argomento: Giurisprudenza - Unione Europea
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In risposta a un rinvio pregiudiziale del Raad van State (Consiglio di Stato) dei Paesi Bassi , la Corte di giustizia ha affermato con una sentenza del 14 marzo 2019 (C-557/17, Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie c. Y.Z., Z.Z. e Y.Y.), che l’art. 16, par. 2, lett. a), della direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare, dev’essere interpretato nel senso che, nel caso in cui ai fini del rilascio di permessi di soggiorno ai familiari del cittadino di un paese terzo siano stati prodotti documenti falsificati, la circostanza che detti familiari non fossero a conoscenza del carattere fraudolento di tali documenti non osta a che lo Stato membro interessato proceda, in applicazione di tale disposizione, alla revoca di detti permessi. In conformità all’art. 17 di tale direttiva, spetta tuttavia alle autorità nazionali competenti effettuare preliminarmente un esame individualizzato della situazione di tali familiari, procedendo a una valutazione equilibrata e ragionevole di tutti gli interessi in gioco.
La Corte ha inoltre precisato che l’art. 9, par. 1, lett. a), della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, dev’essere interpretato nel senso che, nel caso in cui lo status di soggiornante di lungo periodo sia stato concesso a cittadini di paesi terzi in base a documenti falsificati, la circostanza che detti cittadini non fossero a conoscenza del carattere fraudolento di tali documenti non osta a che lo Stato membro interessato proceda, in applicazione di tale disposizione, alla revoca di detto status.