argomento: Osservatorio
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di SARA PUGLIESE
L’impatto dell’emergenza COVID-19 sul mercato europeo dei prodotti sanitari tra sicurezza degli approvvigionamenti, prevenzione del rischio e protezione degli investimenti
Sara Pugliese
Sommario: 1. Introduzione - 2. Gli interventi per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti - 3. Le azioni per assicurare la qualità dei dispositivi medici e dei farmaci - 4. La salvaguardia della produzione europea di prodotti sanitari attraverso il controllo in materia di investimenti - 5. Conclusioni
1. In seguito all’emergenza COVID-19 l’Unione europea è intervenuta per disincentivare la costituzione da parte di alcuni Stati membri di scorte di dispositivi medici e di farmaci a mero scopo preventivo, con il rischio di generare carenze di approvvigionamenti negli Stati membri maggiormente colpiti. Allo stesso tempo, l’Unione si è preoccupata di evitare che l’esigenza di una quantità massiccia di prodotti sanitari, da un lato, comporti un abbassamento del livello di sicurezza degli stessi, dall’altro, stimoli investimenti stranieri finalizzati al controllo sulla supply chain.
Nel perseguimento di questi obiettivi un ruolo fondamentale è stato svolto non solo dalle Istituzioni, ma anche da alcune agenzie, in particolare dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), dall’Agenzia europea per Medicinali (EMA) e dall’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA).
Il presente contributo si propone di verificare se, attraverso le misure finora adottate, le istituzioni e le agenzie dell’Unione stanno elaborando nuovi standard in materia di prevenzione, gestione e correzione del rischio sanitario.
2. Gli interventi dell’Unione finalizzati a garantire che gli Stati membri abbiano a disposizione la quantità di dispositivi medici e di farmaci necessaria al contrasto al COVID-19 hanno riguardato numerosi settori, in particolare: A) appalti e protezione civile; B) concorrenza e aiuti di Stato; C) circolazione dei farmaci; D) commercio di dispositivi medici con gli Stati terzi.
A) Nel settore degli appalti, per assicurare rapidità ed efficacia dell’approvvigionamento, la Commissione ha fatto ricorso ad alcune procedure che essa gestisce in cooperazione con gli Stati (c.d. procedure di aggiudicazione congiunta) e ha adottato taluni "Orientamenti" per semplificare e velocizzare le procedure gestite autonomamente dalle amministrazioni nazionali.
Sotto il primo profilo, in seguito all’attivazione, il 28 gennaio 2020, da parte della Presidenza del Consiglio dell'Unione del c.d. integrated political crisis response mechanism (IPCR), la Commissione ha applicato le procedure dell’“Accordo volontario di aggiudicazione congiunta”. Redatto nel 2014 dalla Commissione, su richiesta del Consiglio (cfr. Conclusioni del 13 settembre 2010) in seguito alla pandemia della c.d. influenza suina del 2009 ed in attuazione della art. 5 della Decisione n. 1082/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero, tale accordo ad oggi è stato firmato da 37 Stati (gli Stati membri dell'UE, gli Stati del SEE e alcuni Stati dei Balcani candidati o potenziali candidati all’adesione). In base all’Accordo, le istituzioni dell'UE e gli Stati firmatari possono avviare una procedura comune di appalto per l'acquisto di vaccini, farmaci antivirali, forniture mediche in caso di minacce per la salute a carattere transfrontaliero. La procedura è gestita dalla Commissione conformemente alla disciplina europea di bilancio (cfr. Regolamento (UE) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, art. 104, §1, co. 3, Regolamento Delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione, art. 133, e, in seguito alla loro abrogazione, dal Regolamento (UE) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, art. 165). Per l’emergenza COVID-19, in base all’Accordo, a partire dal mese di febbraio 2020, la Commissione ha pubblicato quattro bandi di gara distinti per apparecchiature e forniture mediche, le cui procedure sono state chiuse o sono in fase di chiusura.
Nell’intento di favorire procedure congiunte di appalto, la Commissione è intervenuta anche con altri strumenti. In primo luogo, il 19 marzo 2020 la Commissione ha costituito una scorta strategica di attrezzature mediche, dispositivi di protezione individuale, vaccini e sostanze terapeutiche attraverso la c.d. “riserva RescEU”, istituita con la Decisione 2019/420/UE nell’ambito del Meccanismo di protezione civile. In base alla Decisione, quando uno o più Stati colpiti da un’emergenza inoltrano una richiesta di assistenza al Centro di Coordinamento di Risposta alle Emergenze (ERCC), gli stessi possono acquistare o noleggiare attrezzature finanziate fino ad un massimo del 90% dalla Commissione attraverso sovvenzioni concesse senza previo invito a presentare proposte. L’acquisto può avvenire anche da parte di Stati membri che intendano prestare assistenza allo Stato colpito. La decisione di mobilitazione e smobilitazione delle risorse che costituiscono la riserva è adottata dalla Commissione in stretto coordinamento con gli Stati membri richiedenti e con gli Stati membri che hanno acquistato o noleggiato le attrezzature previa stipula di un contratto operativo. Data la gravità dell’emergenza COVID, la Commissione ha deciso di finanziare il 100% dei costi della costituzione di scorte e di gestire direttamente la distribuzione delle attrezzature. Il 27 aprile 2020, ad esempio, è arrivata in Italia una prima consegna di mascherine di protezione provenienti dal centro strategico di distribuzione RescEU in Romania (cfr. amplius G. Bartolini, Alcune questioni dell’emergenza COVID-19 in Italia in un’ottica di International Disaster Law (parte I), Forum COVID-19 della SIDI, 22 maggio 2020).
