argomento: Giurisprudenza - Unione Europea
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La Corte di giustizia, con sentenza del 7 giugno 2016, resa nel caso Affum (causa C-47/15), ha chiarito, anzitutto, che le disposizioni della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (c.d. “direttiva rimpatri”), devono essere interpretate nel senso che un cittadino di un paese terzo soggiorna in modo irregolare nel territorio di uno Stato membro ricadendo, pertanto, nell’ambito di applicazione di tale direttiva, quando, senza soddisfare le condizioni d’ingresso, di soggiorno o di residenza, transita in tale Stato membro in quanto passeggero di un autobus, proveniente da un altro Stato membro, appartenente allo spazio Schengen, e diretto in un terzo Stato membro al di fuori di detto spazio.
Ciò posto, sempre secondo i giudici di Lussemburgo, la direttiva rimpatri osta alla normativa di uno Stato membro (nel caso di specie, la Francia) che consenta, in conseguenza del mero irregolare ingresso attraverso una frontiera interna, il quale determina il soggiorno irregolare, la reclusione di un cittadino di un paese terzo, nei confronti del quale non sia stata ancora conclusa la procedura di rimpatrio prevista dalla direttiva stessa. Tale interpretazione – precisa la Corte – vale anche nel caso in cui il cittadino in questione possa essere “ripreso” da un altro Stato membro, in applicazione di un accordo o di un’intesa conclusi ai sensi della medesima direttiva.