Questo saggio esamina l’evoluzione della giurisprudenza riguardante la legalità delle misure restrittive dell’Unione che intendono consolidare lo stato di diritto in Tunisia, Egitto ed Ucraina congelando i beni di persone indagate a livello nazionale per sviamento di fondi pubblici. L’adozione di questi atti PESC, che presentano la peculiarità di fondarsi su indagini giudiziarie svolte da autorità di Stati terzi, è problematica per la credibilità dell’Unione poiché i Paesi menzionati presentano carenze sistemiche con riguardo al rispetto dello stato di diritto; di conseguenza, il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva dei destinatari di tali misure potrebbe risultare pregiudicato per effetto di tali carenze. Fondamentale è il ruolo della Corte di giustizia per evitare la perdita di credibilità e per assicurare coerenza con la giurisprudenza relativa alla crisi della rule of law nell’UE. Il saggio rileva che il Tribunale e la Corte di giustizia tra il 2013 e il 2017 hanno assunto una posizione conservativa con riguardo alla legalità delle misure restrittive in esame. Questa tendenza è presente anche in due recenti pronunce del tribunale nelle cause Ezz e Mubarak del 2018. Invece, nella giurisprudenza più recente, relativa alle misure restrittive sull’Ucraina, e in particolare in Azarov (2018) da un lato e in Arbuzov, Klymenko e Janukovych (2019) dall’altro, la Corte di giustizia e il Tribunale rispettivamente hanno esercitato un controllo giurisdizionale più intenso sulle misure restrittive e le hanno annullate. Infatti, il Consiglio non ha esaminato se il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva era stato rispettato in Ucraina. Infine, questo saggio esamina in modo critico sia le misure di attuazione della sentenza Azarov, adottate dal Consiglio, che i cambiamenti del quadro normativo concernente le misure restrittive relative alla situazione dell’Egitto e della Tunisia.
This essay examines the evolution of the case-law with respect to the legality of restrictive measures aimed at strengthening the rule of law in Tunisia, Egypt and Ukraine by freezing the assets of persons who are subject to investigations within their national legal order for their involvement in crimes related to the misappropriation of public funds. The adoption of these CFSP acts, which are based on investigations carried out by authorities of third countries, is problematic for the EU’s credibility since the mentioned States present systemic deficiencies as far as the rule of law is concerned as a result, the right to effective judicial protection of the addresses of these restrictive measures could be breached. The role of the Court of Justice is fundamental to safeguard the credibility of the Union and to ensure the coherence with the case-law on the rule of crisis in the EU. The essay argues that between 2013 and 2017 the General Court and the Court of Justice have adopted a conservative approach with regard to the legality of the restrictive measures under examination. This trend is also present in two recent judgements in cases Ezz and Mubarak rendered by the General Court in 2018. By contrast, in the most recent case-law concerning the Ukrainian restrictive measures, and in particular, in Azarov (2018) on the one hand and in Arbuzov, Klymenko and Janukovych (2019) on the other, the Court of Justice and the General Court have respectively exercised a more intense judicial control on restrictive measures and they have annulled them. Indeed, the Council has not examined whether the right to judicial protection had been actually respected by the Ukrainian authorities. Finally, this essay critically assesses both the measures adopted by the Council to implement the judgement in Azarov and the changes of the normative framework concerning restrictive measures related to the situation of Egypt and Tunisia.