In secondo luogo, il “sostegno di emergenza”, istituito con Regolamento (UE) 2016/369 del Consiglio per supportare gli Stati nel fronteggiare l’emergenza migratoria, è stato adattato all’emergenza COVID con il Regolamento (UE) 2020/521 del Consiglio. Tra le azioni ammissibili, infatti, sono state aggiunte misure più specificamente volte a fronteggiare e a prevenire emergenze sanitarie (sviluppo, produzione, acquisto e distribuzione di prodotti sanitari e scorte; azioni funzionali all’autorizzazione rapida dell’uso dei prodotti sanitari; organizzazione di sperimentazioni cliniche di potenziali terapie o metodi diagnostici; convalida scientifica dei prodotti sanitari). Il sostegno può essere concesso tramite tre tipologie di procedure: a) la procedura di c.d. “appalto congiunto” disciplinata dal Regolamento (UE) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, art. 165, condotta congiuntamente da un’Istituzione dell’Unione e dalle amministrazioni aggiudicatrici per l’attuazione di un’azione comune; b) la procedura d’appalto indetta dalla Commissione per conto degli Stati membri sulla base di un accordo tra la Commissione e gli Stati membri; c) la procedura d’appalto indetta dalla Commissione per acquisto all’ingrosso di forniture e servizi da rivendere o donare agli Stati membri o ad alcune organizzazioni partner. Oltre alle ONG, già previste dal Regolamento (UE) 2016/369, in base al Regolamento (UE) 2020/521 possono essere considerate organizzazioni partner anche produttori di apparecchiature, scienziati e istituti di ricerca. Il sostegno, quindi, contribuirà non solo all’approvvigionamento di dispositivi, ma anche alla ricerca di cure e vaccini contro il COVID.
Incentivando le procedure di aggiudicazione congiunta, la Commissione sembra proporsi quale “centrale di committenza unica” che si assume la responsabilità di attivare e gestire le procedure di appalto e di distribuire i prodotti sanitari secondo le necessità dei vari Stati, al fine di rendere l’approvvigionamento più rapido e di assicurare agli Stati maggiormente colpiti quantità di risorse sufficienti a fronteggiare l’emergenza.
Relativamente alle procedure di appalto gestite dalle amministrazioni nazionali, negli “Orientamenti della Commissione europea sull’utilizzo del quadro in materia di appalti pubblici nella situazione di emergenza connessa alla crisi della Covid-19”, adottati il 1° aprile 2020, la Commissione ha specificato le opzioni e i margini di manovra offerti dal quadro normativo dell’Unione affinché l’acquisto di forniture, servizi e lavori avvenga con procedure rapide e flessibili, anche attraverso strumenti digitali innovativi. In particolare, la Commissione ha raccomandato il ricorso alla “procedura negoziata senza previa pubblicazione” di cui all’art. 32, §2, lett. b), della Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici per far fronte alle situazioni in cui, per ragioni di estrema urgenza derivanti da eventi imprevedibili per l'amministrazione aggiudicatrice, i termini per le procedure regolari non possono essere rispettati. In riferimento specifico all’emergenza COVID, sulla scorta della giurisprudenza (causa C-275/08, Commissione/Germania, e causa C-352/12, Consiglio Nazionale degli Ingegneri), la Commissione ha specificato le condizioni che ogni amministrazione aggiudicatrice dovrà valutare per applicare la procedura. In particolare, la Commissione ha chiarito che le esigenze specifiche degli ospedali e di altre istituzioni sanitarie in relazione alla fornitura di cure e ai dispositivi di protezione individuale, non potendo essere previste e pianificate in anticipo, costituiscono un evento imprevedibile per le amministrazioni aggiudicatrici che giustifica il ricorso alla “procedura negoziata senza previa pubblicazione”. In riferimento alla impossibilità di rispettare i termini di scadenza generali a causa dell’estrema urgenza, la Commissione ha sottolineato che la necessità dell’appalto deve essere soddisfatta nel più breve tempo possibile. La Commissione ha anche specificato che, trattandosi di una procedura di urgenza, essa deve essere svolta in tempi rapidi. La Commissione ha chiarito che, per rispondere alle esigenze immediate degli ospedali e delle istituzioni sanitarie in tempi molto brevi, non può essere ragionevolmente messo in dubbio il nesso di causalità con la pandemia di Covid-19. Infine, la Commissione ha raccomandato che le amministrazioni aggiudicatrici ricorrano alla “procedura negoziata senza pubblicazione” al solo scopo di colmare le lacune di dispositivi e farmaci necessari a soddisfare le esigenze immediate e unicamente fino a quando non sarà possibile trovare situazioni più stabili (contratti quadro di forniture e servizi aggiudicati tramite procedure regolari).
