Il Diritto dell'Unione EuropeaEISSN 2465-2474 / ISSN 1125-8551
G. Giappichelli Editore

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La responsabilità dello Stato per atti del potere giudiziario: dalla sentenza Köbler alla sentenza Ferreira da Silva e Brito (di Paolo Mengozzi, Avvocato generale presso la Corte di giustizia dell’Unioneeuropea, Lussemburgo)


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This essay analyzes the application of the general principle of State liability, as laid down in Francovich case-law, to the activity of national courts. Firstly, the author recalls that this development, which was envisaged in Köbler and was laid down in Traghetti del Mediterraneo and Ferreira Da Silva e Brito a) has taken place in respect of the activity of national courts of last instance and b) has been characterized by its exceptional nature and as far as sufficiently serious breaches of EU law were concerned, including the non-respect of Art. 267(3) TFEU. Secondly, he stresses the difference between the above-mentioned development and the affirmation of a distinct general principle of State liability for its internal rules concerning national courts’behaviors. Thirdly, the author underlines a) the impact that such difference had on the adoption of the Italian Law 18/2005 on State liability and b) the inadequacy of this Law to comply with the Traghetti del Mediterraneo ruling in Italy.

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SOMMARIO:

I. Il principio generale di responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario. - II. L’evocazione in Köbler di tale principio con riferimento all’attività di giudici di ultima istanza e l’indicazione a) delle condizioni per la sua applicazione. - III. (Segue). e b) del carattere eccezionale della sua applicabilità in casi di violazione manifesta del diritto comunitario. - IV. L’applicazione del principio fatta in Traghetti del Mediterraneo per affermare la contrarietà al diritto comunitario della legge italiana 117/1988. - V. (Segue). Il più diretto contributo alla tutela dei diritti attribuiti ai singoli dal diritto dell’Unione risultante dalla sua applicazione in Ferreira da Silva e Brito. - VI. L’affermazione in Commissione c. Italia di un distinto principio generale di responsabilità dello Stato per sue regole interne concernenti il comportamento di suoi giudici. - VII. Le ragioni che nelle prime tre sentenze hanno indotto la Corte a ritenere lo Stato eccezionalmente responsabile per violazione manifesta del diritto dell’Unione. - VIII. Il distinto principio generale affermato dalla Corte in Commissione c. Italia. - IX. Il riverbero di detta distinzione sull’adozione della legge italiana 18/2005 e l’insufficienza di questa a dare attuazione in Italia alla sentenza Traghetti del Mediterraneo. - NOTE


I. Il principio generale di responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario.

La Corte di giustizia, partendo dal principio che l’ordinamento giuridico comunitario ha come destinatari, non solo gli Stati membri, ma anche i loro cittadini [2], ha assunto rilevanti posizioni a tutela dei singoli traendole, oltre che dai trattati istitutivi, pure da direttive a cui alcuni Stati membri hanno mancato di adeguarsi. A questo modo, anche se, secondo il Trattato, non sono direttamente applicabili, la Corte di giustizia è arrivata ad attribuire effetti diretti verticali a direttive, le cui norme siano dettagliate, nei rapporti tra Stati membri e singoli, ove i primi omettano di trasporle [3]. Questo atteggiamento della Corte ha dato luogo a diseguaglianze tra soggetti privati che potevano desumere da una direttiva contenente norme dettagliate non tempestivamente attuata dei diritti nei confronti di uno Stato e altri soggetti che potevano invocare nei suoi confronti solo direttive contenenti norme non dettagliate. Nel caso Francovich [4], lamentando un tale tipo di diseguaglianza, un privato ha promosso un’azione di risarcimento danni nei confronti dello Stato italiano per non aver tempestivamente trasposto in norme interne una direttiva contenente disposizioni di questo secondo tipo. La Corte di giustizia ha superato la tradizione di Stati membri, tra cui l’Italia, secondo cui non si può agire in responsabilità nei loro confronti in ragione della loro attività o della loro inattività normativa. Ha affermato: «sarebbe messa a repentaglio la piena efficacia delle norme comunitarie e sarebbe infirmata la tutela dei diritti da esse riconosciuti se i singoli non avessero la possibilità di ottenere un risarcimento ove i loro diritti siano lesi da una violazione del diritto comunitario imputabile ad uno Stato membro» [5]. Ed ha aggiunto che «il principio della responsabilità dello Stato per danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad esso imputabili […] inerente al sistema del Trattato» [6] trova il suo fondamento nel principio di cooperazione e obbliga il responsabile della violazione ad eliminarne le conseguenze illecite. Nella successiva pronuncia Brasserie du Pêcheur [7] la Corte ha superato i dubbi che potevano sorgere da questa presa di posizione precisando, nel modo più inequivoco possibile, che la responsabilità dello Stato insorge [continua ..]


