Il presente contributo si pone l’obiettivo di analizzare la decisione con cui la Corte federale di giustizia tedesca (Bundesgerichtshof) ha dato seguito alla sentenza della Corte di giustizia resa nel caso Achmea. In quest’ultima pronuncia, com’è noto, i giudici di Lussemburgo hanno affermato che l’arbitrato istituito sulla base di un accordo per la promozione e la tutela reciproche degli investimenti concluso tra Stati membri dell’Unione (c.d. arbitrato intra-UE) è incompatibile con il diritto dell’Unione, ed in particolare con l’art. 344 TFUE. Per questo motivo, la sentenza Achmea è apparsa fin da subito in grado di spiegare i suoi effetti ben aldilà della singola controversia da cui essa trae origine, evocando in modo diretto complesse questioni di natura sistemica di difficile risoluzione, come il conflitto tra gli obblighi di diritto internazionale incombenti sugli Stati membri e la necessità di salvaguardare la supremazia del diritto dell’Unione. L’importanza di tali questioni non sembra essere sfuggita al giudice tedesco, che ha infatti formulato alcuni importanti rilievi in merito. In questo senso, la decisione qui analizzata rappresenta un primo, importante sviluppo di una vicenda che appare in piena evoluzione non soltanto sul piano strettamente giuridico.
The aim of this article is to examine the decision of Germany’s Federal Court of Justice (Bundesgerichtshof), with which the German highest court has followed up on the ruling rendered by the Court of Justice in the Achmea case. As is well known, in this ruling the Luxembourg Court has stated that international arbitration constituted under bilateral investment agreements concluded between Member States of the EU (so-called intra-EU arbitration) is incompatible with EU law, particularly with Article 344 TFEU. In the aftermath of the Achmea judgment, its far-reaching consequences became immediately apparent. After all, the ruling raised complex systemic issues that cannot be resolved easily, such as the need to safeguard the supremacy of the EU legal order while taking into account the status under international law of agreements validly concluded by the Member States. The complexities involved in this case have not escaped the German court’s attention, which has formulated some extremely interesting points. Therefore, this article provides an insightful analysis of a rapidly evolving issue.
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I. Introduzione. - II. La lunga battaglia processuale tra Achmea B.V. e la Repubblica slovacca. - III. Analisi della sentenza del Bundesgerichtshof: l’invalidità dell’accordo di arbitrato tra Paesi Bassi e Slovacchia. - IV. Le reazioni sul piano internazionale alla sentenza Achmea ed il ridimensionamento della sua portata da parte di alcuni tribunali arbitrali. - V. Le principali ripercussioni della sentenza del BGH. - VI. Conclusioni. - NOTE
Con sentenza resa il 31 ottobre 2018 [1], la Corte federale di giustizia tedesca (Bundesgerichtshof, qui di seguito “BGH”), si è rifiutata di dare esecuzione ad un lodo arbitrale emanato da un tribunale UNCITRAL nel caso Achmea B.V. v. The Slovak Republic [2]. Con tale decisione, la Suprema Corte tedesca si è conformata alle indicazioni fornite dalla Corte di giustizia nella ormai nota pronuncia resa nell’ambito di un rinvio pregiudiziale promosso dallo stesso BGH [3]. In quella pronuncia, com’è noto, i giudici di Lussemburgo hanno affermato, in sintesi, che l’arbitrato istituito sulla base di un accordo per la promozione e la tutela reciproche degli investimenti tra il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica federale ceca e slovacca (TBI) è incompatibile con il diritto dell’Unione, ed in particolare con l’art. 344 TFUE [4]. Figurando, infatti, il diritto dell’Unione nella lista delle fonti di diritto applicabili nelle controversie avviate ai sensi dell’art. 8 dello stesso TBI, l’istituzione di un procedimento arbitrale costituiva, ad avviso della Corte di giustizia, una violazione del divieto, stabilito dalla citata disposizione del TFUE, di avvalersi di strumenti di risoluzione delle controversie aventi ad oggetto il diritto dell’Unione diversi da quelli previsti dai Trattati. La decisione del BGH, sebbene scontata nell’esito, rappresenta la prima e più immediata ripercussione della sentenza Achmea, che appare destinata ad avere un impatto rilevante su una serie di procedimenti arbitrali attualmente pendenti scaturiti dai numerosi TBI conclusi tra Stati membri dell’UE del tutto equivalenti a quello oggetto del sindacato della Corte nel caso Achmea [5], nonché sull’eventuale, futuro contenzioso che potrà risultare da questi stessi accordi negli anni a venire. Al fine di meglio comprendere il contesto nel quale si inserisce tale decisione, appare opportuno fare un passo indietro, rievocando sommariamente le vicende relative alla genesi dei TBI intra-UE. Com’è noto, a seguito del crollo dei regimi socialisti nei paesi dell’Europea centrale ed orientale, e prima della grande ondata di adesioni avvenuta tra il 2004 ed il 2007 (c.d. allargamento ad Est), numerosi Stati membri dell’UE avevano concluso svariati TBI con quei paesi che, qualche anno più [continua ..]