B) Nel settore della concorrenza, la Commissione sta puntando soprattutto ad allentare i vincoli che potrebbero ostacolare una produzione cospicua e rapida di prodotti sanitari. In riferimento agli accordi di cooperazione, nel “Quadro temporaneo per la valutazione delle questioni in materia di antitrust relative alla cooperazione tra imprese volta a rispondere alle situazioni di emergenza causate dall'attuale pandemia di Covid-19”, adottato l’8 aprile 2020, la Commissione ha, in primo luogo, precisato le attività che non sollevano riserve sotto il profilo della disciplina della concorrenza (ad es. il coordinamento del trasporto comune dei materiali in entrata e le operazioni finalizzate ad individuare le carenze di prodotti, purché non comportino la trasmissione ai concorrenti di informazioni “personalizzate” sulle imprese). In secondo luogo, la Commissione ha specificato che le misure volte ad adeguare la produzione, la gestione delle scorte e la loro eventuale distribuzione a livello industriale, che in condizioni normali sono “problematiche” ai sensi delle norme dell’Unione in materia di concorrenza, nelle attuali circostanze eccezionali non costituiranno una priorità nel quadro del controllo antitrust, purché temporanee ed effettivamente necessarie per aumentare la produzione. Infine, la Commissione ha elaborato una procedura eccezionale finalizzata a fornire alle imprese orientamenti ad hoc per progetti specifici di cooperazione (c.d. “comfort letter”) (per gli effetti dell’emergenza COVID sulla politica di concorrenza, cfr. Calzolari, L’influenza del COVID-19 sulla politica di concorrenza: difese immunitarie o anche altro?, in Forum COVID-19 della SIDI, 26 aprile 2020).
In materia di aiuti, nella Comunicazione “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19” del 20 marzo 2020 la Commissione ha indicato le condizioni generali di compatibilità di aiuti temporanei di importo limitato alle imprese che si trovano di fronte a un'improvvisa carenza o indisponibilità di liquidità concessi entro e non oltre il 31 dicembre 2020. Per quanto riguarda l’Italia, sulla base della Comunicazione, il 22 marzo 2020 la Commissione ha approvato un regime di aiuti da 50 milioni di euro a sostegno della produzione e della fornitura di dispositivi medici e di protezione individuale. Nella “Modifica del quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19” del 3 aprile 2020, la Commissione ha indicato le condizioni di compatibilità, ex art. 107, §3, lett. c), degli aiuti, sotto forma di sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali o anticipi rimborsabili, specificamente finalizzati ad accelerare le attività di ricerca e sviluppo in materia di COVID-19 e a sostenere la realizzazione dei prodotti necessari per rispondere alla pandemia in breve tempo (medicinali e vaccini, dispositivi medici, disinfettanti). Al fine di garantire la più ampia circolazione dei risultati ottenuti grazie alla fruizione degli aiuti, si prevede che il beneficiario dell'aiuto si impegni a concedere a terzi nel SEE licenze non esclusive a condizioni di mercato non discriminatorie (A. Rosanò, Adapting to Change: COVID-19 as a Factor Shaping EU State Aid Law, in European Papers, European Forum, 7 maggio 2020). Per quanto riguarda l’Italia, il D.L. n. 34 del 19 maggio 2020 (c.d. Decreto “Rilancio”), art. 57 ss., prevede la possibilità per Regioni, enti territoriali e Camere di commercio di stabilire regimi di aiuto alle imprese operanti nel settore della ricerca e dei prodotti necessari per rispondere alla pandemia che rispettino le condizioni indicate nella “Modifica al quadro temporaneo”. Gli aiuti in parola sono stati autorizzati dalla Commissione il 21 maggio 2020 (Cfr. C(2020) 3482 final, 21.5.2020, State Aid SA.57021 (2020/N, ex 2020/PN) – Italy - COVID-19 Regime Quadro).
Attraverso tali misure la Commissione ha cercato soprattutto di favorire la produzione e la circolazione dei prodotti sanitari, nonché di contribuire ad accelerare l’individuazione di cure e vaccini in grado di contrastare il virus.
