguenze per l’Unione economica e monetaria (UEM). A tal fine, l’articolo inquadra le principali caratteristiche della governance economica europea prima della pandemia. Successivamente, l’articolo esamina le molteplici misure messe in atto dalle istituzioni e dagli Stati membri dell’UE, tra cui, soprattutto il Fondo per la ripresa, sottolineando come queste abbiamo prodotto una profonda trasformazione dell’UEM. L’articolo spiega come le risposte alla pandemia di Covid-19 hanno portato ad un ri-bilanciamento delle politiche monetarie ed economiche dell’UEM, dotando per la prima volta l’UE di una vera capacità fiscale. Allo stesso tempo, l’articolo riflette se i cambiamenti nella governance economica europea sono destinati ad essere temporanei, o piuttosto se costituiscono il nuovo status quo per l’UE, e discute quali ulteriori cambiamenti costituzionali siano necessari a livello europeo per legittimare e sostenere questo trasferimento senza precedenti di poteri in ambito fiscale all’UE.

This article analyzes the measures adopted by the European Union (EU) to address the devastating economic effects of Covid-19, assessing their implications for Europe’s Economic and Monetary Union (EMU). To this end, the article first sets the background by exploring the main features of EMU before Covid-19. Subsequently, the article examines the multiplicity of policies deployed by the EU institutions and the member states to contain the socio-economic damages of the pandemic – including, most crucially, the EU recovery fund – and underlines their transformative effect on the EU architecture of economic governance. As the article argues, the responses to Covid-19 have produced a significant rebalancing of EMU, bridging the asymmetry between EU monetary and economic policy. Finally, the article considers whether the Covid-19 related responses are likely to be only temporary, or rather a new normal for EMU, and sheds lights on further constitutional adaptations which are necessary to sustain this unprecedented transfer of fiscal power at EU level.

SOMMARIO:

I. Introduzione - II. L’UEM prima della pandemia di Covid-19 - III. Le prime misure di politica economica europea di risposta alla pandemia di Covid-19 - IV. Il pacchetto del­l’Eu­rogruppo - V. Il Fondo per la ripresa - VI. Il nuovo equilibrio dell’UEM - VII. L’ac­cre­sciuta esigenza di riformare l’UE - VIII. Conclusione - NOTE


I. Introduzione

L’esplosione della pandemia di Covid-19 ha avuto conseguenze epocali non solo per la vita delle persone ma anche per quella dell’Unione europea (UE). Sin dall’esplosione della pandemia nella primavera 2020 le istituzioni e gli Stati membri dell’UE hanno adottato misure senza precedenti per affrontare questa drammatica crisi sanitaria e le sue devastanti conseguenze socio-economiche. Queste misure straordinarie hanno avuto importanti implicazioni anche per l’Unione economica e monetaria (UEM) europea. Lo scopo di quest’articolo è di analizzare da una prospettiva giuridica le politiche economiche adottate a livello sovranazionale in risposta alla pandemia di Covid-19 al fine di analizzare le loro conseguenze sulla governance del­l’UEM. L’UEM costituisce uno dei pilastri dell’UE, nonché uno dei successi più tangibili del­l’integrazione europea. Inizialmente istituita nel 1992 dal trattato di Maastricht, l’UEM si è significativamente evoluta per effetto delle misure giuridiche ed istituzionali adottate per rispondere alla cd. crisi dell’euro, nell’ultimo decennio. Tuttavia, nonostante ripetuti inviti a completare l’UEM, sino allo scoppio della pandemia l’architettura della governance economica europea era rimasta asimmetrica: mentre l’UE aveva saldamente centralizzato la politica monetaria, la politica economica rimaneva dispersa a livello nazionale, senza una vera e propria capacità fiscale a livello sovranazionale. La tesi di quest’articolo è che le misure di politica economica adottate dalle istituzioni e dagli Stati membri dell’UE per affrontare i danni provocati da Covid-19 costituiscono un punto di svolta nel processo d’integrazione europea, portando finalmente a un ribilanciamento tra la componente economica e quella monetaria dell’UEM [1]. In particolare, dopo le prime misure emergenziali di supporto messe in piedi dalla Commissione europea [2], dalla Banca centrale europea (BCE) [3], e dall’Eurogruppo [4], il punto di svolta è stato l’adozione da parte del Consiglio europeo nel luglio 2020 del cd. recovery plan [5]. Tale piano, originariamente proposto dalla Commissione [6], e da diversi Stati membri [7], prevede l’istituzione di un nuovo Fondo europeo per la ripresa del valore di 750 miliardi di euro, da finanziarsi [continua ..]


