Il Diritto dell'Unione EuropeaEISSN 2465-2474 / ISSN 1125-8551
G. Giappichelli Editore

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Le misure restrittive russe davanti alla Corte di giustizia dell'Unione europea: le tendenze giurisprudenziali emergenti (di Sara Poli, Professoressa ordinaria di Diritto dell’Unione europea, Università di Pisa e Francesca Finelli, Dottoranda in Diritto internazionale e dell'UE, Università di Lussemburgo in cotutela con l'Università di Pisa)


Il conflitto tra Russia e Ucraina, scoppiato nel febbraio 2022, ha spinto l’Unione Europea ad adottare misure restrittive senza precedenti. Queste misure, caratterizzate dalla loro ampia e innovativa portata, hanno generato un significativo aumento di ricorsi presentati davanti alla Corte di Giustizia, evidenziando un vivo interesse da parte di ricorrenti russi nel contestare la legalità delle restrizioni imposte dal Consiglio. L’arti­colo intende esaminare le principali tendenze giurisprudenziali emerse nel periodo successivo all’aggressione del 2022, partendo dalle conclusioni dell’Avv. Gen. Ćapeta nella causa Neves 77, e illustrando successivamente i numerosi ricorsi presentati dagli imprenditori di spicco russi e dai loro famigliari, nonché il primo caso in cui viene accolta una domanda di misure cautelari. Sarà anche illustrato la sentenza relativa alla causa RT France c Consiglio, che riguarda il bilanciamento tra l’esigenza di tutelare la sicurezza dell’UE di fronte all’attività di disinformazione di alcuni media russi e il rispetto della libertà di espressione in tempo di guerra.

Restrictive measures against Russia: emerging trends before the European Court of Justice

The conflict between Russia and Ukraine, which broke out in February 2022, led the European Union to adopt unprecedented restrictive measures. These measures, characterized by their broad and innovative reach, have resulted in a significant increase in litigation before the Court of Justice, highlighting the strong interest of Russian applicants in challenging the legality of the restrictions imposed by the Council. This article aims to examine the main emerging jurisprudential trends in the post-2022 era, starting with Avv. Gen. Ćapeta’s opinion in the Neves 77 case, and then presenting the numerous appeals filed by leading Russian businesspersons and their family members, in addition to the first case in which interim measures were upheald. An analysis of the GC’s ruling in the case RT France v Council will be carried out in order to show how the GC balances the need to take restrictive measures to counter the disinformation of Russian media outlets and the right to respect freedom of expression in times of war.

SOMMARIO:

I. Introduzione. - II. La portata dei limiti della competenza della Corte di Giustizia ad interpretare le disposizioni di una decisione PESC che istituisce misure restrittive a carattere generale nell'ambito di un rinvio pregiudiziale sull'interpretazione. - III. Dall'errore "manifesto" al mero errore di valutazione del Consiglio come motivo di annullamento dell'iscrizione nella lista. - IV. I criteri di designazione delle misure restrittive individuali davanti alla Corte: la qualificazione di "imprenditore di spicco" - V. Le espunzioni dalla lista di organi statali per la cessazione di status e degli imprenditori di spicco per la cessazione di incarichi in settori strategici - VI. La posizione dei familiari degli iscritti nelle black list. - VII. La concessione di provvedimenti provvisori nell'ambito di un ricorso di annullamento contro un divieto di ammissione nel territorio dell’UE e l'impossibilità per un ricorrente di ottenere una "tutela preventiva" in relazione ad una futura reiscrizione nella lista. - VIII. Una nuova categoria di misure restrittive intese a combattere minacce ibride come la disinformazione e la propaganda. - IX. Segue: Il respingimento del ricorso di RT France contro le misure restrittive di con-trasto alla disinformazione: tali misure rispettano il contenuto essenziale della libertà di espressione - X. (Segue). La pronuncia del Tribunale in RT France e la sua posizione convincente con riguardo ad alla limitazione proporzionata alla libertà di espressione delle misure restrittive sulla disinformazione e propaganda - XI. Conclusioni - NOTE