II. L’evocazione in Köbler di tale principio con riferimento all’attività di giudici di ultima istanza e l’indicazione a) delle condizioni per la sua applicazione.

In sintonia con la precisazione fatta nella sentenza Brasserie du Pêcheur, secondo cui il principio della responsabilità dello Stato deve applicarsi con «riferimento a qualsiasi ipotesi di violazione del diritto comunitario commessa da uno Stato membro, qualunque sia l’organo di quest’ultimo la cui azione od omissione ha dato origine alla trasgressione», la Corte di giustizia ha fatto fronte anche a situazioni in cui si è preteso o è stato accertato che una violazione del diritto comunitario sia scaturita da una pronuncia di giudici nazionali. Essa sin qui ha dovuto affrontare tale problema, a partire dal caso Köbler, solo con riferimento a pronunce di giudici di ultima istanza [11] perché, di fatto, è prevalsa l’idea secondo cui, a fronte di pronunce di altri giudici che non applichino correttamente il diritto comunitario, i singoli possono fare ricorso al giudice superiore e ottenere l’annullamento della decisione che ha arrecato loro pregiudizio. Nelle conclusioni che ha presentato in un procedimento di infrazione promosso dalla Commissione nei confronti dell’Italia [12], l’avvocato generale Geelhoed ha, però, rilevato che, se i giudici di grado inferiore interpretano e applicano sistematicamente in modo erroneo determinate parti del diritto comunitario, ciò può di fatto dissuadere gli interessati sia dall’agire in giudizio sia dal ricorrere in appello, con la conseguenza che anche in tali casi sarebbe possibile ravvisare elementi che consentono di accertare una violazione del Trattato [13]-[14]. Nel caso Köbler si era in presenza di una richiesta in Austria di un risarcimento di danni che il ricorrente pretendeva aver subito a causa del rigetto di una sua domanda volta ad ottenere un’indennità integrativa speciale di anzianità che il diritto austriaco attribuisce a professori universitari con quindici anni di anzianità e che gli era negata in quanto egli aveva prestato servizio, in una parte di quei quindici anni, in università di altri Paesi della Comunità. Il procedimento aperto da tale ricorso ha portato a conoscere di quella causa il Verwaltungsgerichtshof, che ha dovuto pronunciarsi sulla compatibilità con l’art. 48 CE e con la pertinente giurisprudenza del fatto che la legislazione austriaca attribuisce detta [continua ..]


III. (Segue). e b) del carattere eccezionale della sua applicabilità in casi di violazione manifesta del diritto comunitario.

