Analizzando l’evoluzione dei meccanismi di revisione degli atti previsti nelle agenzie europee (“controllo di legittimità” della Commissione; “internal review”; commissioni di ricorso), lo studio evidenzia che, mentre i primi due sono orientati al buon funzionamento amministrativo (“implementation”), il terzo appare più vocato alla tutela individuale (“adjudication”). Grazie alla loro capacità di verificare la correttezza tecnico-scientifica delle valutazioni degli organi decisionali e ad istaurare meccanismi di collaborazione tra amministrazione europea ed operatori economici, le commissioni di ricorso contribuiscono a rafforzare l’apertura, l’accountability e l’adattabilità delle agenzie. Alla luce della riforma dello Statuto della Corte di giustizia, che intende attribuire alle commissioni di ricorso una funzione deflattiva dei ricorsi giurisdizionali, l’analisi fa emergere l’esigenza di assicurare la loro autonomia dagli organi decisionali e una maggiore apertura alla collaborazione con le associazioni rappresentative di interessi collettivi e diffusi.
Focusing on the evolution of the administrative remedies established within the European agencies (Commission’s control of legality; “internal review”; boards of appeal), the analysis underlines that, while the first two are devoted to the administrative well-functioning (implementation), the third one appears to be finalized to the individual protection (adjudication). Thanks to their ability to assure the technical-scientific correctness of the decisional bodies’ assessments e and to build a cooperative relationship between agencies and economic operators, boards of appeal contribute to strengthen the agencies’ openness, accountability and adaptability. As the proposed reform of the Statute of the Court of Justice confers on the boards of appeal the function to reduce the judicial review, the analysis underlines the exigency to assure their autonomy from the decisional bodies and their openness to the cooperation with the NGOs representative of collective and diffuse interests.
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I. Introduzione. - II. I meccanismi di revisione degli atti delle agenzie: controllo della Commissione, “internal review” e commissioni di ricorso tra “implementation” e “adjudication”. - III. Segue. La progressiva proceduralizzazione in vista di un più netto orientamento all’“adjudication”. - IV. Verso il superamento del trade-off “implementation”/ “adjudication”. - V. Le commissioni di ricorso alla luce della proposta di riforma dello Statuto della Corte di giustizia. - VI. Conclusioni. - NOTE
Il ruolo sempre più rilevante assunto dalle agenzie nell’ambito della governance europea e la loro maggiore capacità di incidenza non solo nelle relazioni interistituzionali, ma anche sugli individui hanno fatto emergere la necessità di rafforzare le forme di controllo sugli atti di tali organismi. Quando, infatti, a partire dagli anni ’70, furono create le prime agenzie, i loro atti non potevano essere oggetto di ricorso. Come è noto, l’art. 173, comma 1, TCEE limitava il controllo di legittimità agli atti del Consiglio e della Commissione che non fossero raccomandazioni o pareri [1]. Per colmare il vuoto di controllo che ne derivava, i regolamenti istitutivi di talune agenzie hanno previsto meccanismi di revisione amministrativa. Anche dopo l’estensione, operata dal Trattato di Maastricht [2], del controllo di legittimità sugli atti adottati congiuntamente dal Parlamento europeo e dal Consiglio, sugli atti della BCE, nonché sugli atti del Parlamento europeo destinati a produrre effetti giuridici nei confronti dei terzi, era interdetta la possibilità di ricorso avverso atti di organi e organismi. L’esigenza di rimedi amministrativi non si è attenuata neanche dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, che, all’art. 263 TFUE, ha esteso, come è noto, la possibilità di ricorso in annullamento avverso gli atti degli organi o organismi dell’Unione destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi [3]. Infatti, lungi dall’assistere ad una progressiva caduta in desuetudine dei meccanismi amministrativi di revisione, si registra nelle agenzie recentemente istituite l’elaborazione di procedure sempre più sofisticate e complesse di revisione amministrativa, che hanno destato interesse in dottrina, invero soprattutto tra gli studiosi di diritto amministrativo [4]. La recente proposta avanzata dalla Corte di giustizia per la riforma del proprio Statuto [5], che, come si vedrà, tende a valorizzare soprattutto il potenziale “deflattivo” dei meccanismi amministrativi di revisione sui ricorsi giurisdizionali, ha riacceso l’interesse per il tema anche da parte degli studiosi di diritto dell’Unione europea [6]. Tuttavia, la riforma in parola potrebbe avere effetti interessanti non solo sul sistema giurisdizionale, ma anche sulla [continua ..]
