Il Diritto dell'Unione EuropeaEISSN 2465-2474 / ISSN 1125-8551
G. Giappichelli Editore

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La tutela dell'interesse superiore del minore nell'ambito dell'esecuzione dei MAE: considerazioni alla luce della sentenza GN (di Alessandro Rosanò, Ricercatore di Diritto dell’Unione europea, Università della Valle d’Aosta di Aosta)


Nella nota a sentenza viene analizzata la pronuncia GN (Motif de refus fondé sur l’intérêt supérieur de l’enfant). Con essa la Corte di giustizia ha riconosciuto che l’esame in due fasi definito nella sentenza Aranyosi e Căldăraru al fine di assicurare protezione ai diritti fondamentali nell’ambito dell’esecuzione del mandato d’arresto europeo e confermato dalla giurisprudenza successiva si applica anche alla tutela del diritto al rispetto della vita privata e familiare e dell’interesse superiore del minore. Vengono qui individuati alcuni profili di novità rispetto alla giurisprudenza pregressa ed espressi dubbi circa il fatto che l’impostazione adottata dalla Corte di giustizia relativamente all’interesse superiore del minore possa essere accolta dalle corti italiane, in primis la Corte costituzionale.

Motif de refus fondé sur l’intérêt supérieur de l’enfant

The case note discusses the GN (Motif de refus fondé sur l’intérêt supérieur de l’enfant) judgment, in which the Court of Justice found that the two-step test defined in Aranyosi and Căldăraru in order to protect fundamental rights in the context of the execution of the European Arrest Warrant and confirmed by subsequent case law also applies to the protection of the right to respect for private and family life and the best interests of the child. Some new features are identified in respect to previous judgments and doubts are expressed as to whether the approach adopted by the Court of Justice regarding the best interests of the child can be accepted by Italian courts, first and foremost the Italian Constitutional Court.

SOMMARIO:

I. Introduzione - II. Il fatto e le conclusioni dell’Avvocato generale - III. La sentenza della Corte di giustizia - IV. Elementi di novità (o di parziale novità) risultanti dalla sentenza GN (Motif de refus fondé sur l’intérêt supérieur de l’enfant) - V. Spunti critici quanto a una tutela effettiva dell’interesse superiore del minore - VI. Spunti critici quanto alla possibile attivazione dei controlimiti da parte della Corte costituzionale e al dialogo tra Corte costituzionale e Corte di giustizia - VII. Conclusioni - NOTE


I. Introduzione

Fin dal tempo della sua introduzione, il mandato d’arresto europeo (MAE)[1] ha sollevato problemi connessi alla tutela dei diritti fondamentali. Infatti, la decisione quadro 2002/584/GAI, istitutiva di tale strumento estradizionale, non contempla un motivo di rifiuto del riconoscimento e del­l’esecuzione connesso alla protezione di quei diritti. La ragione di ciò è da ricondursi al fatto che il MAE è un meccanismo della cooperazione giudiziaria in materia penale che si fonda sul principio del reciproco riconoscimento[2], il quale a sua volta si basa sul principio di fiducia reciproca [3]. Tramite quest’ultimo si esprime l’idea che gli Stati membri condividano un sistema valoriale – essenzialmente espresso dalla triade democrazia, Stato di diritto e diritti umani sancita dall’art. 2 TUE – grazie al quale essi possono fidarsi gli uni degli altri [4]. Il problema che si pone è se tale fiducia vada confermata di volta in volta nell’ambito delle forme di cooperazione che si realizzano tra gli Stati membri o possa ritenersi definitivamente acquisita e debba essere, dunque, presunta. Verso tale seconda soluzione pareva essersi orientata la Corte di giustizia quando, nel famoso parere del 2014 relativo all’adesione dell’Unione europea alla Convenzione europea sui diritti dell’uomo (CEDU), sostenne che il principio di fiducia reciproca impone a ogni Stato membro di reputare che tutti gli altri Stati membri rispettano il diritto dell’Unione e, in particolare, i diritti fondamentali riconosciuti da quest’ultimo, fatte salve circostanze eccezionali [5]. Allora, se si parte dal presupposto che gli Stati membri rispettano i diritti fondamentali – meglio, che bisogna ritenere che gli Stati membri rispettano i diritti fondamentali –, si comprende perché il Consiglio, all’epoca, scelse di non prevedere un motivo di rifiuto del riconoscimento e dell’ese­cu­zione concernente la tutela di quei diritti: dato il presupposto di cui si è detto, un MAE non si sarebbe potuto porre in contrasto con la loro protezione (salvo, come si è detto, in circostanze eccezionali). Non sono mancate le critiche rispetto a tale impostazione massimalista da parte della dottrina, che ha evidenziato la disparità di situazioni in atto nei singoli Stati membri quanto alla tutela dei diritti [6]. È stato [continua ..]


