Il Diritto dell'Unione EuropeaEISSN 2465-2474 / ISSN 1125-8551
G. Giappichelli Editore

09/11/2017 - A proposito del privilegio ecclesiastico di autodeterminazione e il divieto di discriminazione: secondo l'avv. gen. Tanchev il requisito di appartenenza ad una confessione religiosa per esercitare un'attività professionale presso un'organizzazione ecclesiastica può essere soggetto allo scrutinio dei giudici

argomento: Giurisprudenza - Unione Europea

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In data 9 novembre 2017, l’avvocato generale Tanchev ha presentato le sue conclusioni sul rinvio pregiudiziale C-414/16, Egenberger, proposto dal Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro, Germania), nell’ambito di una controversia tra la sig.ra Egenberger e un’associazione facente parte della Chiesa evangelica tedesca. La causa trae origine dal rifiuto asseritamente discriminatorio della candidatura presentata dalla sig.ra Egenberger con riguardo ad un posto di lavoro vacante presso detta associazione, per il quale era richiesta l’appartenenza ad una determinata confessione religiosa.

In tali circostanze, il giudice del rinvio si chiede, in sostanza, se rientri nel suo sindacato giurisdizionale la valutazione dell’opportunità di inserire all’interno di un siffatto avviso un requisito che imponga al candidato di appartenere ad una determinata confessione religiosa. In caso di risposta affermativa, detto giudice si chiede se il requisito in parola costituisca un requisito essenziale, legittimo e giustificato per lo svolgimento dell’attività lavorativa ai sensi dell’art. 4, par. 2, della dir. 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.

Secondo l’avvocato generale Tanchev, il giudice del rinvio può sindacare la legittimità di un requisito come quello previsto nell’avviso di cui al procedimento a quo. A suo parere, infatti, l’art. 4, par. 2, della dir. 2000/78 deve essere interpretato nel senso che un datore di lavoro, come l’associazione della Chiesa evangelica tedesca nel caso di specie, non ha la facoltà di definire autonomamente in maniera vincolante se, per la natura dell’attività o per il contesto in cui viene espletata, una determinata religione rappresenti un requisito essenziale, legittimo e giustificato per lo svolgimento dell’attività lavorativa. Nell’ambito di tale scrutinio, il giudice del rinvio deve verificare, segnatamente, se il requisito in questione sia “giustificato” ed “essenziale” ai sensi dell’art. 4, par. 2, della dir. 2000/78.

Orbene, se il requisito in parola dovesse risultare contrario a tale disposizione il giudice a quo dovrà interpretare il diritto nazionale conformemente alla direttiva, salvo ciò risulti contra legem. In quest’ultimo caso la ricorrente potrà però proporre un ricorso per responsabilità extracontrattuale nei confronti dello stato tedesco, facendo valere la citata violazione della direttiva.