C) Per quanto riguarda la circolazione dei farmaci, negli “Orientamenti sull'approvvigionamento ottimale e razionale di farmaci per evitare carenze durante la pandemia di Covid-19” dell’8 aprile 2020, la Commissione ha esortato tutti gli Stati membri a revocare i divieti ingiustificati di esportazione dei farmaci nel mercato interno e ad evitare la costituzione preventiva di scorte a livello nazionale e locale. Al fine di aumentare, riorganizzare e garantire la continuità della produzione di farmaci, la Commissione ha sottolineato la necessità di rendere più rapide le procedure di autorizzazione all'immissione in commercio. Per garantire le necessarie quantità di farmaci, la Commissione ha evidenziato la necessità di monitorare le scorte disponibili a livello nazionale, nonché di garantire il commercio all’ingrosso e i trasporti. Per favorire l’uso ottimale di farmaci, la Commissione ha raccomandatolo scambio di protocolli ospedalieri per la cura dei pazienti o l'uso di farmaci alternativi e ha sottolineato la necessità di prediligere l'avvio di sperimentazioni cliniche su scala europea per l’uso dei farmaci off-label. La Commissione ha, altresì, raccomandato agli Stati non solo di limitare le quantità di vendita in farmacia per i prodotti in carenza, ma anche di vietare la vendita on line di prodotti rischiosi.
Da tali indicazioni emerge l’intento della Commissione di assicurare l’efficacia e la rapidità della supply chain del settore farmaceutico, nel contempo garantendo la sicurezza e la qualità degli stessi.
D) Nell’ambito del commercio con gli Stati terzi sono state adottate alcune misure finalizzate a ridurre l’esportazione di dispositivi medici al di fuori dell’UE (Regolamento di esecuzione (UE) 2020/402 della Commissione) e a favorire l’importazione, tramite l’esenzione dai dazi doganali e dall'IVA, delle merci necessarie a contrastare la pandemia destinate alla distribuzione gratuita a persone contagiate o a rischio di contagio o all’immissione in libera pratica da o per conto di organizzazioni pubbliche (Decisione (UE) 2020/491 della Commissione). La Commissione ha, altresì, adottato la "Guidance on Customs issues related to the COVID-19 emergency", aggiornata da ultimo il 19 maggio 2020.
Gli interventi in parola sono stati fondamentali durante la fase acuta dell’emergenza per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento agli Stati maggiormente colpiti e in cui si è registrato un massiccio afflusso di contagiati nelle strutture ospedaliere (cfr. G. Adinolfi, Il ruolo delle politiche commerciali a fronte della pandemia da COVID-19: brevi riflessioni alla luce del diritto OMC, in Forum COVID-19 della SIDI, 20 aprile 2020; B. Pirker, Rethinking Solidarity in View of the Wanting Internal and External EU Law Framework Concerning Trade Measures in the Context of the COVID-19 Crisis, in European Papers, Insights, 25 aprile 2020).
3. Per evitare che l’esigenza di approvvigionamento massiccio e rapido dei dispositivi medici (in particolare i dispositivi di protezione individuale, DPI) possa comportare un abbassamento dei livelli di sicurezza e tutela della salute, la Commissione è intervenuta sia sul fronte dell’aggiornamento degli standard sia su quello della semplificazione delle procedure. Sotto il primo profilo, dopo aver chiesto al Comitato Europeo di Normazione (CEN) e al Comitato Europeo di Normazione Elettrotecnica (CENELEC) di rendere disponibili a tutti i produttori gratuitamente le norme tecniche esistenti (generalmente fruibili solo a pagamento in quanto coperte da diritti di proprietà intellettuale), la Commissione ha elaborato nuovi standard relativamente ad alcuni dispositivi “critici” (maschere facciali ad uso medico; teli e camici chirurgici; tute per blocchi operatori; apparecchi di lavaggio e disinfezione; sterilizzatrici).
Sotto il secondo profilo, la Commissione ha semplificato le procedure di valutazione di conformità dei dispositivi medici e dei DPI ai requisiti essenziali di salute e di sicurezza. In particolare, poiché la normativa europea in materia (Direttiva 93/42/CEE del Consiglio; Regolamento (UE) 2016/425 del Parlamento europeo e del Consiglio; Regolamento (UE) 2017/745 del Parlamento europeo e del Consiglio) si limita a stabilire i requisiti per la circolazione dei prodotti nel mercato interno, ma non impone specifiche soluzioni tecniche per la progettazione, i prodotti devono generalmente essere sottoposti dagli organismi di controllo (i c.d. “organismi notificati”) a procedure di valutazione di conformità per ottenere la marcatura CE ed essere commercializzati nel mercato interno.