I. Introduzione.

Il conflitto tra Russia e Ucraina scoppiato nel febbraio 2022 ha portato l’Unione Europea ad adottare misure restrittive spesso definite “senza precedenti”.[1] I motivi alla base della reazione europea sono da ricondursi da un lato, alla natura grave delle violazioni di diritto internazionale poste in essere dalla Russia e dall’altro, alla prossimità del conflitto ai confini dell’Unio­ne[2]. Sebbene il regime sanzionatorio nei confronti dello stato aggressore sia in vigore dal 2014 [3], le restrizioni di natura settoriale e individuale, approvate a partire dall’aggressione, sono dotate di elementi innovativi rispetto alla prassi [4]. Ad oggiTredici “pacchetti” di misure restrittive sono state adottate al fine di far pressione sulla Russia affinché cessi l’illecito internazionale [5]. Come era ampiamente prevedibile, in numerosi casi persone fisiche e giuridiche russe, colpite dalle misure PESC del Consiglio sopra menzionate, hanno proposto numerosi ricorsi di annullamento [6]. Il contezioso relativo a tali atti nell’anno 2022 rappresenta l’11,4% del totale delle cause portate davanti al Tribunale, segnando un notevole aumento rispetto al 4,8% del 2021 e al 3% del 2020 [7]. Si registra dunque un vivo interesse da parte di ricorrenti privati ad utilizzare la Corte di Giustizia per vedere annullate le restrizioni imposte dal Consiglio dell’UE [8]. Sono state impugnate non solo misure restrittive individuali [9] ma anche quelle a carattere settoriale [10]. Potenzialmente anche la Federazione Russa potrebbe tentare di sfidare in giudizio queste ultime. Infatti, nel 2021 la Corte di Giustizia ha considerato ammissibili i ricorsi, ex art. 263, comma 4 TFUE, proposti da persone giuridiche di diritto pubblico come i Paesi terzi [11]. Tuttavia, sotto il profilo politico pare difficile che tale Paese decida di sottoporsi all’autorità del giudice dell’UE. Nel contesto di questo saggio saranno esaminati i principali problemi giuridici venuti in rilievo nel contenzioso sulle misure restrittive russe davanti al Tribunale che è competente, ex art. 275, comma 2 TFUE, ad esaminare in primo grado i ricorsi di annullamento inoltrati dai privati che figurano nelle black list delle Decisioni PESC del Consiglio [12]. L’attenzione sarà rivolta alla giurisprudenza successiva all’aggressione [continua ..]


II. La portata dei limiti della competenza della Corte di Giustizia ad interpretare le disposizioni di una decisione PESC che istituisce misure restrittive a carattere generale nell'ambito di un rinvio pregiudiziale sull'interpretazione.

