argomento: Osservatorio - Unione Europea
Articoli Correlati: EUNAVFOR MED
di Giuseppe Licastro
È stata avviata il 7 ottobre 2015 la prima parte della seconda fase dell’operazione navale essenzialmente militare EUNAVFOR MED, che si prefigge di contribuire «a smantellare il modello di business delle reti del traffico e della tratta di esseri umani nel Mediterraneo centromeridionale (EUNAVFOR MED) adottando misure sistematiche per individuare, fermare e mettere fuori uso imbarcazioni e mezzi usati o sospettati di essere usati dai passatori o dai trafficanti» (v. art. 1 della decisione (PESC) 2015/788 del Consiglio del 18 maggio 2015; articolo poi rettificato parzialmente: v. infra). L’operazione prevede infatti tre diverse fasi successive.
La prima fase (v. art. 2, par. 2, lett. a. della decisione (PESC) 2015/788 del Consiglio del 18 maggio 2015), iniziata il 22 giugno 2015, concernente la raccolta di pertinenti informazioni (necessaria intelligence) e il pattugliamento marittimo in alto mare (vigile sorveglianza), ha consentito il passaggio alla fase seguente (con particolare riferimento alla raccolta di informazioni, appare opportuno considerare che costituisce una fase investigativa necessaria al fine di poter abbozzare un quadro comprensivo anche dell’aspetto relativo al modus operandi dei trafficanti, aspetto imprescindibile per poter comprendere “in toto” la pericolosità delle organizzazioni criminali, poiché uno studio accattivante ha reso noto che lo smuggling si articola in tre fasi, ossia il reclutamento, il trasferimento e l’ingresso nel Paese di destinazione: cfr. A. Di Nicola, G. Musumeci, Confessioni di un trafficante di uomini, nuova ed. ampliata, Milano, 2015, p. 109 ss.; sul traffico e sulla tratta v. un recente report molto interessante nonché pertinente, p. 9 ss.: sullo smuggling v., in modo particolare, il contributo di P. Monzini, ivi, p. 30 ss.).
Da menzionare che la misura relativa all’intelligence rientra (adesso) nel quadro delle diverse azioni contemplate dal «Piano d’azione dell’UE contro il traffico di migranti (2015-2020)»: detto piano (p. 6), esorta infatti la partecipazione di EUNAVFOR MED, attraverso la condivisione delle informazioni raccolte, alle attività della squadra operativa ad hoc dedicata (anche) all’intelligence che si dovrebbe istituire nel quadro dell’operazione denominata JOT MARE lanciata da EUROPOL allo scopo di contrastare le attività delle organizzazioni criminali volte a facilitare i c.d. “viaggi della speranza” via mare verso l’Europa.
La seconda fase riguarda profili prettamente operativi: la prima parte prevede la possibilità di procedere all’esecuzione di fermi, ispezioni, sequestri e dirottamenti in alto mare di imbarcazioni sospettate di essere usate per il traffico e la tratta, secondo quanto previsto dal diritto internazionale, incluse le pertinenti disposizioni contemplate dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) del 1982 e dal Protocollo sullo smuggling di migranti, allegato alla Convenzione di Palermo del 2000; la seconda parte prevede invece la possibilità di procedere all’esecuzione di dette attività in alto mare o nelle acque territoriali e interne dello Stato interessato, secondo quanto stabilito dall’autorizzazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite oppure «dello Stato costiero interessato» (v. rispettivamente il punto i. e ii., della lett. b., par. 2, art. 2 della rettifica parziale della decisione (PESC) 2015/788).
La terza fase, che richiede la medesima autorizzazione prevista dalla precedente fase, si caratterizza invece per le finalità, piuttosto “aggressive”, tese a eliminare oppure rendere inutilizzabili le imbarcazioni nonché i mezzi utilizzati dai trafficanti (interesse manifestato dall’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica estera, peraltro sommariamente richiamato (p. 4) nell’Agenda europea sulla migrazione), finalità da realizzare nel territorio «dello Stato costiero interessato». Da notare (v. art. 1 e art. 2, par. 2, lett. c.) che la rettifica parziale della decisione (PESC) 2015/788, ha “ritoccato” la locuzione «mettere fuori uso [le] imbarcazioni» con «eliminare [le] imbarcazioni» probabilmente allo scopo di accentuare l’incisività delle misure: detto ritocco, però, non cambia la sostanza.
Con l’avvio della prima parte della seconda fase dell’operazione si prevede quindi di procedere all’esecuzione di fermi, ispezioni, sequestri e dirottamenti in alto mare, conformemente però alle pertinenti disposizioni contemplate dalla Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati, dal principio di non-refoulement e dalla disciplina internazionale a tutela dei diritti umani (v. il considerando n. 6 della rettifica parziale della decisione (PESC) 2015/788).
Da considerare che la tempestiva Risoluzione 2240 (2015) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 9 ottobre 2015, apprezzata dall’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica estera, sembrerebbe autorizzare soltanto questa parte della seconda fase, legittimando ispezioni e sequestri fuori rectius a largo delle coste libiche.