Per rendere più rapide tali procedure durante l’emergenza COVID e focalizzare il controllo sui prodotti rischiosi, con la Raccomandazione (UE) 2020/403 la Commissione ha indicato i criteri con cui individuare le soluzioni tecniche che possono essere considerate soddisfacenti (ad esempio, quelle basate sulle raccomandazioni dell’OMS). La Raccomandazione prevede anche che le autorità di vigilanza del mercato possano autorizzare, per un periodo di tempo limitato, l’immissione in commercio di dispositivi medici per i quali le procedure di valutazione di conformità non siano state completate, dopo aver constatato che essi garantiscono un adeguato livello di salute e di sicurezza. La Raccomandazione prevede, altresì, la possibilità che anche i dispositivi medici privi della marcatura CE possano essere valutati e acquistati dalle autorità competenti degli Stati membri, purché sia garantito che tali prodotti siano resi disponibili unicamente agli operatori sanitari per la durata dell’emergenza e che non siano introdotti nei circuiti regolari di distribuzione emessi a disposizione di altri utilizzatori. Gli Stati sono tenuti ad informare la Commissione e gli altri Stati membri di eventuali regimi temporanei concessi ai dispositivi medici.
In più, la Commissione ha proposto il rinvio di un anno dell’applicazione del Regolamento (UE) 2017/745 del Parlamento europeo e del Consiglio, prevista il 26 maggio 2020. Ciò in ragione del fatto che, stabilendo procedure più complesse per la designazione degli organismi notificati e per l’immissione sul mercato di dispositivi medici, l’entrata in vigore di tale Regolamento avrebbe ostacolato gli sforzi degli Stati volti ad aumentare la quantità di tali prodotti a disposizione delle strutture sanitarie e dei consumatori. Tale rinvio è stato approvato dal Parlamento europeo e dal Consiglio con il Regolamento (UE) 2020/561 del 23 aprile 2020 (cfr. D. Fairgrieve e al., Products in a Pandemic: Liability for Medical Products and the Fight against Covid-19, in European Journal of Risk Regulation, 20 May 2020)
Le misure illustrate introducono una forte elasticità rispetto alle regole e procedure relative alla disciplina dei prodotti rischiosi. Vale evidenziare, però, che la riduzione dei tempi e la semplificazione delle procedure riguardano solo l’aspetto “burocratico/procedurale” delle valutazioni di conformità e che in alcun caso è prevista la possibilità che siano immessi in commercio dispositivi di cui non sia verificata la rispondenza a standard minimi di salute e sicurezza.
Un esempio è dato dalla disciplina italiana sulla produzione e commercializzazione di DPI durante l’emergenza. Già il D.L. 9 del 2 marzo 2020, art. 34, aveva autorizzato, fino al termine dello stato di emergenza, il Dipartimento della protezione civile e i soggetti attuatori da esso individuati all'utilizzo di DPI (in particolare mascherine) privi di marcatura CE previa valutazione da parte dell'Istituto Superiore di Sanità. Il D.L. 18 del 17 marzo 2020, art. 15, ha poi previsto che, fino al termine dello stato di emergenza, i produttori e gli importatori delle mascherine chirurgiche, nonché coloro che li immettono in commercio, inviano all'Istituto Superiore di Sanità e all’INAIL una autocertificazione nella quale, sotto la propria esclusiva responsabilità, attestano le caratteristiche tecniche delle mascherine e dichiarano che le stesse rispettano tutti i requisiti di sicurezza di cui alla vigente normativa. L'Istituto Superiore di Sanità e l’INAIL, nel termine di 3 giorni dalla ricezione, devono pronunciarsi circa la rispondenza delle mascherine chirurgiche alle norme vigenti. Qualora, all'esito della valutazione, i prodotti risultino non conformi alle vigenti norme, il produttore ne cessa immediatamente la produzione e all'importatore è fatto divieto di immissione in commercio. La legge n. 27 del 24 aprile 2020, art. 1, co. 2, ha convertito in legge il D.L. 18/2020 e abrogato il D.L. 9/2020, specificando che “restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici” sorti sulla base del decreto.
Oltre alla Commissione, anche alcune agenzie stanno svolgendo un ruolo fondamentale in termini di valutazione dei rischi e standardizzazione.
Sul fronte della valutazione del rischio è da rimarcare che l’ECDC è stata tempestiva nell’individuare la rischiosità del COVID – 19 e nell’allertare le istituzioni dell’Unione e gli Stati (A. Alemanno, The European Response to COVID19. From Regulatory Emulation to Regulatory Coordination, in European Journal of Risk Regulation, Special Issue, April 2020). Infatti, l’ECDC ha effettuato il primo Rapid Risk Assessment relativo al coronavirus il 9 gennaio 2020 e ha dichiarato “alto” il livello di rischio per l’UE fin dal 26 gennaio 2020, in seguito alla registrazione dei primi tre casi importati dalla Cina in Francia. Il 31 gennaio 2020, a causa dell’individuazione di casi di positivi asintomatici in Germania, l’ECDC ha evidenziato il rischio di una rapida diffusione in Europa qualora tali casi non fossero stati rapidamente intercettati. A partire dal 23 febbraio 2020, esso ha segnalato il progressivo aumento di focolai di origine locale in alcune regioni italiane, sottolineando il rischio del verificarsi di situazioni analoghe anche in altri Stati membri. Da quel momento, ha prodotto numerosi Risk Assessment, l’ultimo dei quali, pubblicato il 15 maggio 2020, riguarda l’esigenza di intensificare le ricerche sulla possibile interrelazione tra il COVID-19 e la sindrome infiammatoria pediatrica c.d. di Kawasaki.
