argomento: Giurisprudenza - Italiana
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Con un’ordinanza dell’8 luglio 2016 il Tribunale di Milano, dando attuazione a una recente sentenza della Corte di giustizia in materia di contributi per il permesso di soggiorno, ha accolto il ricorso di alcuni cittadini di Stati terzi non europei soggiornanti in Italia e ha condannato le amministrazioni resistenti al rimborso di parte del contributo da essi pagato a tale titolo. In effetti, il 2 settembre 2015la Corte di giustizia, chiamata a decidere sul rinvio pregiudiziale del TAR Lazio avente ad oggetto il D.M. 6.10.2011 che stabilisce i contributi dovuti per il rilascio o il rinnovo dei permessi di soggiorno (causa C-309/2014), aveva affermato che nonostante gli Stati membri possano subordinare il rilascio dei permessi di soggiorno, a titolo della direttiva 2003/109/CE, alla riscossione di contributi, il livello cui sono fissati detti contributi non deve creare un ostacolo al conseguimento dello status di soggiornante di lungo periodo conferito da tale direttiva nonché degli altri diritti che derivano dalla concessione di tale status. Pertanto, secondo la Corte di Lussemburgo, la suddetta direttiva “osta ad una normativa nazionale …, che impone ai cittadini di paesi terzi che chiedono il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno nello Stato membro considerato di pagare un contributo di importo variabile tra EUR 80 e EUR 200, in quanto siffatto contributo è sproporzionato rispetto alla finalità perseguita dalla direttiva ed è atto a creare un ostacolo all'esercizio dei diritti conferiti da quest'ultima”. Il Tribunale di Milano, nel dare appunto attuazione alla sentenza sopra richiamata, ha dunque riconosciuto la sussistenza di una discriminazione tra cittadini richiedenti il rinnovo del permesso di soggiorno e cittadini italiani, relativamente ai costi connessi al rilascio o rinnovo dei documenti per l’identificazione. Peraltro, la citata sentenza arriva a pochi giorni di distanza dalla sentenza n. 06095/2016, con la quale il TAR Lazio ha accolto il ricorso presentato da CGIL e INCA per i medesimi motivi.
Si segnala, peraltro, che nel febbraio 2015 la Commissione ha aperto in materia una procedura d’infrazione (n. 2014/4253) nei confronti dell’Italia, inviandole una lettera di messa in mora ex art. 258 TFUE per presunta violazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo.