Protocol No 14 does not reflect in normative terms the relevant role assumed by the Eurogroup in the EU institutional dynamics. It is only through the prism of its rich practice that one can assess that role. Originally conceived as a complementary body with respect to ECOFIN, Eurogroup has become an instance of evaluation and composition of the specific interests of the Eurozone, its activities having ended up affecting the internal equilibrium of the ECOFIN. Indeed, practice shows that Eurogroup’s positions – adopted by consensus – do influence the ECOFIN decision-making since the Eurozone Ministers may vote as a caucus. In a broader perspective, the Eurogroup evolutionary practice appears as a paradigmatic case study to conceptualize the normative role of customs at the institutional level. The paper addresses that practice even in the prospect to examine the limits to creating customary rules within the EU legal order.
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I. Il sintetico quadro normativo - II. La recente prassi applicativa - III. La prassi concernente la Presidenza dell’Eurogruppo - IV. La valorizzazione, in via normativa, dell’Eurogruppo e della sua Presidenza - V. La mutazione genetica dell'Eurogruppo in organo che forma posizioni per consensus - VI. La coerenza della prassi con il diritto primario - VII. La rappresentanza esterna della zona euro - VIII. Conclusioni - NOTE
L’esigua disciplina che il diritto primario riserva all’Eurogruppo stride con la ricchezza della sua recente prassi applicativa (di cui si dirà infra). Stando al Protocollo n. 14 l’organismo riunisce “a titolo informale” i Ministri degli Stati membri “la cui moneta è l’euro …” [2]; la Commissione “partecipa alle riunioni”, mentre la Banca centrale europea (BCE) “è invitata” a prendervi parte. La sfera d’azione dell’Eurogruppo è definita in modo generico dal Protocollo n. 14 che si riferisce alle specifiche responsabilità condivise tra i soli Stati parti dell’eurozona “in materia di moneta unica” (art. 1). Il Protocollo stabilisce inoltre che i lavori dell’Eurogruppo debbano essere preparati da funzionari ministeriali (art. 1, ultima frase); nella prassi corrente l’Eurogruppo è invero coadiuvato da un organismo denominato Eurogroup Working Group [3]. Infine, con riguardo alla Presidenza dell’Eurogruppo, i Ministri eleggono, a maggioranza semplice, un Presidente per due anni e sei mesi (art. 2). Le disposizioni richiamate si prestano a considerazioni d’insieme. Conviene anzitutto ricordare che tale disciplina rappresenta la codificazione, a livello di diritto primario, di una prassi non recente, avviata tra il 1997 e il 1998 [4], che aveva costituito l’Eurogruppo con atti di natura politica. L’organismo continua a essere riservato ai soli Ministri degli Stati della zona euro, riunendosi questi, di consueto, nella formazione “1+1” (il Ministro e un alto funzionario dello Stato). Il formato è quindi più ristretto rispetto al Consiglio ECOFIN che include tutti i Ministri delle economie e delle finanze [5]. La nomina del Presidente è questione di pertinenza intergovernativa, gli altri partecipanti essendo esclusi dal voto. Il Trattato di Lisbona ha voluto conferire all’Eurogruppo una Presidenza stabile, non soggetta a rotazione semestrale e in principio rinnovabile, verosimilmente al duplice fine di assicurare sia l’efficienza e la continuità dei lavori, sia l’identificazione costante del vertice. L’art. 2 non esclude la possibilità di nominare un Presidente a tempo pieno, eventualità auspicabile in particolare se suoi poteri fossero rafforzati [continua ..]
Come accennato, la prassi applicativa dell’Eurogruppo mostra marcate tendenze evolutive. In effetti, le sue condotte, soprattutto quelle degli ultimi anni, hanno progressivamente assunto contorni estensivi. L’Eurogruppo non è più soltanto un luogo di semplice discussione per tutto ciò che attiene al coordinamento macro-economico. Al contrario, l’organismo e la sua Presidenza hanno concretamente esercitato funzioni che sono andate oltre quel ruolo, soprattutto verso la fine della prima decade degli anni duemila, quando la crisi economico-finanziaria ha iniziato a colpire l’eurozona e la finanza pubblica di alcuni suoi membri. Basti ricordare, a titolo esemplificativo, il ruolo vitale svolto dall’Eurogruppo nelle decisioni assunte riguardo ai sostegni finanziari, inclusi gli sblocchi delle varie tranches di finanziamento a Grecia [21], Portogallo [22], Irlanda [23], Spagna e Cipro [24] e, più in generale, il funzionamento del Meccanismo europeo di stabilità (di seguito, MES o ESM secondo l’acronimo inglese) [25]. Per quel che concerne in particolare la crisi finanziaria spagnola, l’Eurogruppo «has … reached a political understanding» circa lo strumento di assistenza finanziaria sulla ricapitalizzazione delle banche «to be provided via the EFSF until the ESM becomes available and then transferred to the ESM without gaining seniority status» [26]. Un compito importante è stato svolto dall’Eurogruppo nel promuovere l’accordo politico e la posizione dei Governi della zona euro in seno al Consiglio ECOFIN sul pacchetto normativo che ha dato luogo alla c.d. unione bancaria [27]. Sempre in tale settore, il ruolo propositivo della Presidenza si è rivelato decisivo nel definire in seno all’Eurogruppo il “political understanding” sull’operatività di un nuovo strumento di ricapitalizzazione diretta da parte del MES (pari a 60 miliardi di euro) qualora una banca non riesca ad attrarre risorse private sufficienti e lo Stato membro (del MES) non abbia risorse congrue per procedere alla ricapitalizzazione della banca. L’accordo politico – che riflette, per l’appunto, una proposta presentata nel maggio 2014 dal Presidente dell’Eurogruppo – è destinato a divenire operativo tramite procedure nazionali, oltre a dover essere [continua ..]