Appare evidente lo sforzo dell’ECDC di acquisire nel più breve tempo possibile una conoscenza ad ampio raggio del virus e delle sue implicazioni per adottare adeguate misure di prevenzione e di tracciamento dei contagi e per favorire l’individuazione di farmaci e vaccini efficaci.
Sul fronte della standardizzazione di metodi veloci e sicuri di individuazione di farmaci e vaccini, l’EMA fin dal 4 febbraio 2020 ha istituito una fast-track per i pareri scientifici propedeutici alla messa a punto di farmaci in grado di contrastare il COVID. Tale procedura accelerata è attualmente impiegata per la valutazione del farmaco antivirale Remdesivir, e si è chiusa il 15 maggio 2020 con la richiesta di ulteriori dati e l’invito a fare una richiesta di autorizzazione condizionata di immissione in commercio.
L’EMA e la Commissione hanno anche adottato linee guida, costantemente aggiornate, per lo svolgimento di clinical trials, finalizzate a stabilire standard minimi di valutazione del rischio, di tutela della sicurezza dei partecipanti e di consenso informato che vanno rispettati anche in caso di semplificazione delle procedure (cfr., da ultimo, la guida elaborata congiuntamente dall’EMA e dal United States Food and Drug Administration per la sottomissione alle due agenzie di piani di ricerca pediatrica per la prevenzione e il trattamento del COVID-19, 29 maggio 2020). Nel contempo è stata elaborata una guida (costantemente aggiornata) sugli aspetti di natura regolativa relativa ai medicinali durante la pandemia COVID-19, finalizzata a velocizzare le procedure di immissione in commercio dei farmaci utilizzati nel contrasto al virus. L’EMA ha, inoltre, lanciato un sistema di monitoraggio per la disponibilità dei farmaci utilizzati nel contrasto al COVID, contribuendo così agli sforzi della Commissione finalizzati a garantire la sicurezza degli approvvigionamenti.
Anche l’ECHA ha adottato raccomandazioni per velocizzare, nel rispetto degli standard di sicurezza e valutazione del rischio, l’autorizzazione della produzione di disinfettanti antivirali.
Stabilendo procedure di autorizzazione più rapide ed efficaci, le tre agenzie stanno contribuendo in maniera significativa ad assicurare la disponibilità di prodotti sanitari necessari nel rispetto della qualità e della sicurezza per la salute nonché della rigorosa valutazione del rischio.
4. Come è noto, l’Unione si è dotata di un meccanismo di controllo sugli investimenti esteri diretti (IDE) con il Regolamento (UE) 2019/452, che prevede: a) l’adozione da parte di ciascuno Stato membro di un meccanismo finalizzato a controllare gli IDE nel suo territorio per motivi di sicurezza o di ordine pubblico; b) l’attivazione di un meccanismo di cooperazione, basato sullo scambio di informazioni in merito a eventuali IDE sottoposti al controllo, finalizzato a consentire agli altri Stati di formulare osservazioni e alla Commissione di emettere un parere su tale investimento; c) la possibilità per uno Stato di formulare osservazioni e per la Commissione di presentare un parere su un investimento in corso in uno Stato membro ma non sottoposto a controllo da parte di quest’ultimo; d) la possibilità per la Commissione di emettere un parere su un investimento in atto in uno Stato membro che possa, a suo avviso, incidere su progetti e programmi di investimento dell’Unione. Tra i fattori che gli Stati e la Commissione possono tenere in considerazione per valutare i rischi dell’investimento sono inclusi “i suoi effetti potenziali…a livello di: a) infrastrutture critiche, tra cui … la salute”. La procedura indicata dal Regolamento cerca di bilanciare la sicurezza degli interessi dell’Unione con il mantenimento da parte degli Stati di autonomia decisionale in merito all’attrazione degli investimenti. Infatti, per quanto debba tenere in alta considerazione le osservazioni degli altri Stati e il parere della Commissione, ciascuno Stato resta libero di decidere in merito all’investimento. Il meccanismo previsto dal Regolamento dovrebbe entrare in vigore l’11 ottobre 2020.
