argomento: Giurisprudenza - Unione Europea
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In data 18 luglio 2017, l’avvocato generale Bot ha presentato le sue conclusioni sul rinvio pregiudiziale proposto dalla Corte costituzionale italiana (causa C-42/17). Detta giurisdizione s’interroga sull’applicazione da parte dei giudici italiani dell’art. 325, par. 1 e 2, TFUE, come interpretato dalla Corte di giustizia nella sentenza dell’8 settembre 2015, Taricco (C-105/14), in considerazione del principio di legalità consacrato all’art. 25, par. 2, della Costituzione italiana e all’art. 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (la “Carta”). A tale riguardo, il giudice del rinvio sottolinea che, nell’ordinamento italiano, le norme in materia di prescrizione – artt. 160 e 161 del codice penale – rivestono carattere di diritto penale sostanziale. La Corte costituzionale si domanda se l’art. 325 TFUE obblighi i giudici nazionali a disapplicare dette norme sulla prescrizione, sebbene esse siano coperte dal principio di legalità, e un tale obbligo sia privo di una base giuridica precisa e contrario ai principi supremi e ai diritti inalienabili della persona riconosciuti dalla Costituzione italiana. L’avvocato generale Bot non si è lasciato convincere dagli argomenti sollevati dalla Corte costituzionale. A suo parere, non si tratta di rimettere in discussione il principio stabilito nella sentenza Taricco, ma di precisare il criterio in base al quale i giudici sono tenuti a disapplicare le norme contenute all’art. 160, ultimo comma, e all’art. 161, secondo comma del codice penale (tale obbligo s’imporrebbe ogniqualvolta dette norme impediscano di infliggere sanzioni effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell’Unione). Detto criterio si basa sull’esistenza di un rischio sistematico d’impunità, che spetterebbe al giudice valutare. Ciò implica il rischio che una siffatta valutazione si fondi su criteri soggettivi. L’avvocato generale propone allora di ridefinire tale criterio, basandosi esclusivamente sulla natura del reato. Ciò detto, l’avvocato generale Bot ha affermato che l’art. 49 della Carta non osta a che i giudici italiani disapplichino, nell’ambito dei procedimenti in corso, il combinato disposto dell’art. 160, ultimo comma, e dell’art. 161, secondo comma, del codice penale. A suo parere, tale disapplicazione non viola il principio di legalità posto che non modifica la qualifica di determinati comportamenti come reati e non prevede pene più severe di quelle applicabili all’epoca dei fatti. Per il resto, l’avvocato generale ha chiarito che né l’art. 53 della Carta né l’art. 4, par. 2, TUE, possono essere interpretati nel senso di consentire all’autorità giudiziaria di uno Stato membro di opporsi all’obbligo stabilito nella sentenza Taricco.