Tra i fattori rilevanti della prospettata evoluzione dell’Eurogruppo merita di essere precisato il ruolo della Presidenza. L’attuale Presidente, come si sa, è il Ministro delle finanze olandese, eletto il 21 gennaio 2013. Dal Protocollo n. 14 e dalla prassi applicativa si desume che il Presidente non è organo monocratico dotato di peculiari potestà decisionali, bensì un primus inter pares che presiede e prepara le riunioni dell’Eurogruppo in virtù di un mandato ricevuto al momento della nomina. Pur in assenza di uno stretto vincolo giuridico in tal senso, il Presidente dell’Eurogruppo presiede il Board of Governors del MES [32]. Si è così creato uno stretto collegamento personale tra Eurogruppo e il principale strumento di stabilità della finanza pubblica dell’eurozona, posto che i membri del Board sono gli stessi Ministri che rappresentano i singoli Stati nell’Eurogruppo ai sensi dell’art. 5, par. 1 dell’accordo istitutivo del MES. Egli ha anche acquisito funzioni lato sensu rappresentative dell’Eurogruppo sul piano politico esterno e nei rapporti con i media. In sintesi, le responsabilità della Presidenza ruotano intorno a tre volets principali: a) la realizzazione di un programma che copre l’intero mandato; b) la definizione delle agende semestrali e quelle di ciascuna riunione; c) l’assunzione di compiti lato sensu di rappresentanza politica esterna e presso i media. a) In primo luogo, la Presidenza svolge un ruolo propulsivo nell’Eurogruppo[33]. Per prassi il Presidente propone, prima della sua elezione, un “long term work programme” che definisce a grandi linee oggetto e obiettivi da realizzare nell’arco del suo mandato. L’elezione del Presidente reca con sé, da parte dei Ministri che lo eleggono, l’approvazione implicita del programma di medio/lungo termine. Rilevante è ilMission Statement prodotto dall’attuale Presidente olandese che si è impegnato a realizzare una «sustainable economic growth leading to job creation and prosperity across the euro area», rafforzando «the coordination of policies that deliver a permanent exit from the crisis». A questo fine, il Presidente ha programmato l’attività dell’Eurogruppo (“in the coming years”) [continua ..]
L’incremento dei compiti dell’Eurogruppo risulta ancora più esteso se si considerano, da un lato, una serie di disposizioni adottate nel contesto del rafforzamento delle misure di coordinamento delle politiche macro-economiche degli Stati dell’eurozona e, dall’altro, il Fiscal Compact. Sotto il primo profilo, l’Eurogruppo è coinvolto nelle procedure di macro-economic imbalances riguardanti gli Stati della zona euro. Tale organo ha progressivamente acquisito compiti (formalizzati in norme scritte) di monitoraggio del rispetto dei vincoli loro imposti dal Patto di stabilità e crescita. Nell’ambito dell’agenda sulle riforme strutturali, previste nell’ambito del Semestre europeo e delle specifiche raccomandazioni destinate a ciascun paese, l’Eurogruppo conduce abitualmente una serie di discussioni su crescita e mercato del lavoro, definendo principi comuni «for reforms reducing the tax burden on labour»; l’Eurogruppo ne ha affermato la priorità politica e ha dichiarato di volerne controllare l’attuazione all’interno delle rispettive leggi nazionali di stabilità [40]. In effetti, la nuova procedura di prevenzione e correzione degli squilibri macroeconomici (che ha rafforzato il meccanismo di sorveglianza multilaterale di cui all’art. 121 TFUE) stabilisce che l’Eurogruppo esamini la relazione annuale della Commissione [41], sia informato dalla stessa istituzione che uno Stato membro presenta una o più situazioni di squilibrio [42] e che è stata avviata una procedura per squilibri eccessivi [43]. Inoltre, l’Eurogruppo (nell’ambito delle misure che compongono il Two-pack) valuta e monitora i progetti di bilancio degli Stati membri dell’eurozona: questi sottopongono (alla Commissione e) all’Eurogruppo i loro progetti di bilancio entro il 15 ottobre di ogni anno [44]; il parere della Commissione è reso pubblico ed è presentato anche all’Eurogruppo [45], il quale ne discute [46], mentre i singoli Stati sono tenuti a presentare un rapporto, inter alia, all’Eurogruppo sul piano di emissione del debito pubblico [47]. Infine è da segnalare che l’Eurogruppo è attivo anche per quel che concerne l’accertamento e l’approvazione politica [continua ..]