Prima di esaminare i ricorsi di annullamento presentati dai privati soggetti alle misure restrittive in esame, è necessario soffermarsi brevemente sulle conclusioni dell’Avv. Gen. Ćapeta rese di recente nell’ambito di un rinvio pregiudiziale relativo alla causa Neves 77[14]. Quest’ultimo è sollevato dal Tribunale di Bucarest e riguarda le sanzioni adottate dall’UE nei confronti della Russia per le attività di destabilizzazione svolte in Ucraina a partire dal 2014. Nonostante che la controversia innanzi al giudice del rinvio non sia collegata ad uno dei tredici pacchetti di misure restrittive istituite a partire dal 2022, è necessario esaminare le conclusioni di cui sopra poiché trattano dei limiti della portata della competenza giurisdizionale della Corte di giustizia, ex art. 24, par. 1, comma 2, ultima frase, TUE e 275, comma 2, TFUE. Se quest’ultima decidesse di seguire le conclusioni cui perviene l’Avv. Gen. Ćapeta, si assisterebbe ad un ampliamento del sindacato giurisdizionale in relazione ad atti PESC, un tema assai delicato anche per le sue implicazioni nell’ambito della negoziazione del trattato di adesione alla CEDU che si avvia alla conclusione. Come è noto, uno dei motivi che aveva portato la Corte di Giustizia ad emettere un parere negativo in relazione all’accordo di adesione alla CEDU era proprio che sulla base di quest’ultimo, la Corte di Strasburgo sarebbe stata legittimata a pronunciarsi sulla conformità a tale Convenzione di determinati atti, azioni od omissioni posti in essere nell’ambito della PESC. Ciò in assenza della competenza della Corte di Giustizia a valutare la compatibilità di tali atti con i diritti fondamentali [15]. Ad oggi, non a caso, l’ultimo capitolo negoziale rimasto da chiudere nel quadro del processo di modifica dell’accordo di adesione alla CEDU riguarda proprio il rapporto tra le due Corti nel settore della PESC [16]. Nel rinvio pregiudiziale in esame, per la prima volta la Corte di giustizia è chiamata ad esaminare la portata della sua competenza ad interpretare una decisione PESC [17] nell’ambito di un procedimento ex art. 267 c. 1 lett. a) del TFUE. Il giudice dell’UE si era già pronunciato sulla portata dei limiti della sua competenza giurisdizionale relativamente agli atti sopra menzionati nelle cause Rosneft e Bank Refah [continua ..]


III. Dall'errore "manifesto" al mero errore di valutazione del Consiglio come motivo di annullamento dell'iscrizione nella lista.

Come è noto, il Consiglio dell’UE gode di un’ampia libertà in settori che richiedono da parte sua scelte di natura politica, economica e sociale, e rispetto alle quali esso è chiamato ad effettuare valutazioni complesse [36]. L’adozione di decisioni PESC che istituiscono misure restrittive comporta scelte politiche ma la Corte di Giustizia garantisce un controllo, in linea di principio completo, della legittimità di tali atti con riguardo ai diritti fondamentali [37]. Il giudice dell’Unione ha riconosciuto che spetta al Consiglio provare che una certa persona, in virtù di elementi concreti, precisi e concordanti [38], rientra nei criteri di designazione di una misura restrittiva [39]. Se tale istituzione non soddisfa l’onere probatorio e non produce le prove e le informazioni necessarie a giustificare l’iscrizione, l’impossibilità di determinare se gli argomenti addotti dal ricorrente a titolo di difesa sono fondati, non dovrebbe nuocere al ricorrente [40]. A partire dalla sentenza relativa alla causa Ovsyannikov [41], si segnala che il giudice dell’UE ha abbassato la soglia richiesta al ricorrente per dimostrare che il Consiglio ha compiuto un errore di valutazione quando lo ha iscritto nella lista. Mentre, sulla base di una giurisprudenza consolidata, il destinatario di una misura restrittiva doveva provare che l’istituzione menzionata aveva compiuto un errore di valutazione “manifesto” per veder annullata la sua iscrizione, nella sentenza di cui sopra il giudice dell’UE riconosce che è sufficiente dimostrare che il Consiglio ha compiuto un (mero) errore di valutazione dei fatti e degli elementi probatori a sua disposizione quando lo ha inserito nella black list. A conoscenza delle autrici, non c’è nella giurisprudenza una definizione precisa di cosa si intenda con l’espressione virgolettata. La Corte riconosce che per il Consiglio può essere difficile effettuare complesse valutazioni politiche quando decide di effettuare le iscrizioni e può commettere errori soprattutto quando il contesto geopolitico in cui deve operare tali apprezzamenti è instabile. Laddove l’iscrizione nella lista della persona fisica o giuridica o dell’ente non statale avvenga in assenza di prove sufficienti, sarà possibile per il soggetto interessato chiederne [continua ..]