II. L’UEM prima della pandemia di Covid-19

Il trattato di Maastricht del 1992 rappresenta un momento di svolta nel processo d’integrazione europea in quanto pone le fondamenta per l’i­stituzione dell’UEM. Tuttavia, l’UEM fu creata come un’architettura a­simmetrica. Sebbene nelle more della conferenza intergovernativa che sarebbe poi risultata nel trattato di Maastricht sia attori istituzionali [8] che accademici [9] avevano sottolineato l’importanza di integrare in parallelo sia le politiche monetarie che quelle economiche, gli Stati membri in ultima analisi codificarono nel trattato di Maastricht solo un compromesso [10]. Dal lato delle politiche monetarie, il trattato aprì la strada all’introduzione dell’euro come moneta unica dell’UE. Dal lato delle politiche economiche, tuttavia, il trattato di Maastricht non apportò alcun significativo trasferimento di competenze dagli Stati membri alle istituzioni europee. Al contrario, la competenza sulle politiche economiche rimase prerogativa degli Stati. D’altra parte, in conseguenza della decentralizzazione della politica economica a livello nazionale, il trattato di Maastricht introdusse una serie di vincoli finalizzati a prevenire situazioni di azzardo morale e rischi di esternalità negativa tra Stati membri [11]. In primo luogo, il trattato codificò il cd. Patto di stabilità e di crescita, una serie di regole matematiche legalmente vincolanti finalizzate ad assicurare una sana gestione dei deficit e debiti degli Stati membri. In secondo luogo, per rafforzare la credibilità del Patto, il trattato di Maastricht introdusse altresì una proibizione del finanziamento monetario e della mutualizzazione dei debiti di Stati in condizione di difficoltà finanziaria, il cd. divieto di bail-out. L’originale architettura dell’UEM, in altre parole, si fondava su una forte istituzione monetaria centralizzata, nonché sulle pressioni dei mercati finanziari per governare un sistema nel quale ciascuno Stato membro rimaneva nominalmente sovrano sulle proprie politiche fiscali e di bilancio. L’esplosione, dal 2009, della crisi dell’euro, tuttavia, ha rapidamente messo in luce le debolezze dell’assetto costituzionale originario dell’UEM, e indotto ad una serie di importanti riforme giuridiche ed istituzionali [12]. Innanzi tutto, le istituzioni e gli Stati membri dell’UE hanno [continua ..]


III. Le prime misure di politica economica europea di risposta alla pandemia di Covid-19

L’esplosione della pandemia di Covid-19 ha costituito una sfida senza precedenti per l’UE in generale, e per l’UEM più in particolare. Come affermato dall’ex Presidente della BCE Mario Draghi, la pandemia si è immediatamente dimostrata “una tragedia umana di potenziali proporzioni bibliche.” [26] Sebbene gli Stati membri dell’UE in una fase iniziale della pandemia si siano focalizzati prevalentemente sul contenimento dei contagi, l’atten­zione si è rapidamente spostata sulle devastanti conseguenze socio-economi­che della pandemia [27]. Dopo un’iniziale esitazione, le istituzioni sovranazionali europee hanno iniziato a mobilizzarsi. Nel marzo 2020 la Commissione europea ha sospeso l’applicazione delle regole sugli aiuti di Stato, concedendo ampio margine di manovra agli Stati membri per sostenere imprese in difficoltà [28]. In aggiunta, la Commissione ha per la prima volta anche attivato la clausola d’e­mergenza del Patto di stabilità e di crescita, proponendo di sospendere temporaneamente l’operatività delle regole fiscali europee [29] – cosa ben accettata dal Consiglio il 23 marzo 2020 [30]. Allo stesso tempo, la Commissione ha attivato il Fondo europeo di solidarietà per fornire assistenza finanziaria immediata agli Stati più colpiti dalla pandemia [31], e ha altresì messo in piedi un’iniziativa di investimento di risposto a Covid-19, re-direzionando 37 miliardi di euro disponibili come riserva nei Fondi strutturali e di investimento europei verso spese legate all’emergenza di Covid-19 [32]. Infine, la Commissione ha proposto l’istituzione di uno strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione nello stato di emergenza di Covid-19 – noto in inglese come SURE – il quale ha introdotto un meccanismo di supporto da parte dell’UE ai sistemi nazionali di cassa integrazione per lavoratori (o equivalenti), sulla base di prestiti garantiti da impegni nazionali [33]. Tuttavia, in questa prima fase, lo sforzo più rilevante per contenere le conseguenze economiche della pandemia e sostenere gli Stati membri è provenuto dalle istituzioni finanziarie europee. Se la Banca europea per gli investimenti (BEI) ha messo in campo un nuovo schema speciale d’investi­mento pandemico del valore di [continua ..]


