Il Diritto dell'Unione EuropeaEISSN 2465-2474 / ISSN 1125-8551
G. Giappichelli Editore

25/10/2017 - Sentenza Polbud: il trasferimento della sede legale di una società verso un altro Stato membro non può essere soggetto ad un obbligo generale di previa liquidazione

argomento: Giurisprudenza - Unione Europea

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Con sentenza del 25 ottobre 2017 (C-106/16), la Corte di giustizia ha risposto alla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia) vertente sull’interpretazione degli artt. 49 e 54 TFUE, nell’ambito di un ricorso presentato dalla Polbud – Wykonawstwo sp. z o.o. (“Polbud”) avverso la decisione di rigetto della sua istanza di cancellazione dal registro delle imprese polacco, in seguito al trasferimento della propria sede legale in Lussemburgo. Il giudice del rinvio si chiede, in sostanza, se gli artt. artt. 49 e 54 TFUE ostino alla normativa di uno Stato membro che subordina il trasferimento della sede legale di una società verso il territorio di un altro Stato membro – ai fini della sua trasformazione in una società retta dal diritto di quest’ultimo – alla liquidazione di tale società.

La Corte ha giudicato che l’obbligo di liquidazione previsto dalla normativa polacca in questione costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento. Difatti, tale normativa è idonea ad ostacolare, se non addirittura ad impedire, la trasformazione transfrontaliera di una società.

La Corte ha poi affermato che tale restrizione va al di là di quanto necessario a perseguire l’obiettivo della tutela dei creditori, dei soci di minoranza e dei dipendenti della società trasferita. A tale riguardo, la Corte ha sottolineato che l’obbligo di liquidazione previsto da tale normativa non tiene conto del rischio effettivo di una lesione degli interessi dei creditori, dei soci di minoranza e dei dipendenti e non consente di optare per misure meno restrittive capaci di salvaguardare detti interessi – quali, ad esempio, la costituzione di garanzie bancarie o di altre garanzie equivalenti.

D’altro canto, la restrizione in parola non può nemmeno essere giustificata in ragione dell’obiettivo di contrastare le pratiche abusive. In particolare, dal momento che l’obbligo generale di attuare una procedura di liquidazione si risolve nel costituire una presunzione generale di esistenza di un abuso, esso non è proporzionato al perseguimento di siffatto scopo.