KEYWORDS: Restrictive Measures – Common Foreign and Security Policy – Rule of Law – Court of Justice
Articoli Correlati: misure restrittive - politica comune e di sicurezza comune - rispetto dello stato di diritto - corte di giustizia
I. Introduzione. - II. Le misure restrittive sullo sviamento di fondi pubblici in Tunisia, Egitto e Ucraina, il collegamento con il consolidamento del "rispetto dello stato di diritto" e gli orientamenti giurisprudenziali quanto all'uso di tali misure. - III. Il ruolo della Corte di giustizia nell'assicurare il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva in relazione alle misure restrittive sullo sviamento di fondi pubblici in Stati terzi in cui il rispetto dello stato di diritto è carente. - IV. La giurisprudenza conversativa delle misure restrittive sullo sviamento di fondi pubblici (2014-2017). - V. (Segue). Il revirement della giurisprudenza conservativa: verso un controllo giurisdizionale più penetrante sulle misure restrittive relative allo sviamento di fondi pubblici ucraini. - VI. L'attuazione della sentenza Azarov e la modifica delle decisioni PESC istitutive delle misure restrittive riguardanti l'Ucraina e l'Egitto. - VII. Conclusioni: l'obbligo del Consiglio di verificare che uno Stato terzo (l'Ucraina) rispetti il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva e gli incomprensibili depennamenti di persone sanzionate nell'ambito delle misure restrittive egiziane e tunisine. - NOTE
Sulla base del diritto primario, l’azione dell’UE sulla scena internazionale si prefigge, inter alia, di promuovere e consolidare il rispetto dello stato di diritto e a tal fine attua politiche comuni e azioni in tutti i settori delle relazioni internazionali [1]. Né il tenore letterale e neppure lo spirito dei Trattati consentono di configurare il rafforzamento della rule law al di fuori dell’Unione come un obbligo per quest’ultima. Tuttavia, fino ad oggi, il Consiglio si è adoperato per consolidare il rispetto dello stato di diritto all’estero utilizzando due strumenti, che si fondano sulle disposizioni del TUE relative alla Politica Estera di Sicurezza Comune (PESC): si tratta delle missioni di natura civile intese a rafforzare l’apparato statale (e di cui la missione Eulex Kosovo [2] è l’esempio più rappresentativo) e delle misure restrittive individuali [3] intese a recuperare i fondi pubblici indebitamente sottratti in Tunisia [4], Egitto [5] e Ucraina [6]. Più precisamente, gli atti PESC da ultimo citati congelano i fondi e le risorse economiche degli ex membri della leadership governativa degli Stati menzionati, o di persone associate ad essi (come i loro familiari), laddove tali persone siano «responsabili di sviamento di fondi pubblici» [7]. L’UE ha così inteso aiutare i governi dei tre Paesi menzionati a recuperare risorse statali. Le sanzioni sono state adottate tra il 2011 e il 2014. La loro istituzione è collegata all’esistenza di procedimenti giudiziari avviati dalle competenti autorità degli Stati interessati nei confronti dei menzionati soggetti. Pertanto, si tratta di misure PESC peculiari poiché pur essendo atti di natura politica, sono collegati all’attività giudiziaria svolta negli Stati terzi e presuppongono una stretta cooperazione tra le istituzioni dell’Unione e i governi di tali Stati. In questo scritto l’attenzione sarà rivolta proprio a tali misure. Il motivo di interesse verso questi strumenti PESC è che la collaborazione sottesa a queste sanzioni risulta problematica se il Paese destinatario delle misure restrittive presenta “carenze sistemiche” con riguardo al rispetto della rule of law. Quest’espressione è stata utilizzata per la prima volta [continua ..]
Essere responsabili di “distrazione di fondi pubblici” costituisce il criterio di designazione delle misure restrittive nei tre Paesi in esame. A seguito della sentenza Portnov, che aveva annullato l’iscrizione nella lista del ricorrente ucraino per mancato rispetto dei criteri di designazione della decisione PESC 2014/119 [10], il Consiglio ha precisato che sono sanzionabili, oltre alle persone che sono oggetto di procedimenti giudiziari definitivi, anche quelle sottoposte a mere indagini preliminari da parte del procuratore generale [11]. Anche le motivazioni della designazione delle persone sottoposte al congelamento dei beni nell’ambito delle misure tunisine [12] e egiziane [13] sono state cambiate, precisando le circostanze in cui i destinatari potevano essere sanzionati [14]. In tutti questi casi, i cambiamenti hanno permesso di allargare il numero di persone da iscrivere nelle liste delle misure PESC. In effetti, se l’Unione si fosse limitata a congelare le risorse economiche dei destinatari delle sanzioni solo dopo la fine di procedimenti penali aperti nei loro confronti (anziché per la sola apertura di indagini preliminari, o per l’avvio di un procedimento volto al sequestro dei beni), avrebbe vanificato l’effetto utile di tali misure. Queste hanno proprio lo scopo di prevenire che i fondi sottratti siano rapidamente trasferiti altrove dagli indagati. L’Unione, istituendo sanzioni autonome contro gli ex capi di Stato, come Ben Alì, Mubarak e Janukovych e i loro associati, ha inteso sostenere la classe politica che ha preso il potere in Tunisia, Egitto e Ucraina nel 2011 [15] e nel 2014, a seguito di cambiamenti di governo tumultuosi, coerentemente con i suoi indirizzi di politica estera. Le motivazioni dietro le misure relative alla Tunisia sono collegate alla volontà dell’Unione di favorire lo sviluppo di una democrazia stabile e il rispetto dello stato di diritto, del pluralismo democratico e dei diritti umani. Anche le misure relative all’Egitto sono motivate in modo simile; tuttavia, per queste viene specificato che le persone oggetto di sanzioni «privano il popolo egiziano dei benefici dello sviluppo sostenibile della sua economia e della sua società [16]». Poi negli allegati in cui sono indicati i nomi delle persone designate si precisa che le indagini giudiziarie si basano [continua ..]