IV. Il pacchetto del­l’Eu­rogruppo

L’azione della Commissione e della BCE in risposta alla pandemia di Covid-19 è stata eventualmente sostenuta anche dall’intervento delle istituzioni intergovernative – anche se ciò non è stato un processo facile. Infatti, nei primi mesi della pandemia, il Consiglio europeo ha avuto difficoltà a concordare una linea d’azione comune. Anzi, gli Stati membri si sono profondamente divisi sulle nuove misure di politica economica da mettere in piedi per affrontare la crisi pandemica e rilanciare l’economia europea. In particolare, il 25 marzo 2020 un gruppo di 9 paesi dell’Eurozona – il Belgio, la Francia, la Grecia, l’Irlanda, l’Italia, il Lussemburgo, il Portogallo, la Slovenia, e la Spagna – hanno richiesto in una lettera al Presidente del Consiglio europeo che l’UE iniziasse a lavorare “on a common debt instrument issued by a European institution to raise funds on the market on the same basis and to the benefit of all Member States” [46] .Tuttavia, la Germania e l’Olanda hanno fermamente rigettato questa proposta ritenendola un tentativo inaccettabile di mutualizzazione del debito, ed hanno proposto invece di ricorrere al MES per rispondere all’impatto economico della pandemia. In questo contesto, il Consiglio europeo, riunito in video-conferenza per tre volte in due settimane nel marzo 2020, non è riuscito a raggiungere un accordo [47] – e ha deciso di rinviare la questione all’Eurogruppo, il consesso dei ministri delle finanze dell’Eurozona (ma questa volta in un formato inclusivo, aperto anche ai paesi non-euro). Quest’ultimo, dopo tre giorni di negoziazioni, il 9 aprile 2020 ha approvato un pacchetto di misure per rispondere ai danni economici della pandemia di Covid-19 del valore potenziale di 540 miliardi di euro [48]. In primo luogo, l’Eu­rogruppo ha deciso di creare un fondo pan-europeo di garanzia del valore di 25 miliardi di euro a favore della BEI, grazie al quale (per l’effetto leva) quest’ultima ha potuto impiegare fino a 200 miliardi di euro di finanziamenti a favore di imprese colpite dalla pandemia [49]. In secondo luogo, l’Eurogruppo ha deciso di aprire la possibilità di utilizzare il MES per supportare il finanziamento nazionale dei costi diretti e indiretti legati alla sanità, alle cure e alla prevenzione del Covid-19. [continua ..]