IV. I criteri di designazione delle misure restrittive individuali davanti alla Corte: la qualificazione di "imprenditore di spicco"

L’inserimento di imprenditori di spicco nelle black list dell’Unione Europea non è un elemento di novità nella prassi delle misure restrittive. Già nel regime siriano, il Consiglio aveva ritenuto necessario congelare i fondi e le risorse economiche di certi imprenditori che operano nel paese, per impedire loro di fornire sostegno materiale o finanziario al governo siriano. Il Consiglio aveva accertato che, a motivo dello stretto controllo esercitato dal regime siriano sull’economia, «una cerchia ristretta di imprenditori di spicco [..] è in grado di mantenere il proprio status soltanto grazie a una stretta associazione al regime e con il suo sostegno, nonché grazie all’influenza che esercita all’interno del medesimo»[52]. La Corte di Giustizia, seguendo la posizione del Consiglio, ha inoltre riconosciuto che «un importante uomo d’affari è un uomo che non può non essere associato al regime siriano», dato che beneficia delle politiche di tale regime, fornisce ad esso sostegno o è in grado di esercitare la sua influenza sullo stesso[53]. Dunque, essere “imprenditore di spicco in Siria” comporta un legame presunto con il regime politico [54]. Al Consiglio è sufficiente provare che una persona sia un “leading businessmen” per sottoporlo a misure restrittive, senza fornire ulteriori elementi probatori. Alla persona fisica che ricopre una simile posizione è riconosciuto il diritto di ribattere e rovesciare tale presunzione davanti alla Corte di Giustizia, nella misura in cui riesca a far valere «argomenti o elementi idonei a mettere seriamente in discussione [..] la valutazione del Consiglio [..] oppure se produce dinanzi al giudice dell’Unione un insieme di indizi che dimostrino che non è mai stato associato, o non è più associato a tale regime, che non ha più alcuna influenza su di esso e che non rappresenta un rischio reale di elusione delle misure restrittive» [55]. Data la complessità nel ribaltare la presunzione del Consiglio, l’inserimento di imprenditori siriani nella black list dell’Unione è stato oggetto di impugnazione con scarso successo [56]. Sebbene il regime sanzionatorio siriano e la presunzione impiegata dal Consiglio costituiscano un precedente molto importante per poter designare imprenditori di spicco tra [continua ..]


V. Le espunzioni dalla lista di organi statali per la cessazione di status e degli imprenditori di spicco per la cessazione di incarichi in settori strategici

Data l’ampia portata del “criterio g)” è necessario interrogarsi sulle condizioni per il cosiddetto de-listing, ossia per l’espunzione dalla black list dell’Unione. Si può perdere lo status di «imprenditore di spicco» in Russia? Ed eventualmente a quali condizioni? In passato, la Corte di Giustizia si è espressa sulla legalità di misure restrittive adottate nei confronti di individui che, una volta cessata la carica di “organi statali” all’interno del paese, hanno contestato il mantenimento del loro nome nella lista [81]. Ad esempio, nella causa Alchaar il giudice dell’UE ha riconosciuto che le dimissioni dalla carica di ministro del governo siriano, in assenza di prove che ci fossero ancora dei legami con tale governo, rendono illegittimo il mantenimento del ricorrente siriano nella lista [82]. La giurisprudenza è però oscillante. La pronuncia sopra richiamata contrasta con quella relativa alla causa Tomana, concernente un ex membro del governo di Robert Mugabe e di altre persone associate al governo dello Zimbabwe. Il Tribunale ritiene che tali persone potevano essere legittimamente considerate come associate ai membri del governo e il Consiglio non doveva fornire giustificazioni aggiuntive. Infatti, dopo la cessazione delle sue funzioni, un membro del governo, o una persona ad esso associata, rimangono collegati al regime governativo, dato che questo è formato da ex colleghi, collaboratori o superiori gerarchici. Tutto ciò a meno che non vi sia stato nel frattempo un crollo del regime al potere nel paese di cui trattasi, ipotesi che non si è verificata nella presente fattispecie [83]. Dunque, in assenza di argomenti e di elementi di prova in senso contrario, è consentito ritenere che ex figure politiche di spicco rimangano «associate» ai dirigenti del paese in questione [84]. Più recentemente, tale posizione del Tribunale è stata confermata nella causa Boshab [85]. Invece, in altri casi è possibile osservare che il Tribunale ha seguito la giurisprudenza Alchaar e ha annullato l’iscrizione nella lista di due ex organi-individui statali [86]. Nel primo ricorso, inoltrato da un ex membro delle forze di polizia della Repubblica democratica del Congo [87], il sig. Ilunga Luyoyo era stato incluso nelle black list nel 2016 per aver represso le [continua ..]