Con gli "Orientamenti agli Stati membri per quanto riguarda gli investimenti esteri diretti e la libera circolazione dei capitali provenienti da paesi terzi, nonché la protezione delle attività strategiche europee, in vista dell'applicazione del Regolamento(UE) 2019/452” del 25 marzo 2020, la Commissione ha messo in evidenza che, tra le possibili conseguenze dell'attuale shock economico, vi è un aumento del rischio di tentativi di acquisizione, tramite IDE, di aziende della filiera dell'assistenza sanitaria (ad esempio la produzione di dispositivi medici o di protezione) o di settori correlati, quale quello degli istituti di ricerca (ad esempio per lo sviluppo di vaccini). Per evitare questo pericolo, la Commissione ha di fatto invitato gli Stati membri ad una parziale applicazione anticipata del Regolamento, utilizzando i meccanismi di controllo da essi già attivati sugli IDE o creando meccanismi ad hoc per intercettare i rischi per “le infrastrutture sanitarie critiche, per l'approvvigionamento di fattori produttivi critici e per altri settori critici”. Il controllo deve essere operato anche su investimenti che non rientrano tra gli IDE, come gli investimenti di portafoglio, verificandone la compliance con le norme in materia di libera circolazione dei capitali. In particolare, la Commissione ha messo in evidenza che gli “acquisti predatori” di asset strategici da parte di investitori di paesi terzi può giustificare l’applicazione dell’eccezione di cui all’art. 65 TFUE, in base alla quale le norme sulla libera circolazione dei capitali non pregiudicano il diritto degli Stati membri di adottare misure giustificate da motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza (cfr. causa C- 531/06, Commissione c. Italia, §51: “la tutela della sanità pubblica figura tra i motivi imperativi di interesse pubblico…”). Secondo la Commissione, tale eccezione può giustificare misure restrittive finalizzate a garantire la sicurezza di approvvigionamento di certi beni e l’erogazione di servizi pubblici essenziali quando misure meno restrittive non siano sufficienti ad evitare un pericolo serio ed effettivo ad un fondamentale interesse della società. Nel contempo, la Commissione sottolinea che, in caso di IDE in imprese la cui valutazione sul mercato dei capitali sia molto al di sotto del valore reale ed intrinseco, la possibilità di introdurre restrizioni deve essere valutata tenendo in considerazione l’impatto attuale e potenziale di questi investimenti sulla salvaguardia dell’interesse pubblico. Secondo la Commissione è, in particolare, necessario verificare se l’investimento comporti un’eccessiva dipendenza dello Stato di destinazione dalla fornitura di beni e servizi delle imprese dello Stato d’origine dell’investimento.
Va sottolineato che, perseguendo l’obiettivo di evitare la perdita di controllo sugli asset strategici europei e nel contempo di garantire la sicurezza dell’approvvigionamento di prodotti sanitari, gli Orientamenti della Commissione contribuiscono anche ad assicurare alle istituzioni dell’Unione e agli Stati membri la possibilità di operare un monitoraggio più serrato sulle materie prime impiegate e sui processi produttivi delle industrie operanti nel settore sanitario a tutela della sicurezza e della qualità dei prodotti immessi sul mercato europeo, nonché dei lavoratori.
Riguardo all’Italia è da segnalare che, se nella fase acuta dell’emergenza ha condiviso le preoccupazioni della Commissione verso gli IDE, nell’attuale fase, “c.d. di rilancio”, appare più aperta nei confronti degli investimenti stranieri. Infatti, in un primo momento, con il D.L. 23 dell’8 aprile 2020, art. 15, adottato nel pieno dell’emergenza, l’Italia ha rafforzato la disciplina del golden power e il controllo finanche sugli investimenti intra-UE soprattutto per “gli acquisti a qualsiasi titolo di partecipazioni, da parte di soggetti esteri, anche appartenenti all'Unione europea, di rilevanza tale da determinare l'insediamento stabile dell'acquirente in ragione dell'assunzione del controllo della società la cui partecipazione è oggetto dell'acquisto…, nonché gli acquisti di partecipazioni, da parte di soggetti esteri non appartenenti all'Unione europea, che attribuiscono una quota dei diritti di voto o del capitale almeno pari al 10 per cento, tenuto conto delle azioni o quote già direttamente o indirettamente possedute, e il valore complessivo dell'investimento sia pari o superiore a un milione di euro, e sono altresì notificate le acquisizioni che determinano il superamento delle soglie del 15 per cento, 20 per cento, 25 per cento e 50 per cento”. Tale irrigidimento era probabilmente determinato dalla paura che, a fronte di un indebolimento dell’economia italiana, allora maggiormente colpita rispetto agli altri Stati europei dall’emergenza, nonché dell’inevitabile restringimento delle catene di fornitura, si potesse innescare una corsa all’accaparramento di imprese strategiche nazionali a fini non solo speculativi, ma anche di eliminazione di competitor e controllo sulla supply chain.