V. Il Fondo per la ripresa

Nonostante queste divisioni, il 27 maggio 2020 la Commissione europea ha presentato un’ambiziosa proposta per un piano di rilancio europeo finalizzato a riparare i danni economici della crisi sanitaria e a preparare l’UE per la prossima generazione rafforzandone la resilienza. Nel suo piano la Commissione ha proposto di aumentare drammaticamente le risorse del­l’UE, incrementando il quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027 [55], e creando in aggiunta a quest’ultimo un nuovo Fondo per la ricostruzione, noto come Next Generation EU (NG-EU), del valore di 750 miliardi di euro, specificamente finalizzato a supportare gli Stati membri e le loro imprese colpite dalla pandemia di Covid-19 [56]. In particolare, la Commissione ha proposto che questo nuovo Strumento europeo per la ripresa di 750 miliardi di euro [57] – e soprattutto il cd. Dispositivo per la ripresa e la resilienza, cioè la componente di NG-EU finalizzata a sostenere gli Stati membri, per un valore di 560 miliardi di euro [58] – fosse strutturato in modo molto innovativo. Dal lato delle uscite, la Commissione ha proposto di sborsare queste risorse agli Stati per 2/3 sotto forma di sovvenzioni, ed 1/3 sotto forma di prestiti, con l’obiettivo di aumentare la resilienza dell’economia dell’UE coerentemente con la strategia ambientale, di digitalizzazione e di inclusione sociale delineata dalla Commissione europea stessa [59]. Dal lato delle entrate, d’altra parte, in una significativa rottura con il passato, la Commissione ha proposto che lo Strumento per la ripresa fosse finanziato non tramite trasferimenti dai bilanci nazionali, bensì attraverso l’emissione sui mercati finanziari di nuovo debito comune dell’UE, da ripagarsi dopo il 2028 e prima del 2058 attraverso un aumento dei margini delle risorse proprie dell’UE [60], e soprattutto, in prospettiva, attraverso l’introduzione di nuove tasse genuinamente europee. Il piano di ricostruzione della Commissione recepiva molti elementi delle proposte precedentemente avanzate dalla Spagna [61], nonché come detto dalla Francia e dalla Germania [62], e rifletteva ampiamente anche le richieste già avanzate dal PE [63]. Tuttavia, il piano della Commissione – proponendo di dotare l’UE di una vera e propria capacità fiscale, derivante da nuove risorse proprie raccolte sui [continua ..]


VI. Il nuovo equilibrio dell’UEM

Le molteplici misure giuridiche ed istituzionali adottate per affrontare le conseguenze economiche della pandemia di Covid-19 hanno profondamente alterato l’architettura dell’UEM e della governance economica europea. Per effetto delle iniziative pandemiche sopra descritte, il processo d’integrazione europeo ha vissuto in meno di 100 giorni un salto in avanti senza precedenti, che ha portato l’UE a essere dotata oggi di poteri nel campo fiscale che sarebbero stati impensabili sino a poco tempo fa [80]. In particolare, il Fondo per la ripresa, pur con la sua costellazione giuridica complessa, rappresenta un cambio di paradigma per l’UE. Da un lato, la Commissione è autorizzata per la prima volta ad indebitarsi, per la significativa somma di 750 miliardi di euro, raccogliendo direttamente risorse proprie, a nome e per conto dell’UE, sui mercati finanziari [81]. Dall’altro lato, l’UE ha anche concordato un piano d’azione per ripagare tale debito comune tramite l’in­troduzione di nuove, vere, tasse dell’UE. Infatti, se il Consiglio europeo ha concordato di aumentare i limiti di spesa del prossimo QFP [82], esso ha altresì deciso di lavorare ad una riforma del sistema delle risorse proprie dell’UE [83], prevedendo la rapida introduzione in sequenza di una nuova tassa sulla plastica [84], di una carbon border adjustment tax e di una tassa digitale [85]; e potenzialmente anche di una tassa sulle transazioni finanziarie [86]. Per queste ragioni le misure di politica economica adottate in risposta alla pandemia costituiscono un punto di svolta per l’UE, che aumenta il livello di solidarietà intra-UE, e porta ad una prima federalizzazione dei taxing and spending powers a livello sovranazionale. Infatti, il Fondo per la ripresa contribuisce grandemente a ri-bilanciare l’originaria asimmetria dell’UEM, dotandola di una capacità fiscale. Come avevo sostenuto in un rapporto commissionatomi dalla Commissione Affari Costituzionali del PE, l’UE, contrariamente a tutti gli altri sistemi di federazione per aggregazione, era priva di una capacità fiscale, intesa come uno strumento di bilancio, finanziato da risorse realmente proprie, per sostenere i propri programmi di spesa [87]. Com’è noto, sebbene la lettera e lo spirito dei trattati europei prevedano che il bilancio dell’UE sia [continua ..]