La necessità di istituire meccanismi di revisione è emersa contestualmente all’istituzione delle prime agenzie (CEDEFOP ed EUROFOUND [7]). Infatti, nonostante i regolamenti istitutivi di tali agenzie, condizionati dalla sentenza Meroni [8], attribuissero loro funzioni prettamente ausiliarie, essi prevedevano che “qualsiasi atto …, implicito o esplicito, [potesse]essere deferito alla Commissione da qualsiasi Stato membro, qualsiasi membro del consiglio di amministrazione o qualsiasi terza persona, direttamente e individualmente interessata, al fine di controllarne la legittimità” [9]. Quando alle agenzie sono state attribuite funzioni più ampie e complesse, i meccanismi di revisione si sono andati diversificando. Il Regolamento n. 2309/93, istitutivo della Agenzia europea per i medicinali/EMEA [10], i cui comitati formulavano pareri di natura scientifica in supporto alle decisioni della Commissione [11], prevedeva la possibilità di revisione del parere da parte del comitato stesso che lo aveva adottato [12] (c.d. “internal review”). Invece, il Regolamento 2062/94, istitutivo dell’Agenzia per la sicurezza e la salute del lavoro, ha ancora una volta previsto la possibilità di deferire gli atti da essa adottati alla Commissione per il controllo di legittimità [13]. Nel caso poi di agenzie dotate del potere di adottare atti vincolanti, in particolare l’Ufficio per l’armonizzazione del mercato interno (UAMI) [14] e l’Ufficio comunitario delle varietà vegetali (UCVV) [15], accanto al controllo di legittimità della Commissione [16], sono state previste commissioni di ricorso [17]. Le commissioni erano composte da tre membri nominati con procedure che si caratterizzavano per il coinvolgimento del Consiglio e, nel caso della commissione di ricorso dell’UCVV, della Commissione [18]. I loro membri erano in genere scelti tra i dipendenti dell’agenzia o comunque tra esperti del settore di competenza dell’agenzia. Il fatto, però, che nella commissione dell’UAMI almeno due dei membri dovessero avere “una formazione di giurista” [19] conferiva al controllo una natura “mista”, vertente sia sulla correttezza metodologica della valutazione sotto uno profilo tecnico-scientifico, sia sul rispetto [continua ..]