Con il D.L. 34 del 19 maggio 2020, c.d. Decreto Rilancio, invece, nell’ambito delle disposizioni per il rafforzamento dell’ecosistema delle start- up innovative, sono state introdotte norme tese a favorire l’attrazione di investimenti esteri. In particolare, l’art. 38, §10, prevede disposizioni più favorevoli al rilascio della tipologia di visto, introdotta dalla legge 11 dicembre 2016, n. 232, per cittadini non UE che intendono effettuare investimenti di importo significativo in aree strategiche per l’economia e per la società italiana (c.d. Investor Visa Program). Nello specifico, il D.L. 34/ 2020 dimezza le soglie minime di investimento per l’ottenimento del visto, prima stabilite a 1.000.000 di euro per le società di capitale e a 500.000 per le start-up, al fine di incentivare il ricorso al programma e colmare il gap delle imprese italiane rispetto a quelle degli altri Stati europei in termini di disponibilità di capitale di rischio. La disposizione denota una preferenza per l'attrazione di investitori extra UE, probabilmente dovuta alla loro maggiore propensione per gli investimenti di breve - medio periodo. Infatti, l’obbligo di mantenimento del capitale in una società costituita ed operante in Italia è di due anni. Tale termine non appare molto vincolante per l’investitore se solo si considera che per gli investimenti nelle Zone Economiche Speciali, che perseguono finalità analoghe all’Investor Visa, è di minimo sette anni (cfr. L. 123 del 3 agosto 2017).
L’intento sembra, quindi, quello di stimolare un’iniziale iniezione di capitale straniero di rischio e, conclusa la fase di start – up, favorire l’entrata di capitali nazionali. Aumentando la disponibilità di capitale nelle filiere produttive strategiche e nel contempo salvaguardando nel medio periodo la proprietà nazionale, l’incentivazione dell’Investor Visa deve essere inquadrata nell’ambito delle numerose misure previste dal D.L. 34/2020 per il sostegno e il rilancio del sistema produttivo italiano (cfr., in particolare, all’art. 27, l’istituzione del c.d. Patrimonio Destinato gestito dalla Cassa Depositi e Prestiti per interventi nelle società per azioni).
Non va sottovalutato, tuttavia, il rischio che anche investimenti di breve – medio periodo e di importo limitato consentano ingerenze sia sui processi produttivi che sulle catene di approvvigionamento. Ciò può riguardare anche le imprese operanti nel settore sanitario soprattutto nella fase attuale di gestione dell’emergenza e in quella successiva, c.d. “di recupero” o “resilienza”, in cui, in un’ottica di prevenzione di future ondate della pandemia, sarà necessario costituire scorte di dispositivi e farmaci, nonché predisporre processi produttivi innovativi in grado di aumentare in tempi rapidi le capacità produttive. E’, quindi, importante che gli investimenti extra UE siano sottoposti preventivamente ad uno screening attento e tempestivo, soprattutto in termini di salvaguardia dell’interesse pubblico e controllo sulle supply chain, conformemente agli Orientamenti della Commissione.
5. L'analisi proposta evidenzia il massiccio sforzo delle Istituzioni e delle agenzie europee nel garantire agli Stati membri la sicurezza dell’approvvigionamento di dispositivi sanitari e di farmaci attraverso misure che in alcuni casi (ad esempio, in materia di aiuti, di standard di produzione o di clinical trials) hanno introdotto elementi di flessibilità che incidono significativamente sull’assetto regolativo dell’Unione. E per quanto non si rinunci a principi cardine del sistema, come l’esigenza di minimizzare per quanto possibile le distorsioni del mercato e di far precedere l'adozione di decisioni in situazioni di incertezza da una corretta e rigorosa valutazione del rischio, non è da escludere che alcune scelte in termini di semplificazione procedurale e maggiore celerità possano lasciare il segno anche oltre la fase dell’emergenza.
Per quanto il supporto in termini di alleggerimento dei vincoli regolativi sia complementare e non meno rilevante dell’assistenza finanziaria offerta dalle Istituzioni (come, ad esempio, i fondi della politica di coesione o il Pandemic Emergency Purchase Programme del BCE) e dagli altri Stati (ad es. tramite il MES), i suoi effetti benefici sono meno apprezzati dagli Stati, che perseverano nella tendenza a scelte autonome, ad esempio nella gestione degli appalti, nel controllo dei dispositivi importati da paesi terzi, nella sperimentazione di nuovi farmaci o nel controllo sugli investimenti (sulle radici profonde della tendenza alla “gestione individuale e conflittuale di un problema comune agli Stati membri dell’Unione”, cfr. F. Pocar, I settant’anni dell’Unione europea nella pandemia, in Eurojus.it, 9 maggio 2020).
In questa prospettiva, il riconoscimento all’ECDC di un vero e proprio ruolo di standardizzazione dei piani di prevenzione delle pandemie, una maggiore attenzione da parte degli Stati agli standard di valutazione e gestione del rischio indicati dalla Commissione e dalle agenzie e uno screening attento e tempestivo sugli investimenti avrebbero l’effetto di rendere più omogenee e coerenti le misure per la gestione e il superamento dell’attuale crisi e per la prevenzione di emergenze analoghe.
Si eviterebbe così il rischio di un’eccessiva dipendenza dell’UE dai produttori e dagli investitori stranieri e di un progressivo abbassamento degli standard di qualità, sicurezza e tutela del consumatore dei prodotti sanitari e si favorirebbe l’avvio di una più efficace politica europea della sanità finalizzata al coordinamento delle azioni degli Stati membri, conformemente all’art. 168 TFUE.