argomento: Giurisprudenza - Unione Europea
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Investita di due controversie vertenti sull’obbligo generale imposto in Svezia e nel Regno Unito ai fornitori di servizi di comunicazione elettronica di conservare i dati relativi a tali comunicazioni, sulla base della direttiva del 2006 sulla conservazione dei dati (direttiva 2006/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006), direttiva peraltro dichiarata invalida sulla base di una sua precedente sentenza (8 aprile 2014, cause riunite C-293/12 e C-594/12, Digital Rights Ireland e Seitlinger e.a.), la Corte di giustizia ha affermato il 21 dicembre 2016 (sentenza nelle cause riunite C-203/15 e C-698/15, Tele2 Sverige AB c. Post- och telestyrelsen e Secretary of State for the Home Department c. Tom Watson e a.) che il diritto dell’Unione europea (nella fattispecie la direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche, come modificata dalla direttiva 2009/136/CE del 25 novembre 2009, letta alla luce degli articoli 7, 8 e 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali) osta a una conservazione generalizzata e indifferenziata dei dati relativi al traffico e dei dati relativi all’ubicazione, ma è consentito agli Stati membri prevedere, a titolo preventivo, la conservazione mirata di tali dati al solo scopo di lottare contro gravi fenomeni di criminalità, a condizione che tale conservazione di dati sia limitata allo stretto necessario per quanto riguarda le categorie di dati da conservare, i mezzi di comunicazione interessati, le persone implicate, nonché la durata di conservazione prevista. In ogni caso, l’accesso delle autorità nazionali ai dati conservati deve essere assoggettato a condizioni, tra cui in particolare un controllo preventivo da parte di un’autorità indipendente e la conservazione dei dati nel territorio dell’Unione.