VI. La posizione dei familiari degli iscritti nelle black list.

Come è noto, l’inserimento dei familiari nelle black list dell’Unione non è un elemento di novità nella prassi delle misure restrittive[105]. Il regime siriano ci offre nuovamente un precedente importante. Già in questo contesto, infatti, il Consiglio aveva ritenuto necessario congelare i fondi e le risorse economiche di alcuni familiari «per evitare il rischio di elusione»[106]. Tuttavia, il precedente siriano si limita a colpire solamente alcuni individui, in quanto appartenenti a due sole famiglie presenti in Siria, le famiglie Assad e Makhlouf [107], mentre il regime russo non presenta una simile limitazione. Le misure restrittive adottate nel contesto russo sembrano essere indirizzate a qualsiasi famiglia, senza che questa sia necessariamente legata alla leadership politica del paese. Il Consiglio giustifica la sua strategia sanzionatoria enfatizzando che «gli imprenditori russi di spicco hanno attuato una pratica sistematica di distribuzione dei loro fondi e beni tra i familiari stretti e altre persone spesso al fine di nascondere i loro beni, eludere le misure restrittive e mantenere il controllo sulle risorse a loro disposizione. Il Consiglio ritiene pertanto che anche i familiari stretti o altre persone fisiche che traggono vantaggio in tal modo dagli imprenditori di spicco che operano in Russia debbano essere designati, se del caso, sia per aumentare la pressione sul governo della Federazione russa affinché ponga fine alla sua guerra di aggressione nei confronti dell’Ucraina sia per evitare il rischio di elusione delle misure restrittive» [108]. A differenza del regime siriano, dunque, i familiari vengono così colpiti in modo non selettivo dalle misure restrittive dell’Unione, senza che vi sia un’identificazione di famiglie considerate vicine alla classe politica russa. Data l’attenzione senza precedenti del Consiglio nel contrastare le pratiche elusive impiegate dagli individui sanzionati (in particolare, da parte di imprenditori di spicco in Russia soggetti al congelamento di beni), numerosi familiari sono stati inseriti nella black list. L’inclusione di queste persone sin da marzo 2022 [109] ha generato un parallelo aumento di ricorsi davanti ai giudici di Lussemburgo. La prima decisione giudiziaria del Tribunale risale all’8 marzo 2023 e riguarda per l’appunto la validità delle misure restrittive [continua ..]


VII. La concessione di provvedimenti provvisori nell'ambito di un ricorso di annullamento contro un divieto di ammissione nel territorio dell’UE e l'impossibilità per un ricorrente di ottenere una "tutela preventiva" in relazione ad una futura reiscrizione nella lista.