Le vicende fattuali che hanno portato alla sentenza in questione sono ben note. Nel 2008, a seguito dell’approvazione di una serie di misure recanti modifiche alla legislazione relativa al settore delle assicurazioni sanitarie da parte della Slovacchia, l’investitore olandese Achmea B.V. avviava un procedimento arbitrale contro detto Stato sulla base del TBI concluso con i Paesi Bassi nel 1992 [13]. Nel corso del procedimento arbitrale, la Repubblica Slovacca contestava la giurisdizione del tribunale costituito ai sensi delle norme UNCITRAL, sostenendo che, a seguito dell’adesione della Repubblica Slovacca all’Unione Europea, il TBI in questione era da considerarsi estinto ai sensi del combinato disposto dei già citati artt. 30 e 59 CVDT [14]. La Commissione europea, dal canto suo, adduceva altresì elementi fondati esclusivamente sul diritto dell’Unione, come, ad esempio, il divieto di cui all’art. 344 TFUE [15], che sarà poi valorizzato, come si vedrà in seguito, dalla Corte di Giustizia. Il tribunale arbitrale, tuttavia, con i lodi pronunciati rispettivamente il 26 ottobre del 2010 ed il 7 dicembre 2012, dapprima rigettava le obiezioni preliminari relative all’assenza di giurisdizione riconducibile alla sopravvenuta estinzione del TBI; infine, accoglieva le doglianze dell’investitore, concedendo un risarcimento in forma pecuniaria pari a circa 22 milioni di euro. Di conseguenza, essendo la città di Francoforte la sede designata per lo svolgimento dell’arbitrato, Achmea B.V. avviava il procedimento di riconoscimento ed esecuzione del lodo in Germania. Ai sensi dell’art. V della Convenzione di New York del 10 giugno 1958 [16], di cui la Germania è parte contraente, l’esecuzione dei lodi stranieri può essere negata soltanto nei casi eccezionali ivi elencati [17]. Nel caso di specie, tuttavia, la Repubblica slovacca si opponeva fin da principio all’esecuzione del lodo, reiterando le obiezioni formulate in sede di merito. Le doglianze slovacche venivano nuovamente rigettate dal giudice esecutivo dell’Alta Corte regionale di Francoforte [18], il quale si rifiutava di sollevare una questione di interpretazione del diritto dell’UE ai sensi dell’art. 267 TFUE, ritenendo, evidentemente, che non vi fossero dubbi interpretativi [19]. Contrariamente al giudice di prime cure, tuttavia, [continua ..]