II. Il fatto e le conclusioni dell’Avvocato generale

Nella causa qui in commento, il MAE veniva emesso da autorità belghe nei confronti di GN la quale, al momento dell’arresto, viveva in Italia assieme a suo figlio ed era incinta. La Corte d’appello di Bologna, in qualità di autorità giudiziaria di esecuzione, rifiutava la consegna e disponeva la rimessione in libertà di GN. La decisione era fondata sulla circostanza che l’autorità emittente non aveva risposto alla richiesta di informazioni quanto al fatto che le modalità di esecuzione della pena detentiva fossero tali da rispettare il diritto della madre a non essere privata del rapporto con i figli e da permettere a questi di ricevere la necessaria assistenza materna e familiare[24]. La sentenza veniva impugnata dinanzi alla Corte di cassazione, la quale sottoponeva alla Corte di giustizia due quesiti pregiudiziali di interpretazione. Con il primo, si mirava a stabilire se la decisione quadro sul MAE consenta o meno all’autorità giudiziaria di esecuzione di rifiutare o differire la consegna della destinataria del mandato quando essa è una madre con figli minori conviventi. In caso di risposta positiva, sulla base del secondo quesito, si trattava di verificare la compatibilità di specifiche previsioni della decisione quadro con gli artt. 7 [25] e 24, par. 3 [26], della Carta dei diritti fondamentali, letti anche alla luce della giurisprudenza della Corte EDU e delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, nella misura in cui impongono la consegna della madre recidendo i legami con i figli minori conviventi senza considerare l’interesse superiore del minore. Nelle sue conclusioni, l’Avvocato generale Tamara Ćapeta propone preliminarmente di riformulare i quesiti pregiudiziali. Dunque, la Corte di giustizia dovrebbe stabilire se il giudice del rinvio possa rifiutare l’esecuzione di un MAE qualora, consegnando, rischi di ledere i diritti fondamentali della madre destinataria del mandato e dei figli minorenni con lei conviventi. In subordine, si tratta di statuire sulla possibilità per il giudice del rinvio di differire la consegna. Entrambe le questioni concernono la protezione del diritto al rispetto della vita privata e familiare e dell’interesse superiore del minore (artt. 7 e 24, par. 2 e 3, della Carta dei diritti fondamentali) [27]. Al riguardo, l’Avvocato generale rileva che il problema è, [continua ..]


III. La sentenza della Corte di giustizia

Nella sua sentenza, la Corte di giustizia ricorda che, sulla base del principio del reciproco riconoscimento, le autorità giudiziarie di esecuzione sono tenute a riconoscere ed eseguire un MAE a meno che non sussista un motivo di rifiuto tipizzato nella decisione quadro. Tra tali motivi non rientra il caso in cui la destinataria del MAE sia madre di minori in tenera età con lei conviventi. Anzi, dato il principio di fiducia reciproca, opera una presunzione secondo la quale le condizioni di detenzione della madre e l’or­ga­niz­zazione della cura dei figli nello Stato membro emittente sono adeguate [42]. Spetta dunque a ogni Stato membro assicurare il rispetto dei diritti individuati agli artt. 7 e 24, par. 2 e 3, della Carta e astenersi da qualsivoglia misura possa lederli, in modo da garantire l’applicazione dei principi di fiducia reciproca e di reciproco riconoscimento. Tuttavia, l’esistenza di un rischio reale che la destinataria di un MAE o i suoi figli minori subiscano, in caso di consegna della prima, una violazione di quei diritti può consentire al­l’autorità giudiziaria di esecuzione di astenersi, in via eccezionale, dal­l’ese­guire il mandato [43]. Richiamata allora la giurisprudenza Aranyosi e Căldăraru, i giudici di Lussemburgo affermano che l’esame in due fasi va applicato anche ai diritti sopra ricordati [44]. A tal fine, l’autorità giudiziaria di esecuzione deve accertare se esiste un rischio di vederli violati a causa dell’esposizione a carenze sistemiche o generalizzate in ordine alle condizioni di detenzione delle madri di minori in tenera età o di cura di tali minori nello Stato membro emittente, oppure a carenze riguardanti tali condizioni e che pregiudicano più specificamente un gruppo oggettivamente identificabile di persone, come i minori con disabilità. In questo caso, la valutazione deve essere fondata su elementi oggettivi, attendibili, precisi e debitamente aggiornati. Questi possono risultare in particolare da decisioni giudiziarie internazionali, da decisioni, relazioni e altri documenti predisposti dagli organi del Consiglio d’Europa o appartenenti al sistema delle Nazioni Unite, nonché da informazioni presenti nella banca dati dell’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali riguardo alle condizioni di detenzione nell’Unione (Criminal [continua ..]