Un posto a sé stante nel contenzioso riguardante le misure restrittive adottate nel contesto del conflitto in Ucraina meritano le ordinanze relative alle domande di provvedimenti provvisori, ex artt. 278-279 TFUE. Come è noto, la prima disposizione sopra citata prevede la possibilità per la Corte di sospendere gli effetti di un atto, nelle more della sentenza relativa al procedimento principale in cui viene impugnata tale misura. La seconda individua un potere più ampio che consiste nell’adottare “le misure provvisorie necessarie”, che siano diverse da quelle di cui all’art. 278 TFUE [124]. Il fine delle misure cautelari è salvaguardare gli interessi di una parte per evitare che la sentenza resa alla fine del procedimento principale sia priva di utilità. I provvedimenti provvisori nell’ambito di un ricorso di annullamento sono difficili da ottenere in relazione all’impugnazione di misure restrittive individuali di natura economica. [125] Infatti, l’accoglimento della domanda di tali misure frustra l’obiettivo delle restrizioni imposte dall’Unione [126] poiché comporta un significativo rischio di elusione: il ricorrente potrebbe infatti sottrarre le risorse economiche congelate dal Consiglio, prima che il giudice dell’UE si pronunci nell’ambito del procedimento principale. Nel contenzioso relativo alle misure restrittive in esame, si distinguono due casi in cui vengono in rilievo domande di provvedimenti provvisori collegate ad un ricorso principale finalizzato all’annullamento di restrizioni diverse dal congelamento di beni e risorse economiche. Nel primo caso, l’or­gano di informazione Russia Today France ha chiesto al Tribunale [127] la sospensione degli effetti della misura restrittiva imposta dal Consiglio ad alcuni media outlet russi al fine di contrastare le attività di disinformazione da queste svolte [128]. Si tratta della sospensione della diffusione dei contenuti editoriali di Russia Today e Sputnik [129]. In questa prima causa, il Tribunale respinge la richiesta in quanto non ritiene sussista il requisito dell’ur­genza [130]. Invece, nel secondo caso, il sig. Nikita Mazepin ha chiesto e ottenuto in tre procedimenti provvisori [131] la sospensione dell’esecuzione del divieto di ammissione nel territorio dell’UE stabilito nei suoi confronti da una [continua ..]


VIII. Una nuova categoria di misure restrittive intese a combattere minacce ibride come la disinformazione e la propaganda.

Tra le misure restrittive settoriali adottate dall’UE nel contesto del conflitto provocato dall’attacco armato della Russia nei confronti dell’U­craina [153] spiccano quelle che sospendono le attività di radiodiffusione di Sputnik, Russia Today (“RT”) e altri operatori dell’informazione russi nel territorio dell’Unione [154]. La misura restrittiva, imposta tramite la Decisione (PESC) n. 2022/351 del Consiglio e il Regolamento n. 2022/350 [155], è intesa a rendere impossibile per le persone designate [156] lo svolgimento di attività di radiodiffusione offrendo i loro contenuti informativi al pubblico degli Stati membri dell’UE. Inoltre, sono sospese qualsiasi licenza o autorizzazione di radiodiffusione e qualsiasi accordo di trasmissione e distribuzione con le persone giuridiche di cui sopra. Secondo il Consiglio, gli atti sopra citati si rendono necessari in quanto «gli organi di informazione in questione svolgono un ruolo essenziale, strumentale ai fini della promozione e del sostegno dell’aggressione nei confronti dell’Ucraina e della destabilizzazione dei paesi ad essa limitrofi» [157]. Le persone giuridiche colpite dai divieti presentano un collegamento molto stretto con il governo russo, responsabile dei gravi illeciti internazionali sopra menzionati: non si tratta di media indipendenti ma di enti «sotto lo stabile controllo, diretto o indiretto, della leadership della Federazione russa» [158] che agiscono attraverso una concertata propaganda rivolta alla società civile dell’UE, al fine di sostenere e giustificare l’aggressione contro l’Ucraina. C’è un chiaro parallelo tra l’inclusione nelle black lists del Consiglio di Sputnik e RT da un lato e di singoli giornalisti, autori di attività di propaganda governativa, dall’altro: sia gli uni che gli altri, pur non essendo direttamente responsabili delle condotte illecite che hanno reso necessaria l’ado­zione della misura restrittiva in esame, offrono sostegno politico attivo ai responsabili di tali violazioni. Dunque “contribuiscono” alla destabilizzazione dell’Ucraina insieme al governo russo. I due organi di informazione sono dunque designati al fine di far pressione su quest’ultimo affinché cessi l’ag­gressione. La Decisione in esame merita attenzione in [continua ..]


