Il Diritto dell'Unione EuropeaEISSN 2465-2474 / ISSN 1125-8551
G. Giappichelli Editore

28/07/2016 - Il periodo di tempo in cui un individuo attinto da un mandato d’arresto europeo è stato soggetto a determinate misure che non hanno un effetto privativo della libertà personale paragonabile all’incarcerazione non può, in linea di principio, essere dedotto dal computo dalla pena da scontare

argomento: Giurisprudenza - Unione Europea

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Con una sentenza del 28 luglio 2016, resa nel caso JZ (causa C‑294/16 PPU), la Corte di giustizia ha stabilito, in sostanza, che la decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009), deve essere interpretata nel senso che misure quali gli arresti domiciliari per nove ore durante la notte, associati alla sorveglianza della persona interessata tramite braccialetto elettronico, nonché l’obbligo di presentarsi quotidianamente o più volte durante la settimana a un commissariato di polizia a orari fissi oltre alla proibizione di sollecitare il rilascio di documenti che permettano di recarsi all’estero, non sono, in linea di principio (avuto riguardo al genere, alla durata, agli effetti e alle modalità di esecuzione dell’insieme di queste misure), a tal punto vincolanti da provocare un effetto privativo della libertà paragonabile a quello che risulta da una incarcerazione ed essere quindi qualificabili come “custodia” ai sensi della suddetta decisone-quadro.

In particolare, la Corte rileva che l’obbligo – prescritto dalla citata decisione-quadro – di dedurre il periodo di custodia che risulta dall’esecuzione del mandato d’arresto europeo dalla durata totale della detenzione che dovrà essere scontata nello Stato membro emittente mira a realizzare l’obiettivo generale del rispetto dei diritti fondamentali, preservando il diritto alla libertà della persona interessata nonché l’effetto utile del principio di proporzionalità nell’applicazione delle pene. La Corte osserva dunque che la nozione di “custodia”, ai sensi della decisione-quadro 2002/584, designa una misura non semplicemente restrittiva, ma privativa della libertà e comprende, oltre all’incarcerazione, qualsiasi misura o insieme di misure imposte alla persona interessata che, in ragione del tipo, della durata, degli effetti e delle modalità di esecuzione, la privino della sua libertà in modo analogo ad un’incarcerazione. Di conseguenza, secondo la Corte, è compito dell’autorità giudiziaria dello Stato membro di emissione del mandato d’arresto europeo esaminare se le misure prese nei confronti della persona interessata nello Stato membro di esecuzione siano assimilabili a una privazione della libertà e costituiscano, pertanto, un’ipotesi di “custodia” (ed, in caso affermativo, dedurre dal periodo di detenzione definitiva la durata totale del periodo in cui tali misure sono state applicate).