VII. L’ac­cre­sciuta esigenza di riformare l’UE

Se da un punto di vista giuridico le risposte di politica economica adottate per affrontare la pandemia di Covid-19 rappresentano un cambio di paradigma per l’UEM, esse allo stesso tempo accelerano però anche l’urgenza di ri­formare l’UE, adeguando il suo assetto costituzionale alle nuove circostanze. Com’è noto, da alcuni anni, specie nel contesto del dibattito sul futuro dell’UE avviato subito dopo il referendum su Brexit nel Regno Unito, numerosi voci si erano levate sia dall’accademia che dalle istituzioni a favore di una riforma del­l’UE, che aumentasse la sua legittimità democratica e la sua efficacia [103]. Tuttavia, se le varie crisi vissute dall’UE nell’ultimo decennio hanno rappresentato una forte presa di consapevolezza dei limiti dell’at­tuale assetto di governo del­l’UE, non vi è dubbio che l’esigenza di riformare l’UE è oggi resa ancora più urgente proprio dal rilancio dell’UE post-pandemia [104]. In particolare, il Fondo per il rilancio e i cambiamenti da esso in­trodotti nell’architettura di governance dell’UEM, impongono una serie di ulteriori aggiustamenti alle proce­dure decisionali nonché all’attribuzione di competenze sostanziali delle istituzioni del­l’UE, che solamente una riforma più organica dei trattati può affrontare. Da un punto di vista sostanziale, l’istituzione di NG-EU obbliga a ripensare in profondità le competenze fiscali dell’UE. Da un lato, l’art. 310(1) TFUE richiede che “[n]el bilancio, entrate e spese devono risultare in pareggio” – perciò limitando l’abilità dell’UE di emettere debito, salvo se non via un contestuale innalzamento del tetto di spesa previsto dalla decisione sulle risorse proprie. Tuttavia, il divieto di indebitamento è difficile da sostenere con un bilancio dell’UE di dimensione crescente. Dall’altro lato, l’art. 113 TFUE consente all’UE di “adotta[re] le disposizioni che riguardano l’armo­nizzazione delle legislazioni relative alle imposte sulla cifra d’affari, alle im­poste di consumo ed altre imposte indirette, nella misura in cui detta armonizzazione sia necessaria per assicurare l’instaurazione ed il funzionamento del mercato interno ed evitare le distorsioni [continua ..]


VIII. Conclusione

La pandemia di Covid-19 ha rappresentato uno spartiacque – non solo per la vita di milioni di europei, ma anche per il destino della stessa UE. In risposta a questa drammatica crisi sanitaria, e al fine di contenere le devastanti conseguenze socio-economiche della pandemia, durante il 2020 le istituzioni e gli Stati membri dell’UE hanno preso una serie di misure senza precedenti, che influenzeranno il futuro dell’integrazione europea per anni a venire. In particolare, la molteplicità di misure giuridiche e istituzionali adottate per mitigare i costi economici della pandemia ha profondamente modificato l’UEM, e l’architettura di governance economica europea. Come quest’articolo ha spiegato, l’UEM istituita dal Trattato di Maastricht era un regime asimmetrico, basato sulla piena centralizzazione della politica monetaria ma senza un’equivalente federalizzazione della politica economica. D’altra parte, se le risposte alla crisi dell’euro avevano prodotto una serie di importanti trasformazioni nel sistema di governance economico europeo, l’UEM rimaneva incompleta. Sin dall’esplosione della pandemia di Covid-19, tuttavia, le istituzioni e gli Stati membri dell’UE hanno adottato svariate misure che hanno spinto l’integrazione in campo fiscale al di là di quanto si sarebbe mai potuto immaginare precedentemente. In particolare, dopo le prime risposte di politica economica alla pandemia messe in atto dalla Commissione europea e dalla BCE, e al pacchetto di riforme varato dall’Eurogruppo, il punto di svolta è stata l’approvazione da parte del Consiglio europeo del Fondo per la ripresa. Questo innovativo strumento consentirà alla Commissione di raccogliere 750 miliardi di euro di finanziamenti sui mercati dei capitali e di trasferire queste risorse agli Stati membri, per lo più sotto forma di sussidi, al fine di supportare un rilancio economico inclusivo e di ri-allineare l’economia europea alle priorità strategiche condivise, quali tutela ambientale e digitalizzazione. Come quest’articolo ha sostenuto, le trasformazioni introdotte nell’archi­tettura di governance economica europea durante la pandemia di Covid-19 costituiscono un cambio di paradigma per l’UEM. Infatti, sebbene la maggior parte delle misure prese per affrontare la pandemia siano formalmente disegnate per essere temporanee, rimane da [continua ..]


NOTE