IX. Segue: Il respingimento del ricorso di RT France contro le misure restrittive di con-trasto alla disinformazione: tali misure rispettano il contenuto essenziale della libertà di espressione

Considerati gli aspetti innovativi delle misure restrittive intese a contrastare la disinformazione e la portata del divieto da queste stabilito, non sorprende che una filiale di RT (RT France) abbia impugnato la decisione (PESC) n. 2022/351 davanti al Tribunale nell’ambito di un ricorso di annullamento che è stato esaminato, a grande sezione, con un procedimento accelerato all’esito del quale il ricorso è stato respinto[162]. La ricorrente, che aveva proposto un procedimento di appello davanti alla Corte di Giustizia, ha poi rinunciato al ricorso nel luglio 2023[163], si presume a causa del fallimento. RT France contestava la competenza dell’UE ad adottare le misure restrittive in esame poiché sono le autorità amministrative nazionali a prendere decisioni che sospendono le attività di radiodiffusione. Inoltre, considerava i provvedimenti adottati dal Consiglio incompatibili con varie disposizioni della CDF, al cui rispetto sono soggette anche le misure PESC. In particolare, si asseriva la violazione del diritto alla difesa (articoli 41 e 48) e ad una tutela giurisdizionale effettiva (art. 47), alle libertà di espressione (art. 11) e d’impresa (art. 16). Infine, RT France lamentava la violazione dell’obbligo di non discriminazione sulla base della nazionalità (art. 21). Sarà qui di seguito riassunta la posizione del Tribunale sugli aspetti della sentenza che presentano profili di maggiore interesse e che riguardano la competenza dell’UE, il diritto alla difesa e la libertà di espressione. Per il giudice dell’UE è stato agevole respingere il primo motivo del ricorso facendo valere che l’intervento dell’Unione è legato alle finalità della PESC e assicura uniformità e immediatezza d’azione; le attività di propaganda e le campagne di disinformazione costituiscono una minaccia diretta all’ordine e la sicurezza pubblica dell’UE, minano le fondamenta di una società democratica e fanno parte dell’arsenale moderno di guerra [164]. Il Tribunale non si è soffermato sull’invocazione dell’“ordine pubblico europeo” a supporto della misura restrittiva, pur essendo tale nozione invocata per la prima volta dall’Unione come obiettivo che giustifica la restrizione adottata. Fa invece rilevare come il Consiglio goda di grande discrezione nel decidere [continua ..]


X. (Segue). La pronuncia del Tribunale in RT France e la sua posizione convincente con riguardo ad alla limitazione proporzionata alla libertà di espressione delle misure restrittive sulla disinformazione e propaganda