La Risoluzione, commentata recentemente (v. infra), si caratterizza però, per presentare, tra gli altri, profili che incidono sull’«esercizio dei poteri» concernenti l’ispezione ed il sequestro di imbarcazioni, battenti la bandiera di uno Stato, ragionevolmente sospettate di essere usate per il traffico e la tratta, che sostanzialmente limitano l’uso della forza, ad esempio: la tutela delle persone oggetto di smuggling o trafficking; la possibile distruzione dell’imbarcazione sequestrata, da attuare «in conformità al diritto internazionale e tenendo conto degli interessi dei terzi in buona fede (parr. 7-8 del dispositivo)» (cfr. R. Cadin, in Ordine internazionale e diritti umani, 2015, pp. 698-699). In effetti, il titolo del contributo adottato dall’attento commentatore, appare piuttosto eloquente, ossia La risoluzione 2240 (2015) sul traffico dei migranti nel Mediterraneo: il Consiglio di sicurezza autorizza l’uso … misurato della forza.
Tuttavia, occorre non trascurare un “dettaglio” che riguarda però «le imbarcazioni senza bandiera» individuate in alto mare a largo delle coste libiche, ragionevolmente sospettate di essere usate per il traffico e la tratta: la Risoluzione infatti «si limita a ricordare che il diritto internazionale consente la loro ispezione da parte di qualsiasi Stato (quinto paragrafo del dispositivo)» (cfr. ancora R. Cadin, p. 698). Tale “dettaglio” appare molto importante, poiché una preziosa “guida” predisposta dalla Direzione Nazionale Antimafia, per contrastare il fenomeno del traffico di migranti, ossia le linee guida di intervento in acque internazionali del 3 febbraio 2014 (cfr. p. 25 e p. 26; corsivo originale), partendo dalla considerazione che il Protocollo sullo smuggling (v. il testo, p. 53 ss.) «segna un’ulteriore decisiva evoluzione rispetto alle soluzioni offerte dalla Convenzione di Montego Bay [UNCLOS], sia per l’espressa previsione del reato di smuggling tra quelli legittimanti l’intervento degli Stati in acque internazionali, sia perché va oltre il riconoscimento di un mero diritto di visita e controllo sulle navi sospettate in attività di traffico internazionale di migranti ovvero perché prive di bandiera o con bandiera apparente, prevedendo la possibilità di adozione di provvedimenti repressivi sulle navi visitate, nei limiti consentiti dal diritto nazionale ed internazionale», giunge al termine dell’articolata e puntuale disamina a sostenere che «il richiamo al [suddetto] diritto interno e internazionale può contribuire proprio a identificare le misure appropriate da adottare, tra le quali, appunto, il sequestro del natante con la relativa conduzione coatta al porto dello Stato (…)» (sul diritto di visita previsto dall’UNCLOS v. S. Trevisanut, Immigrazione irregolare via mare: diritto internazionale e diritto dell’Unione europea, Napoli, 2012, p. 120 ss.).
Da notare che la disamina, contenuta appunto nel documento della D.N.A., si concentra sulla “portata” del par. 7 dell’art. 8 del Protocollo sullo smuggling (in dottrina, sul par. 7 dell’art. 8 di detto Protocollo, v.: U. Leanza, F. Graziani, Poteri di enforcement e di jurisdiction in materia di traffico di migranti via mare: aspetti operativi nell’attività di contrasto, in La Comunità Internazionale, 2014, p. 187 ss.), disposizione del Protocollo che, tra l’altro, è stata ripresa dal par. 11 dell’art. 7 del Regolamento (UE) n. 656/2014 (l’art. 7 concerne proprio la disciplina dell’intercettazione in alto mare), atto da ritenere fondamentale nel quadro della gestione della nota operazione congiunta di sorveglianza TRITON, operativa già da tempo, sotto l’egida dell’Agenzia FRONTEX (v. il report dell’Agenzia FRONTEX, del 2014, riguardante l’applicazione di detto regolamento: pp. 7-8), da ultimo estesa fino a 138 miglia marine.
Appare altresì opportuno evidenziare che sono state istituite tempestive forme di cooperazione tra il comando operativo di EUNAVFOR MED (con sede a Roma) e la D.N.A., tesa anche alla predisposizione di linee guida (v. il testo del resoconto stenografico (bozza non corretta), dell’audizione dell’ammiraglio di divisione E. Credendino comandante di EUNAVFOR MED, presso il Comitato parlamentare Schengen, Europol e immigrazione, Roma, 8 ottobre 2015: p. 15; v. anche p. 50), linee guida probabilmente funzionali all’operazione, che potrebbero peraltro costituire una significativa evoluzione delle precedenti (appunto del 3 febbraio 2014).
Il delicato passaggio alla terza fase finale dell’operazione appare, prima facie, “compromesso”: appare infatti impensabile prevedere una successiva autorizzazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite finalizzata all’eliminazione delle imbarcazioni nonché dei mezzi utilizzati dai trafficanti, nel territorio «dello Stato costiero interessato».
Occorrerebbe sperare nell’eventualità di ottenere almeno il placet «dello Stato costiero interessato», ma si tratta di una vana speranza data l’instabilità politica che attualmente “governa” la Libia… (opportunamente, tale consenso è stato ritenuto sin da subito «altamente volatile», per usare «un eufemismo»: cfr. F. Cherubini nel SIDIBlog).