(Segue). La Corte di giustizia, al punto 53 della propria pronuncia Köbler, ha affermato che la responsabilità dello Stato può sussistere solo nel caso eccezionale in cui il giudice abbia violato in maniera manifesta il diritto vigente dopo aver ricordato, al precedente punto 51, che dalla sua giurisprudenza – la giurisprudenza Francovich – emerge che, per l’insorgere di una responsabilità dello Stato – e non di una sua eccezionale responsabilità –, il diritto debba essere stato oggetto di una violazione grave e manifesta. Le due nuances che a questo modo ha introdotto con riferimento alla responsabilità per l’attività dei giudici nazionali non possono passare inosservate. Da un lato, la prima è segno che anche per il diritto dell’Unione europea l’indipendenza dei giudici nazionali costituisce un valore giuridico che va preservato considerando che la responsabilità dello Stato per la loro attività deve essere accertata con la massima prudenza [23]. D’altro lato, la seconda nuance è legata al fatto che la Corte di giustizia ha indicato che, per determinare se una violazione del diritto comunitario intervenuta in un caso concreto debba considerarsi manifesta, si deve «tener conto di tutti gli elementi che caratterizzano la controversia sottoposta» [24]: tra essi ha precisato che non si deve tener conto solo, come fatto nella pronuncia Brasserie du Pêcheur, del grado di chiarezza e di precisione della norma violata, del carattere intenzionale della violazione, della scusabilità o dell’inescusabilità dell’errore di diritto, delle posizioni adottate eventualmente da un’istituzione comunitaria, ma anche dell’eventuale mancata osservanza dell’attuale art. 267, comma 3 [25] TFUE. Il fatto che questo ulteriore elemento si verifichi generalmente in casi in cui sia lamentata la violazione del diritto dell’Unione da parte di giudici nazionali di ultima istanza, evidentemente, a suo avviso, rende tale violazione automaticamente grave escludendo un autonomo e specifico accertamento della sua gravità.


IV. L’applicazione del principio fatta in Traghetti del Mediterraneo per affermare la contrarietà al diritto comunitario della legge italiana 117/1988.

La Corte ha avuto nuovamente l’occasione di esprimersi in due casi successivi: nel caso Traghetti del Mediterraneo [26] e nel caso Ferreira da Silva e Brito [27]. Nel primo caso la Corte si è pronunciata a seguito di un rinvio pregiudiziale pervenutole dal Tribunale di Genova con riferimento ad una causa che la Società per Azioni Traghetti del Mediterraneo ha promosso contro la Repubblica italiana al fine di ottenere il risarcimento del danno per la violazione del diritto comunitario che ha preteso fosse stata compiuta dalla Corte di cassazione che aveva escluso la qualificabilità come aiuto di Stato di sovvenzioni date dall’Italia alla sua concorrente Società Tirrenia in relazione a trasporti tra l’Italia continentale e la Sardegna e la Corsica. Con il suo rinvio il Tribunale di Genova ha chiesto alla Corte di giustizia di pronunciarsi su due questioni: 1) se uno Stato membro incorra in responsabilità extra-contrattuale nei confronti dei singoli in ragione degli errori dei suoi giudici nell’applicazione o nella non-applicazione del diritto comunitario e, particolarmente, della violazione del loro obbligo di rinvio pregiudiziale alla Corte ai sensi dell’art. 234, comma 3, CE (attuale 267, comma 3, TFUE) e 2) se osti all’affermazione di una tale responsabilità – e quindi sia incompatibile con i principi del diritto comunitario – una normativa nazionale in tema di responsabilità dello Stato per errori dei giudici, quale quella di cui all’art. 2, commi 1 e 2, della legge n. 117 del 13 aprile 1988 [28], che a) esclude tale responsabilità con riferimento all’interpretazione delle regole di diritto e all’apprezzamento dei fatti e delle prove assunte nel quadro dell’attività giurisdizionale e b) limita la responsabilità dello Stato ai soli casi del dolo e della colpa grave del giudice. Con il primo quesito i giudici genovesi avevano interrogato la Corte sulla responsabilità dello Stato nei confronti dei singoli per errori di suoi giudici, cioè di tutti i suoi giudici e particolarmente per violazione da parte dei suoi giudici di ultima istanza, dell’obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’at­tuale art. 267, comma 3, TFUE. Con riferimento a errori di giudici non di ultima istanza la Corte non si è pronunciata in quanto, dopo aver chiesto inutilmente [continua ..]


V. (Segue). Il più diretto contributo alla tutela dei diritti attribuiti ai singoli dal diritto dell’Unione risultante dalla sua applicazione in Ferreira da Silva e Brito.