Come si è visto, prassi estensive e nuove fonti normative hanno accresciuto i compiti dell’Eurogruppo. Concepito all’origine quale organismo sussidiario di dialogo [52], il suo ruolo è stato valorizzato in termini qualitativi e quantitativi. Si rammenti tra l’altro che nel Consiglio di amministrazione del MES siedono i Ministri dell’Eurogruppo, presieduti dallo stesso Presidente dell’Eurogruppo. Il collegamento personale e funzionale tra i due organismi è evidente. Nella logica evolutiva che caratterizza l’Eurogruppo, è prospettabile che la natura originaria del collegio, sostanzialmente informale e complementare ai lavori del Consiglio ECOFIN, stia subendo o forse abbia già conosciuto – per usare una metafora – una mutazione genetica dovuta a una ricombinazione dei suoi cromosomi originari codificati nel Trattato di Lisbona. Continuare a concepire l’Eurogruppo quale semplice luogo di incontro di Ministri significherebbe negarne la concreta ragion d’essere e il fatto che esso è in grado di esprimere un’autonoma volontà. Accogliere la chiave di lettura funzionale – sopra prospettata – del diritto primario, non è evoluzione che altera in profondità la natura giuridica dell’Eurogruppo. Certo, l’Eurogruppo è rimasto organismo informale poiché esso, in base ai trattati, è privo di un autonomo potere decisionale. È utile invero ricordare, su un piano generale, che nell’ordinamento dell’Unione la prassi applicativa, in coerenza con un essenziale e generale principio di legalità e di gerarchia delle fonti, non può produrre esiti che stridono con i Trattati. Va da sé dunque che l’Eurogruppo non avrebbe potuto dar luogo a regole consuetudinarie in deroga al diritto primario [53]. La priorità delle esigenze dell’eurozona ha plasmato l’Eurogruppo – in virtù, come già accennato, della necessità di fronteggiare una gravissima crisi economica e monetaria che colpisce l’eurozona e la finanza pubblica di alcuni Stati più di altri – in una necessaria istanza di valutazione e composizione degli interessi specifici dell’area euro. La risultante prassi applicativa può ritenersi consolidata poiché avvalorata sia dalle condotte [continua ..]
Rebus sic stantibus, in punto di diritto occorre interrogarsi ulteriormente sulla coerenza con le norme primarie delle accresciute funzioni esercitate in virtù di una prassi riguardante l’attività tanto dell’Eurogruppo, quanto della sua Presidenza. Su un piano generale, va detto che le condotte in questione non pongono un problema di controllo degli Stati membri sullo svolgimento di compiti ultra vires da parte dell’ente sopranazionale complessivamente considerato. In generale, sebbene il coordinamento e la sorveglianza macroeconomica siano divenuti molto più incisivi rispetto al quadro normativo pre-crisi, non sembra che l’Unione sia andata oltre le competenze riservatele dai trattati. Si profila piuttosto un problema di coerenza con il principio di legalità che impone inter alia il rispetto delle funzioni attribuite a ciascun organo dai trattati ai sensi dell’art. 13, par. 3, TUE e, più in generale, delle regole primarie che presiedono ai compiti dell’Eurogruppo [62]. Un parametro essenziale di riferimento è dunque dato dalle esigue disposizioni che regolano l’attività del Presidente e dell’Eurogruppo (artt. 1 e 2 del Protocollo n. 14), e in particolare dalla loro corretta comprensione [63]. Sul piano concettuale, si può assumere che l’Eurogruppo abbia dato luogo a una prassi qualificata, essenzialmente di natura interpretativa [64], che ha inteso in senso ampio la disposizione che delinea il mandato conferito all’Eurogruppo (“discutere questioni attinenti alle responsabilità specifiche … condivise” dagli Stati membri della zona euro “in materia di moneta unica”: art. 1, Protocollo n. 14). Elementi di legittimità della prassi sono dati, per un verso, dall’assenza di contrasto con tale disposizione che ha un contenuto aperto e, per altro verso, dalla volontà concludente (desumibile dalla prassi successiva) di riconoscere un certo contenuto alla disposizione in oggetto [65]. Per queste ragioni, i compiti aggiuntivi svolti dall’Eurogruppo, così ricostruiti, potrebbero ritenersi impliciti o – il che non sarebbe molto diverso – inerenti al dato normativo, confortato a sua volta dalla concordante prassi applicativa [66]. Su un piano generale, va comunque ricordato che nel sistema delle fonti [continua ..]