IV. Elementi di novità (o di parziale novità) risultanti dalla sentenza GN (Motif de refus fondé sur l’intérêt supérieur de l’enfant)

Con la pronuncia in commento, la Corte di giustizia ha confermato il proprio orientamento in materia di tutela dei diritti fondamentali nell’ambito della procedura di consegna disciplinata dalla decisione quadro sul MAE. Quindi, ove sorgano dubbi al riguardo, l’autorità giudiziaria di esecuzione di un MAE è tenuta a eseguire l’esame in due fasi anche per quel che riguarda la salvaguardia del diritto al rispetto della vita privata e familiare e dell’interesse superiore del minore, verificando la situazione in atto nello Stato membro di emissione attraverso una «decentralised review over the protection of individual rights at national level»[50], definibile come horizontal Solange[51]. Fermo dunque il fatto che la Corte non si è discostata dalla propria impostazione, nonostante le sollecitazioni in tal senso provenienti dall’Avvocato generale, si riscontrano almeno tre elementi di novità nella sentenza GN (Motif de refus fondé sur l’intérêt supérieur de l’enfant). Intanto, per la prima volta i giudici di Lussemburgo hanno inserito tra gli elementi oggettivi, attendibili, precisi e opportunamente aggiornati attraverso i quali dimostrare la sussistenza di carenze sistemiche o generalizzate o di altro tipo le informazioni contenute nel Criminal Detention Database del­l’Agenzia per i diritti fondamentali dell’Unione europea [52]. Tale strumento raccoglie dati relativi alle condizioni di detenzione negli Stati membri del­l’Unione europea e nel Regno Unito, considerando in particolare profili relativi allo spazio a disposizione nelle celle, alle condizioni sanitarie, al­l’ac­cesso alle cure sanitarie per i detenuti, alla protezione contro le violenze in carcere e alla cura dei minori [53]. Allora, si tratta sicuramente di un mezzo in più utilizzabile dalle difese dei destinatari dei MAE per provare che le gravissime carenze di cui si è detto sono in atto nello Stato membro di emissione. Va comunque considerato che, rispetto a quanto sostenuto in Aranyosi e Căldăraru, l’elenco di atti ai quali fare ricorso al fine di dimostrare la prima parte dell’esame è andato arricchendosi nel corso del tempo. Infatti, nella prima sentenza relativa a quest’orientamento, la Corte aveva richiamato decisioni rese da Corti internazionali e da autorità giudiziarie [continua ..]


V. Spunti critici quanto a una tutela effettiva dell’interesse superiore del minore

Nelle proprie conclusioni, l’Avvocato generale Ćapeta si è sforzata di dimostrare che il diritto al rispetto della vita privata e familiare della destinataria del MAE e l’interesse superiore dei minori, suoi figli, devono essere trattati in maniera differente sul piano della loro tutela in relazione al­l’esecuzione di un MAE. Mentre, quanto al primo, deve ricorrersi all’esame in due fasi, per il secondo sarebbe opportuno percorrere una strada alternativa, identificata nel motivo di non esecuzione facoltativa fondato sul radicamento del destinatario del mandato nello Stato membro di esecuzione, così da conciliare salvaguardia di quell’interesse e lotta all’impunità. Come si è già ricordato, l’Avvocato generale ha posto in risalto il fatto che l’interesse superiore del minore non solleva questioni sul piano della fiducia reciproca. La Corte di giustizia è stata, invece, di diverso avviso e ha dichiarato che l’esame in due fasi vale anche con riferimento all’interesse in questione. Sulla base di questo, sembra opportuno porsi qualche interrogativo alla luce della peculiare natura del concetto qui considerato[70]. Al riguardo, va ricordato che da tempo, nell’ambito del diritto internazionale, lo status dell’interesse superiore del minore è di difficile comprensione e la sua vaghezza può condurre a molteplici interpretazioni [71]. A conferma di ciò, basta considerare la fonte principale in materia, la Convenzione sui diritti del fanciullo conclusa nel 1989 nell’ambito dell’ONU [72], ai sensi del cui art. 3, par. 1, in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente. L’incertezza sulla natura di tale figura non manca [73]. Infatti, il Comitato ONU sui diritti dell’infanzia, competente a vigilare sul rispetto della Convenzione e dei suoi Protocolli opzionali, qualifica l’interesse superiore del minore, in generale, come uno dei valori fondamentali espressi dalla Convenzione, diretto ad assicurare il godimento effettivo dei diritti riconosciuti da quel trattato e uno sviluppo olistico del bambino [74] e, in particolare, come un [continua ..]


