Il Diritto dell'Unione EuropeaEISSN 2465-2474 / ISSN 1125-8551
G. Giappichelli Editore

13/07/2016 - Di nuovo il velo islamico. Secondo l'Avvocato generale Sharpston, il divieto di portarlo, imposto da un'impresa privata a una propria dipendente, costituisce una discriminazione (diretta) illegittima

argomento: Giurisprudenza - Unione Europea

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Nelle sue conclusioni, presentate il 12 luglio 2016 nel caso Bougnaoui e ADDH (causa C‑188/15), relativo a un rinvio pregiudiziale operato dalla Corte di cassazione francese, l’Avvocato generale Sharpston suggerisce alla Corte di giustizia di dichiarare che una disposizione contenuta nel regolamento interno di un’impresa che vieti ai dipendenti di quest’ultima di indossare simboli o indumenti religiosi in occasione dei contatti con i clienti costituisce una discriminazione diretta basata sulla religione o sulle convinzioni personali alla quale non sono applicabili le specifiche deroghe contemplate dall’art. 4, par. 1, della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, né alcun altra deroga al divieto di discriminazione diretta basata sulla religione o sulle convinzioni personali prevista dalla suddetta direttiva. Ciò dunque vale a fortiori se la disposizione in questione si applica solo all’uso del velo islamico.

Secondo l’Avvocato generale, inoltre, ove, in un’ipotesi come quella suddetta (ossia, in sostanza, nel caso di una politica aziendale che impone un codice di abbigliamento totalmente neutro) si ravvisino gli estremi per la sussistenza di una discriminazione indiretta basata sulla religione o sulle convinzioni personali, le disposizioni dell’art. 2, par. 2, lett. b), i), della direttiva 2000/78 vanno interpretate nel senso che gli interessi commerciali del datore di lavoro costituiscono una finalità legittima ai sensi di queste disposizioni. Tuttavia, tale discriminazione è giustificata solo se proporzionata a detta finalità.

Va segnalato che, sullo stesso tema (ossia, sulla compatibilità con il diritto dell’Unione del divieto di porto del velo islamico sul luogo di lavoro), è attualmente pendente dinanzi alla Corte un’altra causa: si tratta, segnatamente, del caso Achbita (causa C‑157/15), che origina da un rinvio della Corte di cassazione belga, nel quale l’Avvocato generale Kokott ha già reso le proprie conclusioni (vedile in questa Rubrica).