(Segue). Un secondo seguito all’affermazione del principio di responsabilità contenuta in Köbler è stato dato dalla Corte di giustizia con la pronuncia resa nella causa Ferreira da Silva e Brito. In questo nuovo caso, parallelamente a quanto occorso in Traghetti del Mediterraneo, il Portogallo e il convenuto nella procedura principale, di fronte ad una domanda di risarcimento in relazione ad una decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado manifestamente illegittima che i ricorrenti pretendevano ledesse loro diritti individuali, hanno eccepito la sua irricevibilità in quanto non fondata sulla previa revoca di tale decisione richiesta dalla legge n. 67/2007 del 31 dicembre 2007 [33]. La Corte ha disatteso tale eccezione statuendo che il principio di responsabilità dello Stato espresso nella sentenza Köbler osta «a una normativa nazionale che richiede, come previa condizione, l’annullamento della decisione lesiva emessa [dal giudice competente], allorché un simile annullamento è, in pratica, escluso» [34]. Secondo il governo portoghese tale eccezione si imponeva in forza del principio del giudicato e del principio della certezza giuridica. Quanto al primo principio la Corte ha rilevato che in un procedimento inteso a far dichiarare la responsabilità dello Stato il ricorrente ottiene, in caso di successo, la sua condanna a risarcirgli il danno, ma non ottiene necessariamente che sia rimessa in discussione l’autorità della cosa definitivamente giudicata attribuita alla decisione giurisdizionale che ha causato tale danno. Quanto al principio della certezza del diritto la Corte ha affermato che questo non può in alcun modo soverchiare il principio della responsabilità dello Stato per danni causati alle persone da violazione del diritto dell’Unione ad esso imputabili; tenerne conto avrebbe la conseguenza, quando una decisione emessa da un giudice di ultimo grado «si fonda su un’interpretazione manifestamente errata del diritto dell’Unione, di impedire al singolo di far valere i diritti che può trarre» [35] da tale diritto. La Corte, però, non si è limitata a questo. Ha fatto un’applicazione del principio affermato in Köbler che è arrivata a rilevantemente incidere sulla tutela dei singoli. La [continua ..]


VI. L’affermazione in Commissione c. Italia di un distinto principio generale di responsabilità dello Stato per sue regole interne concernenti il comportamento di suoi giudici.

Nelle sentenze Köbler, Traghetti del Mediterraneo e Ferreira da Silva e Brito la Corte si è espressa con riferimento a procedure pregiudiziali destinate ad incidere su procedure in cui, davanti ai giudici nazionali, era in discussione la responsabilità di uno Stato membro nei confronti di privati in relazione a danni che questi lamentavano di aver subito per effetto di una sentenza di giudici di ultima istanza posta in essere in violazione del diritto comunitario. Il riferimento nelle sentenze della Corte ad errori di diritto da parte di giudici di ultima istanza nell’interpretazione o nell’applicazione del diritto comunitario come causa di una responsabilità di uno Stato membro era stato da essa fatto in un contesto in cui i privati ricorrenti nella procedura principale si opponevano all’invocazione che quello Stato faceva della propria legislazione per resistere alla domanda di risarcimento dei danni avanzata da quei privati. Distinta rispetto alla procedura che ha portato a dette sentenze è stata quella occasionata, successivamente, da un ricorso con cui la Commissione, nel quadro di una procedura di infrazione, nel caso Commissione c. Italia, ha chiesto alla Corte di giustizia di dichiarare che la Repubblica italiana, con la l. n. 117/88, era venuta meno agli obblighi comunitari ad essa incombenti. Con sentenza resa nel caso [39], la Corte, ponendo termine a questa procedura, ha affermato che la Repubblica italiana, con la disposizione contenuta nell’art. 2, commi 1 e 2 della l. n. 117/88, era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del principio generale di responsabilità degli Stati membri per violazione del diritto dell’Unione da parte di uno dei propri organi giurisdizionali di ultima istanza.


VII. Le ragioni che nelle prime tre sentenze hanno indotto la Corte a ritenere lo Stato eccezionalmente responsabile per violazione manifesta del diritto dell’Unione.

