argomento: Giurisprudenza - Unione Europea
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Il 6 ottobre 2021 l’avvocato generale Michal Bobek ha presentato due distinte conclusioni relative alla questione della riassegnazione delle sedi delle agenzie europee situate nel Regno Unito a seguito della Brexit e in particolare, per quel che interessa specificamente l’Italia, la decisione di attribuire quella dell’EMA all’Aja invece che a Milano, come richiesto dal nostro Paese. Si tratta delle conclusioni nelle cause riunite C-59/18 (Italia c. Consiglio) e C-182/18 (Comune di Milano c. Consiglio), nonché nella causa C-743/19 (Parlamento c. Consiglio), e di quelle nelle cause riunite C-106/19 (Italia c. Consiglio e Parlamento) e C-232/19 (Comune di Milano c. Parlamento e Consiglio).
Riassuntivamente, Bobek ha proposto alla Corte di dichiarare che, alla luce dello stato attuale dei Trattati, la Corte non è competente, ai sensi dell’art. 263 TFUE, a conoscere di decisioni adottate dai rappresentanti degli Stati membri, ma che l’art. 341 TFUE non si applica alle decisioni sulla sede delle agenzie, visto che la sua formulazione si riferisce unicamente alla sede delle «istituzioni» in senso stretto, ossia a quelle elencate all’articolo 13 TUE. Di conseguenza, secondo l’Avvocato generale, le decisioni concernenti la sede delle agenzie dell’Unione devono essere adottate dal Parlamento e dal Consiglio nell’ambito della procedura decisionale che porta alla creazione di ciascuna agenzia, mentre le decisioni prese dagli Stati membri al riguardo non hanno alcun effetto giuridico vincolante nell’ordinamento dell’Unione. Nel caso specifico poi dell’impugnazione (cause riunite C-106/19 e C-232/19) del Regolamento (UE) 2018/1718 del Parlamento europeo e del Consiglio , del 14 novembre 2018, che modifica il regolamento (CE) n. 726/2004 per quanto riguarda l’ubicazione della sede dell’EMA, “incorporandone” lo spostamento all’Aja, l’avvocato generale Bobek suggerisce alla Corte di dichiarare che il regolamento impugnato non è illegittimo, e di respingere gli argomenti con i quali il Comune di Milano e il Governo italiano lamentano violazioni delle prerogative del Parlamento europeo, nonché l’illegittimità «derivata» del regolamento impugnato rispetto alla decisione dei rappresentanti degli Stati membri.