Una riflessione a sé merita invece il profilo della rappresentanza esterna svolta, secondo la prassi sopra indicata, dal Presidente dell’Eurogruppo in incontri politici internazionali svoltisi presso il FMI o altri fora finanziari internazionali. Naturalmente, poiché l’Eurogruppo, pur non essendo istituzione, è comunque soggetto al principio generale che gli impone il rispetto delle funzioni attribuite, va escluso un suo ruolo riguardo alla rappresentanza esterna su questioni di politica monetaria, non avendone esso alcuna titolarità [72]. La prassi in questione va considerata alla luce della natura complementare delle competenze attribuite all’Unione in materia di politica economica e della circostanza che la rappresentanza esterna della zona euro, nell’ambito delle istituzioni e conferenze finanziarie internazionali, dovrebbe essere unitaria (“unificata”: art. 138, par. 2, TFUE). In pratica, tuttavia la questione della rappresentanza esterna dell’area euro non è stata definita in via generale come i trattati lasciano intendere, preferendosi soluzioni pragmatiche adottate con atti non vincolanti [73]. Forse la Commissione, detentrice del corrispondente potere di proposta, preferisce le attuali soluzioni pragmatiche che le permettono di esercitare talune funzioni di rappresentanza esterna che l’art. 17 TUE le assegna in generale [74]. D’altronde, il Consiglio, su proposta della Commissione, potrebbe adottare, ai sensi dell’art. 138, par. 1 TFUE, una decisione che definisca le posizioni comuni degli Stati membri, rafforzando così l’idea che il Trattato di Lisbona abbia inteso assicurare l’identità unitaria dell’Unione sulla scena internazionale là dove si rientri nelle sfere delle competenze nazionali [75]. In considerazione della generale ritrosia degli Stati a fare concessioni alle istituzioni dell’Unione in tema di rappresentanza esterna, va da sé che un ruolo al riguardo del Presidente dell’Eurogruppo è, in concreto, concepibile nella misura e nei limiti in cui lo consentano gli Stati euro; e ciò può essere più semplice ove siano definite a priori posizioni comuni e non sia esclusa la contestuale partecipazione ai lavori degli Stati euro, come poi accade spesso nella prassi. La rappresentanza esterna [continua ..]
In conclusione, l’esigua disciplina del Protocollo n. 14 non permette di comprendere l’importanza effettivamente assunta dall’Eurogruppo e dalla sua Presidenza nella gestione delle politiche economiche nazionali. È soltanto attraverso il prisma della ricca prassi applicativa – consolidatasi sotto la pressione della crisi economica e finanziaria della zona euro e, in particolare, della finanza pubblica di alcuni Stati che ne sono parti – che si apprezza l’evoluzione dell’Eurogruppo. Tale organismo sembra aver subito una profonda mutazione: da entità sussidiaria è divenuto istanza di valutazione e composizione degli interessi specifici dell’area euro, suscettibile anche di assumere posizioni autonome rispetto al Consiglio ECOFIN. Un’attenta lettura della prassi mostra come tali posizioni si riflettano, in modo incisivo, sul processo decisionale della formazione consiliare più ampia attraverso accordi politici, adottati per consensus, di sostenere le relative posizioni in Consiglio ECOFIN. In punto di diritto la prassi evolutiva dell’Eurogruppo è un case study paradigmatico per riflettere, in chiave concettuale, sul ruolo normativo che la prassi applicativa può svolgere nell’assetto istituzionale dell’Unione. La prassi interviene a titolo integrativo con usi che, se ripetuti nel tempo, possono dar luogo a regole di ius non scriptum valevoli praeter legem, l’usus normativo essendo legittimo negli spazi non occupati da norme scritte inderogabili. Tuttavia, nell’ordinamento dell’Unione la formazione di consolidate prassi istituzionali non è fatto autosufficiente di produzione giuridica: la relativa condotta e la corrispondente opinio iuris (delle istituzioni e degli Stati) devono difatti essere soggette al vaglio di legittimità della Corte di giustizia. Il ruolo della consuetudine nell’ordinamento dell’Unione sembra quindi rispondere a una concezione formalistica, quasi kelseniana: necessita della validazione della Corte che conferisce alla regola sociale la veste di regola giuridica.