(Segue). In dottrina, c’è chi ha attaccato il Tribunale per la sua pronuncia nella causa in esame considerandola come un “extremely dangerous precedent for free expression in Europe;” altre critiche hanno riguardato l’errata applicazione della giurisprudenza della Corte di Strasburgo[175]. Nell’opinione delle autrici la posizione del giudice dell’UE in RT France è da accogliersi con favore. La disinformazione finalizzata a nascondere i crimini compiuti dai soldati russi o a giustificare tali azioni non contribuisce al dibattito pubblico ma è paragonabile alla propaganda a favore della guerra. La narrazione basata sulla falsificazione dei fatti collegati agli eventi bellici da parte di mezzi comunicazione, controllati dallo stato e capaci di raggiungere un pubblico vasto, può essa stessa essere qualificata come una violazione della libertà di informazione degli stessi cittadini europei; infatti, la libertà di espressione è un diritto a doppio senso che richiede la protezione sia del diritto di espressione che del diritto ad essere informati. Tale ultimo diritto è tanto più esposto a violazioni quanto meno indipendenti sono i mezzi di comunicazione che forniscono informazioni. L’unico modo per salvaguardare il contenuto del menzionato diritto è stabilire un divieto di diffondere notizie da parte dei due organi di informazione. Non sarebbe stato possibile adottare una misura meno restrittiva costituita, ad esempio, dall’e­sclusione caso per caso del contenuto informativo offerto da RT. Il Tribunale riconosce al Consiglio un ampio margine discrezionale nel valutare come tutelare i valori dell’Unione e la sua sicurezza nel rispetto del diritto internazionale. Ciò anche se le restrizioni alla libertà di espressione collegate alle misure restrittive sono rilevanti. La posizione del Tribunale è in linea con una consolidata giurisprudenza riguardante le misure PESC di cui all’art. 215 TFUE che riconosce al Consiglio la libertà di individuare il target e il tipo di misure restrittive da approvare al fine di realizzare gli o­biettivi dell’azione esterna dell’UE, di cui all’art. 21 del TUE. Inoltre, il giudice dell’Unione ha considerato proporzionate le limitazioni al diritto alla difesa e alla libertà di espressione in considerazione del contesto straordinario e della [continua ..]


XI. Conclusioni

La ricognizione della giurisprudenza relativa alle misure restrittive si è aperta con le conclusioni dell’Avv. Gen. Ćapeta nella causa Neves 77. Si tratta di una presa di posizione importante in base alla quale la competenza giurisdizionale della Corte di Giustizia si può estendere all’interpretazione dei principi generali dell’UE e dei diritti della CDF che vengono in rilievo in rinvii pregiudiziali aventi ad oggetto l’interpretazione di misure nazionali, alla luce di decisioni PESC istitutive di misure restrittive a carattere generale. Dunque, l’Avv. Gen. propone di ampliare la portata della competenza del giudice dell’UE in materia di PESC. Se il giudice dell’UE si orientasse nel senso indicato dalle conclusioni citate, ciò permetterebbe alla Corte di Giustizia di valutare l’azione dell’UE in materia di PESC alla luce dei diritti fondamentali prima che della questione si occupi la Corte di Strasburgo. Tuttavia, nell’opinione delle autrici, sarebbe auspicabile attendere una modifica dei Trattati. Dalla selezione di sentenze relative al contenzioso sulle misure restrittive che le autrici hanno illustrato è possibile individuare alcune tendenze giurisprudenziali. In primo luogo, si conferma che il Tribunale riserva un ampio margine di discrezionalità al Consiglio nell’adozione delle restrizioni. Tale istituzione è libera di stabilire misure restrittive settoriali ibride, intese ad affrontare nuove minacce alla sicurezza, come quelle la cui legittimità è stata confermata nella causa RT France. Inoltre, il Consiglio ha ampia libertà nell’allargare i criteri di designazione in modo da ricomprendere imprenditori di spicco che operano in un’ampia gamma di settori economici che costituiscono una fonte di reddito per le finanze statali russe, oltre che i loro familiari. Queste persone non appartengono più a poche famiglie come era avvenuto nel caso delle misure restrittive siriane. In secondo luogo, con riguardo all’onere probatorio da soddisfare per vedere annullata una misura restrittiva, il Tribunale ha agevolato la posizione dei ricorrenti, destinatari delle misure restrittive, prevedendo che essi possano dimostrare il mero errore di valutazione del Consiglio (anziché un errore manifesto) nell’ambito di ricorsi per annullamento. Tuttavia, esso ha poi respinto fino al dicembre 2023 quasi [continua ..]


NOTE