Una volta chiarito il contesto nel quale si inserisce la decisione del BGH, appare ora opportuno esaminare nel dettaglio le motivazioni della sentenza del giudice di Francoforte, le quali, come si vedrà, sembrano in grado di fornire interessanti spunti di riflessione. Per ovvi motivi, saranno trascurati quegli aspetti inerenti il diritto tedesco che non presentano particolare rilevanza sul piano sovranazionale. Come detto, nella sentenza Achmea la Corte di giustizia si è limitata a constatare l’incompatibilità con il diritto dell’Unione dell’arbitrato internazionale ai sensi dell’art. 8(6) del TBI, in base alle norme dello stesso ordinamento giuridico dell’Unione. Secondo il BGH, in estrema sintesi, la conseguenza principale della pronuncia della Corte consisterebbe nel rendere invalido il consenso ad arbitrare prestato dalla Slovacchia ai sensi dell’art. 8(6) del TBI, cioè a dire la c.d. offerta unilaterale di arbitrato [24]. Detto consenso, sebbene validamente prestato al momento della stipula del TBI, sarebbe venuto meno, in quanto divenuto inesistente sul piano internazionale, a partire dalla data di adesione all’UE dello Stato membro in questione. La plausibilità di tale tesi, dal punto di vista del diritto internazionale, verrà meglio analizzata in seguito. Per il momento, sia sufficiente sottolineare come tale rilievo abbia consentito al giudice di Francoforte di far leva su una disposizione del codice civile tedesco, in particolare l’art. 1059(2)(1)(a), ai sensi del quale l’invalidità di un compromesso arbitrale, al quale, nel diritto tedesco, sarebbe equiparabile la sua inesistenza sopravvenuta, investe la validità del lodo e di conseguenza la sua efficacia esecutiva [25]. Non è necessario, in questa sede, dilungarsi sugli argomenti formulati da Achmea B.V. a favore dell’eseguibilità del lodo arbitrale [26]. Appare opportuno, tuttavia, analizzare più da vicino la tesi, sostenuta dalla difesa dell’investitore, secondo cui il TBI, e con esso l’offerta di arbitrato in esso contenuta, resterebbe in ogni caso in vigore e sarebbe quindi applicabile ai sensi del diritto internazionale. In altre parole, secondo la difesa dell’investitore, la sentenza della Corte di giustizia, pur avendo l’effetto di rendere invalido il TBI (rectius: l’arbitrato [continua ..]
In favore dell’inevitabilità di tale conflitto normativo sembrano deporre, peraltro, le reazioni alla sentenza Achmeaprodottesi sul piano internazionale già prima della decisione del BGH. Essa, in particolare, è stata oggetto di contesa in tre diversi arbitrati internazionali, in cui gli Stati convenuti, in quanto Stati membri dell’Unione europea, hanno invariabilmente invocato detta decisione nel vano tentativo di ostacolare il prosieguo del procedimento arbitrale. Con argomentazioni non del tutto convincenti, tuttavia, i tribunali arbitrali in questione hanno tutti rigettato le obiezioni sollevate dagli Stati membri, rifiutando così di riconoscere un impatto diretto della sentenza Achmea sugli arbitrati pendenti dinanzi ad essi, confermando quindi il contrasto esistente tra la dimensione giuridica internazionale e quella eurounitaria. Il primo procedimento arbitrale che merita menzione in questa sede è quello relativo al caso Masdar Solar & Wind Cooperatief U.A. v. Kingdom of Spain, in cui un investitore (ancora una volta) olandese contestava l’abolizione, da parte della Spagna, di incentivi di varia natura nel settore dell’energia solare. Si trattava, in questo caso, di un arbitrato ICSID avviato non sulla base di un TBI, bensì in virtù delle disposizioni del Trattato sulla Carta dell’energia. Quest’ultimo è un trattato multilaterale di cui sia la Spagna che i Paesi Bassi, nonché la stessa Unione europea, sono parti contraenti [39]. È opportuno precisare come lo Stato convenuto, sostenuto dalla Commissione in qualità di amicus, avesse fatto valere, già in sede di eccezioni preliminari, l’esistenza di un difetto di giurisdizione del tribunale arbitrale, fondato, tra le altre cose, sulla primazia del diritto dell’Unione rispetto al Trattato sulla Carta dell’energia [40]. Sebbene gli argomenti (di diritto internazionale) a sostegno dell’invalidità del Trattato in questione siano almeno in parte diversi da quelli utilizzabili in riferimento ai TBI intra-UE, non foss’altro perché la stessa Unione ne è parte contraente, il ragionamento effettuato sopra in relazione al principio di primazia appare applicabile in maniera non dissimile ad entrambi gli strumenti pattizi. Il tribunale ICSID, tuttavia, aveva rigettato l’eccezione [continua ..]