Come è noto, il giudice dell’Unione è abilitato in via eccezionale [28] a controllare la legalità delle misure restrittive individuali [29] e la Corte di Giustizia ha interpretato in modo estensivo la portata della sua competenza nel rinvio pregiudiziale sollevato nella causa Rosneft [30], in virtù del principio del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva di cui godono i destinatari delle sanzioni. Il Consiglio è libero di decidere il tipo di misure da adottare, la loro intensità ed anche le persone da sanzionare. Ma sulla base delle norme della Carta e/o dei principi generali del diritto, ha alcuni limitati vincoli nell’esercizio dei suoi poteri in materia di PESC: deve motivare le decisioni che istituiscono le sanzioni ed è tenuto a fondare queste ultime su una base fattuale sufficientemente solida per evitare, in sostanza, di adottare misure che limitano i diritti fondamentali dei destinatari delle sanzioni in modo arbitrario [31]. Questi ultimi, ivi incluse le emanazioni degli Stati terzi [32], possono impugnare le decisioni che si basano sulle disposizioni del titolo V capo 2 del TUE, sulla base dell’art. 275 TFUE. Tuttavia, il rischio che il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva sia violato esiste non solo nell’Unione per effetto delle sanzioni, ma anche negli Stati terzi che chiedono la sua collaborazione; in particolare in Egitto e Ucraina, considerate le carenze che caratterizzano tali Stati con riguardo al rispetto dello stato di diritto. L’ultimo Paese citato è anche membro del Consiglio d’Europa e per questo motivo si impegna al rispetto dello stato di diritto ma è caratterizzato da un elevato livello di corruzione; secondo il rule of law index del 2019 l’indipedenza dell’apparato giudiziario è ancora debole (77 esimo posto su 126) [33]. In Egitto l’indipendenza e l’imparzialità della magistratura, ma anche il rispetto del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, componenti essenziali del rispetto dello stato di diritto, sono compromessi (121 esimo) [34]. La Tunisia è un Paese che presenta una situazione relativamente rosea rispetto agli altri due; si trova al 61esimo posto del rule of law index [35]. Senza dubbio le preoccupazioni circa le carenze relative al rispetto del diritto sono [continua ..]