Man mano che le agenzie sono state sempre più coinvolte nell’attuazione della normativa comunitaria, l’esigenza di rafforzare il controllo sui loro atti si è fatta via via più pressante. Così, nell’ambito delle agenzie con funzioni prettamente consultive, come l’EMEA (divenuta EMA) [33], il meccanismo di “internal review”, che risultava disciplinato nel Regolamento (CEE) 2309/93 in maniera piuttosto generica, è stato oggetto di una riforma finalizzata ad una maggiore trasparenza, prevedibilità e chiarezza delle procedure [34]. Per quanto resti un meccanismo di “implementation” [35], l’”internal review”, in questo modo, è divenuto uno strumento finalizzato anche a rafforzare la tutela degli individui (“adjudication”). Nell’ambito delle agenzie con poteri vincolanti istituite in quel periodo (Agenzia per le sostanze chimiche/ECHA [36], Agenzia europea per la sicurezza aerea – AESA/EASA [37], Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia – ACER [38]), invece, la revisione degli atti è stata ancora una volta attribuita a commissioni di ricorso, seppur con alcune differenze rispetto a quelle istituite negli anni ‘90. In primo luogo, la nomina dei membri delle commissioni spetta al consiglio di amministrazione su proposta della Commissione [39]. L’esclusione del Consiglio dalla procedura di nomina sembra voler assicurare la massima indipendenza delle commissioni dalle ingerenze degli Stati e nel contempo responsabilizzare la Commissione nel garantire l’imparzialità e l’autorevolezza dei soggetti nominati. Le procedure sono definite con maggiore dettaglio in modo da assicurare la trasparenza. Sono conferite alle commissioni alcune prerogative, come la possibilità di sospendere gli effetti degli atti oggetto di ricorso o di decidere in merito alla pubblicità delle udienze [40]. I regolamenti in parola contengono disposizioni più rigorose in materia di indipendenza e conflitto di interessi [41]. Possono presentare il ricorso i destinatari degli atti o coloro che abbiano “un interesse diretto e individuale” alla decisione [42]. Al pari delle commissioni di ricorso dell’UAMI e dell’UCVV, le commissioni di ricorso ECHA, EASA e ACER godono di poteri [continua ..]
Il Trattato di Lisbona, nel prevedere, come già ricordato, la possibilità di ricorrere in annullamento avverso gli atti degli organi o organismi dell’Unione destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi, ha precisato che gli atti che istituiscono gli organi e organismi dell’Unione possono indicare “condizioni e modalità specifiche relative ai ricorsi proposti da persone fisiche o giuridiche” (art. 263, § 5). Il Trattato, quindi, conferma l’utilità delle forme di revisione amministrativa. Esse, infatti, sono diventate ancor più rilevanti soprattutto nelle agenzie sorte nell’ambito di settori che necessitano uno stretto coordinamento tra gli Stati e tra gli Stati e le Istituzioni (servizi finanziari, reti di infrastrutture) – le c.d. network agencies [49]. Esse si caratterizzano per i poteri di controllo particolarmente incisivi sugli operatori economici nonché sulle autorità di regolazione e di vigilanza nazionali, che determinano la necessità di meccanismi di tutela individuale particolarmente forti. Nel settore finanziario, questa esigenza ha trovato risposta soprattutto nelle procedure di vigilanza elaborate in seguito alla crisi del 2008 e nelle procedure di risoluzione degli enti creditizi introdotte in seguito alla creazione della c.d. “Unione bancaria”. Sotto il profilo della vigilanza, contestualmente all’istituzione delle tre Autorità Europee di Vigilanza (AEV) [50] è stata prevista una commissione di ricorso congiunta [51], composta da sei membri, nominati dai consigli di amministrazione delle Autorità su proposta della Commissione e dotati di expertise nel settore finanziario nonché di competenze giuridiche. A differenza di quanto avviene nelle commissioni finora illustrate, per la commissione congiunta delle AEV è espressamente escluso che possa essere nominato quale componente il personale in servizio di queste ultime [52]. Se ne desume la volontà di separare nettamente gli organi di decisione, e più in generale la struttura amministrativa delle Autorità, dalla commissione di ricorso congiunta. Ad ulteriore garanzia dell’indipendenza di quest’ultima, è, altresì, escluso il personale delle istituzioni nazionali o dell’Unione coinvolte nelle attività [continua ..]