Mentre la Corte, in Köbler, Traghetti del Mediterraneo e Ferreira da Silva e Brito, agli effetti del riconoscimento di una responsabilità di uno Stato membro nei confronti di privati, ha precisato che questa insorge ove i suoi organi giurisdizionali di ultima istanza incorrano in una violazione manifesta del diritto dell’Unione, in Commissione c. Italia ha ritenuto che dia luogo ad una procedura d’infrazione nei confronti di uno Stato membro una sua normativa, quale quella dell’art. 2, commi 1 e 2, della legge 117/88, che più semplicemente violi tale diritto. Questa differenza non è puramente casuale. Essa è connessa al fatto che nelle prime tre pronunce la Corte ha ritenuto di dover bilanciare l’estensione della tutela degli utilizzatori di giustizia con l’indipendenza degli organi giudiziari e di conseguenza dei loro componenti: ha legato la tutela degli utilizzatori di giustizia a violazioni non semplici ma manifeste del diritto dell’Unione e ha considerato che la responsabilità dello Stato per l’attività di loro organi giudiziari di ultima istanza debba essere eccezionale [40].


VIII. Il distinto principio generale affermato dalla Corte in Commissione c. Italia.

Nella sentenza Commissione c. Italia, la Corte di giustizia ha invece ritenuto che l’Italia «è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del principio generale di responsabilità degli Stati membri per violazione del diritto dell’Unione da parte di uno dei propri organi giurisdizionali di ultimo grado» [41] in ragione dell’applicazione di una propria normativa nazionale (l’art. 2, commi 1 e 2, della legge 117/88). Con questa statuizione essa ha applicato, non più il principio di responsabilità dello Stato nei confronti dei singoli risultante dalle sentenze Köbler, Traghetti del Mediterraneo e Ferreira da Silva e Brito, ma un principio generale a parte, provvisto di una portata più ampia e rappresentato come distinto, certamente non per una svista. Esso, infatti, era stato invocato con questo stesso più largo contenuto nel ricorso con cui la Commissione chiedeva alla Corte di giustizia di dichiarare che la Repubblica italiana era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti. Riprendendolo, la Corte, che è sempre attenta a valutare criticamente le affermazioni delle parti che di fronte ad essa si confrontano e le riprende solo ove reggano ad un tale vaglio, non può non averlo considerato come distinto dal principio generale espresso in dette tre altre sentenze.


IX. Il riverbero di detta distinzione sull’adozione della legge italiana 18/2005 e l’insufficienza di questa a dare attuazione in Italia alla sentenza Traghetti del Mediterraneo.

La distinzione che, come rilevato, la Corte ha compiuto tra il principio generale che i giudici nazionali devono applicare per determinare la responsabilità di uno Stato nei confronti di privati con riferimento ad una violazione manifesta del diritto dell’Unione da parte di suoi giudici di ultima istanza e quello che essa stessa applica per stabilire il darsi di una violazione che uno Stato abbia posto in essere per effetto di una sua legislazione in materia di responsabilità dei suoi giudici non ha mancato di avere un riverbero sulla modifica che il legislatore italiano ha apportato alla legge 117/88 con la legge n. 18 del 27 febbraio 2015 [42]che disciplina la responsabilità civile dei magistrati. La legge 117/88, intitolata «Risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati», limitava la responsabilità dello Stato per violazione del diritto dell’Unione per l’attività dei suoi giudici alle sole ipotesi in cui questi siano personalmente responsabili per dolo o colpa grave, cioè in ragione di elementi di carattere soggettivo ad essi riferibili. Ora, la legge 18/2015, intitolata «Disciplina della responsabilità civile dei magistrati», pur mantenendo sostanzialmente in vigore il par. 1 dell’art. 2 della legge 117/88, in sintonia con l’esigenza di assicurare l’indipendenza dei giudici interni a cui si ispira la giurisprudenza comunitaria, quanto meno con riferimento alla disciplina della responsabilità dello Stato per violazioni del diritto dell’Unione, si sforza di eliminare quel nesso, procedendo, al par. 3 e al par. 3 bis dello stesso art. 2, a due precisazioni del modo in cui quel par. 1 deve essere applicato. Il par. 1 di detto art. 2 stabilisce che «[c]hi ha subìto un danno ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento giudiziario posto in essere dal magistrato con dolo o colpa grave nell’esercizio delle sue funzioni ovvero per diniego di giustizia può agire contro lo Stato per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e anche di quelli non patrimoniali». I parr. 3 e 3 bis, dal canto loro, rispettivamente precisano che «[c]ostituisce colpa grave la violazione manifesta della legge nonché del diritto dell’Unione [continua ..]


NOTE