VI. Spunti critici quanto alla possibile attivazione dei controlimiti da parte della Corte costituzionale e al dialogo tra Corte costituzionale e Corte di giustizia

Al di là di ciò che è stato sostenuto nel paragrafo precedente, è da considerare che l’interpretazione fornita dai giudici di Lussemburgo sembra porsi in contrasto con quella costantemente data dall’organo rimettente, vale a dire la Corte di cassazione italiana. Infatti, in più ambiti la Suprema Corte è giunta a concludere nel senso che l’accertamento del­l’in­teresse superiore del minore passa per una valutazione in concreto. Per esempio, nel giudizio di disconoscimento della paternità si impone un bilanciamento fra l’esigenza di affermare la verità biologica e l’interesse alla stabilità dei rapporti familiari. Esso «non può costituire il risultato di una valutazione astratta, ma richiede un accertamento in concreto del­l’interesse del minore nelle vicende che lo riguardano, con particolare riferimento agli effetti del provvedimento richiesto in relazione all’esigenza di uno sviluppo armonico dal punto di vista psicologico, affettivo, educativo e sociale»[91]. Pronunce dalle quali emergono simili indicazioni si ravvisano anche in tema di affidamento dei figli[92], attribuzione del cognome del secondo genitore [93] e riconoscimento dei figli nati al di fuori del matrimonio [94]. A questo deve aggiungersi che anche la Corte costituzionale italiana sostiene che le valutazioni relative all’interesse superiore del minore comportano la «necessità di considerare il concreto interesse del minore in tutte le decisioni che lo riguardano» [95]. In ragione di ciò, può essere che un organo giurisdizionale italiano (le Corti d’appello quali autorità giudiziarie di esecuzione dei MAE o la Corte di cassazione quale autorità dinanzi a cui proporre impugnazione avverso le loro decisioni) ritenga di investire i giudici di Palazzo della Consulta della questione. Del resto, proprio la Corte di cassazione nell’ordinanza di rinvio ha ricordato che la sottoposizione alla Corte di giustizia di quesiti pregiudiziali non esclude la possibilità di sollevare questioni di legittimità costituzionale nell’ipotesi in cui la disciplina di attuazione del MAE, in violazione degli artt. 11 e 117, comma primo, Cost., non permetta di salvaguardare lo standard europeo dei diritti fondamentali o in quella – definita «sommamente [continua ..]


VII. Conclusioni

Con la sentenza GN (Motif de refus fondé sur l’intérêt supérieur de l’enfant), la Corte di giustizia ha confermato la propria lettura per quel che riguarda la tutela dei diritti fondamentali nell’ambito del MAE. Coerentemente a quanto risultante da Aranyosi e Căldăraru e dalle pronunce successive a questa, l’autorità giudiziaria di esecuzione che abbia dubbi al riguardo è tenuta ad applicare un esame in due fasi. La prima fase concerne la presenza di carenze sistemiche e generalizzate, mentre la seconda consiste nello stabilire, in modo concreto e preciso, se vi siano motivi gravi e comprovati che conducono a ritenere che il destinatario del MAE corra il rischio di essere esposto a quelle carenze. A seguito della sentenza qui analizzata, ciò vale altresì per il diritto al rispetto della vita privata e familiare e per l’interesse superiore del minore. Quindi, anche per quel che riguarda la tutela di soggetti diversi dal destinatario del MAE, ma a esso legati, comunque non può procedersi con una mera valutazione in concreto, dovendosi invece previamente verificare se l’eventuale violazione si inserisce in un contesto gravemente compromesso. Possono esprimersi alcuni dubbi rispetto a tale soluzione, dato che – in altri ambiti – sia le corti italiane, sia la Corte EDU hanno adottato un approccio fondato esclusivamente su un accertamento in concreto per stabilire quale sia l’interesse superiore del minore e come esso possa essere tutelato. Tenuto conto dell’approccio adottato in passato, può darsi, quindi, che la Corte costituzionale scelga di orientarsi nel senso di avviare un dialogo con la Corte di giustizia. Questo potrebbe riguardare in particolare il differimento della consegna ex art. 23, par. 4, della decisione quadro sul MAE, visto che le indicazioni fornite dai giudici di Lussemburgo non paiono concludenti nel guidare l’azione dell’autorità giudiziaria di esecuzione. La pronuncia in commento si segnala comunque per alcuni profili di novità che attengono al fatto che tra gli elementi oggettivi, attendibili, precisi e opportunamente aggiornati attraverso i quali dimostrare la sussistenza di carenze sistemiche o generalizzate sono state ricomprese anche le informazioni contenute nel Criminal Detention Database dell’Agenzia per i diritti fondamentali dell’Unione europea, allo [continua ..]


NOTE