Le commissioni di ricorso delle agenzie hanno acquisito un significato molto rilevante nel dibattito sulla riforma del sistema di tutela giurisdizionale, essendo configurate dalla dottrina come una potenziale alternativa ai tribunali specializzati [69]. Su influsso di tale dibattito, la proposta di riforma del proprio Statuto presentata dalla Corte di giustizia nel marzo 2018 [70] prevede che la Corte di giustizia possa attivare un “procedimento preventivo di ammissione delle impugnazioni” proposte contro le decisioni del Tribunale “nei soli casi in cui la controversia sia già stata oggetto di esame da parte di un’autorità amministrativa indipendente, ossia le cause che hanno beneficiato di un ricorso amministrativo prima di essere portate dinanzi al Tribunale” [71]. La Corte specifica “ciò avviene, segnatamente, per le decisioni adottate in materia di marchi dall’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), dove esistono commissioni di ricorso, ma anche per le decisioni di diverse agenzie dell’Unione dotate di organi amministrativi di ricorso, quali l’Ufficio comunitario delle varietà vegetali (UCVV) o l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA)” [72]. La Corte evidenzia che in tali casi “le decisioni contestate sono già state oggetto di un duplice controllo di legittimità prima di essere portate dinanzi alla Corte di giustizia”, per cui un ulteriore riesame potrebbe risultare superfluo. Nel sistema delineato dalla Corte, quindi, i meccanismi di revisione assumono una funzione deflattiva dei ricorsi e di snellimento procedurale, in vista di una maggiore efficacia del controllo sugli atti delle agenzie. Per quanto la riforma, attualmente in discussione in Parlamento [73], potrebbe avere come effetto una “giurisdizionalizzazione” delle commissioni di ricorso [74], non è detto che si vada necessariamente verso il completo snaturamento di tali organi. Infatti, i dati numerici dimostrano che nella prassi sono poche le decisioni delle commissioni di ricorso oggetto di impugnazione dinanzi al Tribunale e, successivamente, alla Corte [75]. Si dimostra così una tendenziale “preferenza” degli operatori economici per i rimedi amministrativi, che può essere spiegata dai limiti che il sindacato giurisdizionale [continua ..]
Pur costruiti sull’esempio dei rimedi amministrativi interni, i meccanismi di revisione degli atti delle agenzie europee presentano elementi di forte innovatività. Infatti, se i rimedi interni perseguono soprattutto uno scopo deflattivo dei ricorsi giurisdizionali contro la PA, i meccanismi di revisione delle agenzie europee hanno acquisito nel tempo un sempre più marcato orientamento alla tutela individuale. Nell’assolvere a tale funzione, i meccanismi di revisione hanno finito col divenire la sede in cui operatori economici ed esperti hanno la possibilità di far emergere nuovi dati e proporre valutazioni diverse da quelle operate dall’amministrazione. In questa chiave, i meccanismi di revisione sono divenuti veri e propri “punti di contatto” tra le agenzie e i soggetti direttamente interessati alla loro azione. Lungi dal configurarsi meramente come sede di conflict management e porsi in alternativa ai “tribunali specializzati”, i meccanismi in parola si vanno configurando come fora di cooperazione tra gli individui e l’ amministrazione europea, in vista dell’individuazione delle migliori soluzioni per il raggiungimento degli obiettivi comuni tramite la condivisione di dati, informazioni, conoscenze, scoperte, invenzioni, a garanzia degli interessi superiori del sistema europeo e degli attori che in esso operano. Il rapporto collaborativo tra le agenzie e i portatori di interesse che si istaura tramite i meccanismi di revisione è un’ennesima conferma della natura adattiva che caratterizza la regolazione delle agenzie, basata sul costante apprendimento attraverso un processo di learning-by-doing. Non si dimentichi, peraltro, che la maggior parte dei regolamenti istitutivi delle agenzie trova la propria base giuridica nell’art. 114 TFUE, che impronta il ravvicinamento delle legislazioni all’“adattabilità”, in quanto gli Stati e la Commissione devono condividere informazioni di natura tecnico – scientifica al fine di individuare le misure più appropriate per rispondere ad esigenze specifiche di tutela [87]. E, mentre in fase di elaborazione regolativa, il metodo in parola deve, secondo l’art. 114 TFUE, caratterizzare il rapporto tra Commissione e Stati e tra gli Stati [88], in fase di attuazione lo stesso rapporto si istaura tra le agenzie e [continua ..]