È necessario, a questo punto, soffermare l’attenzione sul controllo giurisdizionale relativo a misure intese a consolidare la rule of law in Tunisia, Egitto e Ucraina, esaminando prima la giurisprudenza consolidata sulle misure restrittive e poi le sue tendenze più recenti. Tra le sentenze riguardanti le sanzioni collegate alla distrazione di fondi pubblici (circa 30), c’è un consistente numero di ricorsi di annullamento, proposti dagli ex membri della classe politica dei tre Stati menzionati, nonché dai loro familiari, che sono stati respinti [45]. Dovendo sinteticamente qualificare la posizione assunta dai giudici dell’Unione nella giurisprudenza tra il 2013 e il 2017 in relazione alle misure in esame, possiamo dire che questa sia conservativa nel senso che la Corte di giustizia ha interpretato in modo ampio la discrezionalità riservata al Consiglio nel determinare le misure PESC più appropriate per rafforzare il rispetto dello stato di diritto e, più in generale, per perseguire gli obiettivi sottesi a tale politica. Il Consiglio è legittimato a prestare la piena cooperazione politica in relazione alle indagini giudiziarie collegate allo sviamento di fondi pubblici. Ad esempio, nella sentenza Ezz (2015) si afferma che né il Consiglio e neppure il Tribunale devono verificare la fondatezza delle indagini, di cui sono oggetto i ricorrenti, ma solo se sia fondata la decisione di congelamento dei capitali, alla luce della domanda di assistenza giudiziaria delle autorità egiziane [46]. La nozione di “sviamento di fondi pubblici” è interpretata in modo autonomo dal giudice dell’Unione rispetto a quanto previsto negli ordinamenti degli Stati terzi nei quali vengono svolte le indagini [47]. Il Consiglio può adottare misure restrittive che prevedono il congelamento dei beni e delle risorse economiche dei destinatari, meramente quando esistono indagini giudiziarie nei loro confronti, senza che sia stata avviato un procedimento penale. Possono essere inserite nella lista anche le persone associate a quelle oggetto di indagini giudiziarie senza che sia necessario per il Consiglio specificare se il destinatario delle sanzioni ricada nella prima o nella seconda categoria di persone iscritte nella lista. Poiché le misure in esame non hanno carattere penale, il giudice dell’Unione non [continua ..]
(Segue). Il filone giurisprudenziale appena descritto non è, tuttavia, privo di eccezioni soprattutto nella giurisprudenza più recente relativa alle misure restrittive ucraine. Si possono identificare cinque sentenze, in cui il Tribunale [75] o la Corte di giustizia in appello [76] accolgono i ricorsi dei ricorrenti, alcuni dei quali sono già stati eliminati dall’elenco delle persone sanzionate [77]. In tutte queste sentenze è evidente un controllo giurisdizionale molto penetrante sull’attività del Consiglio nell’ambito della PESC e sulle prove, fondate su documenti di natura confidenziale [78], da questo utilizzate a supporto dei suoi provvedimenti di congelamento dei fondi. In Ivanyushchenko [79], il Tribunale annulla l’iscrizione nella lista di questo ex membro del parlamento ucraino, il cui nome era già stato depennato dalla lista delle persone sanzionate nel corso del 2017, poiché il Consiglio si è avvalso di prove non affidabili al fine di prorogare il regime delle sanzioni nel 2015 e nel 2016. In Sergij Klyuyev [80] il Tribunale annulla la decisione con la quale veniva prorogato nel 2017 l’iscrizione nell’elenco dei sanzionati del ricorrente, fratello di Andry Klyuyev, oggetto di indagini per sviamento di fondi pubblici [81]. Il Tribunale sostiene che il Consiglio ha compiuto un errore di valutazione, avvalendosi di informazioni (confidenziali) incomplete e contradditorie, senza effettuare ulteriori verifiche con le competenti autorità ucraine, nonostante le prove addotte dal ricorrente fossero tali da sollevare dubbi sull’attendibilità delle informazioni a sua disposizione. Anche nella pronuncia riguardante l’iscrizione di Andriy Klyuyev [82] il Tribunale annulla l’iscrizione nella lista dell’ex capo dell’amministrazione presidenziale dell’Ucraina poiché il Consiglio ha compiuto un errore di valutazione prorogando le sanzioni nei suoi confronti, senza richiedere ulteriori chiarimenti alle autorità competenti, pur essendo stato informato dal ricorrente che le indagini nei suoi confronti erano state sospese dal procuratore e limitandosi ad utilizzare le informazioni contradditorie fornite dal procuratore generale ucraino. In Stavytskyi [83] il Tribunale ritiene che il Consiglio sia incorso in [continua ..]