In virtù dell’analisi fin qui sviluppata, appare opportuno svolgere alcune considerazioni di natura generale sulle possibili ripercussioni della decisione presa dal BGH. In primo luogo, l’impostazione seguita dal giudice di Francoforte sembra destinata a riverberarsi negativamente sulla possibilità di dare esecuzione sul territorio tedesco ai lodi arbitrali derivanti da TBI intra-UE. Giova rilevare, infatti, che l’art. 1059 del codice civile tedesco è modellato sull’art. V(1)(a) della Convenzione di New York, cui sostanzialmente esso dà attuazione sul piano interno. L’invalidità dell’accordo di arbitrato, d’altronde, può essere annoverata tra le cause più comuni di opposizione in sede esecutiva. La giurisprudenza interna in materia, pertanto, è piuttosto abbondante [63]. È ragionevole pensare, quindi, che la decisione del BGH possa rappresentare un ostacolo insormontabile per l’esecuzione dei lodi intra-UE nell’ordinamento giuridico tedesco. Tale considerazione potrebbe incontrare al massimo due possibili limitazioni, l’una imperniata su un argumentum a contrariis fondato su uno specifico passaggio della sentenza in discorso; l’altra, invece, intrinseca alla natura stessa del sistema di arbitrato internazionale in materia di investimenti, come peraltro già emerso con chiarezza all’indomani della sentenza Achmea. Quanto al primo limite, occorre sottolineare come il BGH, nel rigettare l’argomento formulato da Achmea B.V. secondo cui il contraente di malafede non avrebbe potuto beneficiare della protezione contro i vizi del consenso accordata dall’art. 1059 del codice civile tedesco (e quindi dell’art. V(1)(a) della Convenzione di New York) [64], abbia espressamente richiamato il fatto che la Repubblica slovacca ha fin da principio, e per tutta la durata della controversia, sostenuto l’incompatibilità del TBI con il diritto dell’Unione. Ciò avrebbe dunque deposto in favore della buona fede dello Stato convenuto [65]. Ragionando a contrario, si può forse ipotizzare che il giudice di Francoforte sarebbe giunto ad una conclusione diversa se la Repubblica slovacca non avesse continuativamente sollevato detta eccezione sul piano internazionale. Ciò, a sua volta, potrebbe significare che l’atteggiamento tenuto dagli [continua ..]
In un recente studio pubblicato dall’UNCTAD sull’arbitrato internazionale generato dai TBI intra-UE, aggiornato al 31 luglio 2018, sembra emergere abbastanza chiaramente che il numero di procedimenti arbitrali avviati nel corso di tale anno solare sia in netto calo rispetto agli anni precedenti [74]. Per ovvie ragioni, non è possibile affermare con certezza che tale diminuzione sia la diretta conseguenza di una sorta di effetto deterrente provocato dalla sentenza Achmea. Tuttavia, trattandosi, in fondo, di un crollo quasi verticale (i nuovi casi sono, infatti, più che dimezzati) è plausibile sostenere che i recenti sviluppi giurisprudenziali abbiano indotto gli investitori a desistere dall’avviare un contenzioso che si presenta a dir poco incerto. Non è escluso, peraltro, che alcuni abbiano seguito altre strade. Sotto questo profilo, infatti, è opportuno sottolineare come la Corte di giustizia nella sentenza Achmea si sia limitata a rilevare l’incompatibilità con il diritto dell’Unione non già del TBI in quanto tale, bensì soltanto dell’arbitrato da esso contemplato. Ciò significa che, a stretto rigore e fino a pronuncia in senso contrario, detto accordo può essere validamente invocato in una sede processuale diversa dal tribunale arbitrale internazionale, a cominciare ovviamente dai tribunali interni dello Stato membro interessato. Non a caso, è stato lo stesso BGH a fare espresso riferimento ad una tale evenienza: nel rigettare un argomento della parte privata fondato, in sostanza, sul diniego di giustizia che sarebbe derivato dalla mancata esecuzione del lodo arbitrale, il giudice tedesco ha ricordato come l’immutata disponibilità delle corti slovacche arebbe comunque rappresentato un rimedio alternativo ed effettivo per l’investitore nel caso di specie, rendendo quindi infondata detta eccezione. [75] Non si può del tutto escludere, quindi, che le incertezze derivanti da un quadro giuridico in evoluzione a causa dei recenti sviluppi giurisprudenziali abbiano indotto gli investitori ad avvalersi di rimedi alternativi, quali i ricorsi messi a disposizione dal diritto interno degli Stati membri interessati, nonché eventualmente l’arbitrato commerciale. Resta ancora da capire, tuttavia, quale sarà l’atteggiamento dei tribunali interni [continua ..]