Al fine di dare attuazione alla sentenza della Corte di giustizia nella causa Azarov è stato sufficiente cambiare la motivazione su cui si basavano le sanzioni dimostrando che le norme in base alle quali le indagini relative al sig. Azarov erano state condotte erano formalmente conformi al diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva. Così, è stata modificata la decisione del 2014 che istitutiva le misure restrittive ucraine per il ricorrente e per tutti gli altri iscritti nella lista [111]. Da un lato, il Consiglio ha eliminato dall’elenco il nome di una persona [112]. Dall’altro lato, ha inserito nel testo un paragrafo intitolato «diritto alla difesa e diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva». Qui viene effettuata una breve descrizione di alcune disposizioni del codice di procedura penale ucraino e per ogni persona iscritta nell’elenco dei sanzionati si afferma che le informazioni contenute nel fascicolo del Consiglio indicano che i diritti della difesa e il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva sono stati rispettati [113]. È evidente che la verifica del rispetto da parte delle autorità ucraine del diritto alla difesa e alla tutela giurisdizionale effettiva viene effettuata in modo formale ma non sostanziale. Il Consiglio si limita a valutare se esistono indagini o procedimenti giudiziari a carico della persona iscritta nella lista. Se da un lato, questo è sufficiente a conformarsi all’obbligo di motivazione aggravato richiesto dalla sentenza della Corte di giustizia in Azarov, dall’altro, le misure del marzo 2019 non sembrano conformi agli orientamenti che emergono dalla giurisprudenza del luglio 2019. Al momento non ci sono sentenze che abbiano accolto ricorsi presentati contro le misure restrittive egiziane [114]. Tuttavia, il Consiglio, dopo aver modificato la decisione sulle misure restrittive ucraine articolandone meglio la motivazione, ha proceduto qualche giorno dopo a cambiare in modo simile anche il testo delle misure restrittive contro la classe politica egiziana: ha dato evidenza delle disposizioni del codice di procedura penale egiziano e di come queste rispettino il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva e il diritto alla difesa; inoltre, ha illustrato l’evoluzione del contenzioso alimentato dalle persone sanzionate nell’ambito dell’ordinamento [continua ..]
Mentre le sentenze relative al contenzioso sulle misure restrittive riguardanti lo sviamento dei fondi pubblici nel periodo 2014-2017 permettono al Consiglio di stabilire una cooperazione piena nei rapporti con Stati terzi in cui il rispetto dello stato di diritto è dubbio, più recentemente e in particolare con la sentenza Azarov del dicembre 2018 e le sentenze Arbutzov, Janukovych, Klymenko del luglio 2019, la Corte di giustizia e il Tribunale sembrano propensi ad esercitare un controllo giurisdizionale più intenso in relazione a tali misure, favorendo una cooperazione condizionata soprattutto con l’Ucraina. È possibile che per effetto di questi nuovi indirizzi giurisprudenziali, che sono maggiormente coerenti rispetto al passato con i valori su cui si fonda l’Unione, il Consiglio sarà indotto ad una maggiore cautela nella conferma delle misure restrittive sullo sviamento dei fondi pubblici almeno in relazione a questo Paese. Il Consiglio dovrebbe circondare la sua decisione di sostenere i governi di Stati in cui il rispetto dello stato di diritto è dubbio di numerose cautele. Infatti, se è vero che in assenza delle misure dell’Unione, potrebbe essere più difficile per questi Paesi recuperare fondi pubblici, che sono considerati necessari per il consolidamento della loro stabilità, d’altra parte, l’obiettivo del recupero di risorse economiche statali non dovrebbe avere, in un’Unione di diritto, un valore assoluto; piuttosto, si dovrebbe bilanciare con l’esigenza di rispettare il diritto alla difesa delle persone oggetto di indagini o di procedimenti giudiziari, anche se queste sono ex titolari di pubblici poteri. Nonostante che la giurisprudenza relativa alle misure tunisine e egiziane rimanga “conservativa”, nel 2018, sei nomi sono stati cancellati dagli allegati delle misure restrittive egiziane [116]. Nel 2018 anche il genero di Ben Alì, Mabrouk, è stata depennato dall’elenco dei tunisini sanzionati. Tra l’altro, in questo Paese, di recente, è stata approvata una legge che permette di interrompere tutti i processi per corruzione e sottrazione di fondi pubblici nei confronti di ufficiali pubblici che non hanno ottenuto benefici personali nel compimento di tali reati [117]. Non è facilmente comprensibile il motivo per cui il Consiglio ha [continua ..]