Il presente scritto rielabora la relazione svolta alla Tavola rotonda su Lo “Stato di diritto” in Europa: crisi e prospettive, presso l’Università degli studi di Napoli Federico II, 24 novembre 2017.
Il lavoro esamina l’uso della procedura di infrazione di cui all’articolo 258 TFUE nel caso di violazioni dei diritti fondamentali. Si evidenzia che la Commissione ha avviato procedure di infrazione contro gli Stati membri non solo per singoli casi di violazione dei diritti garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE, ma anche per violazioni gravi e sistematiche da parte degli Stati membri dei diritti fondamentali e dei valori e principi comuni stabiliti nell’art. 2 TUE. L’autore conclude che la procedura di infrazione può svolgere un ruolo importante per la tutela dei diritti fondamentali e dei valori comuni nell’UE e negli Stati membri.
This paper analyses the use of the infringement proceeding under Article 258 TFUE to address cases of violations of fundamental rights and of values established in Article 2 TUE. It highlights that the Commission launched infringement procedures against Member States not only for individual cases of breaches of rights guaranteed by the EU Charter of Fundamental Rights, but also for serious and systematic infringements by Member States of fundamental rights and common values and principles established in Article 2 TUE. The Author concludes that infringement procedures can play an important role in safeguarding fundamental rights and common values in the EU and Member States.
KEYWORDS
Infringement proceeding – Fundamental rights – Fundamental Values
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I. Gli strumenti di garanzia dei diritti fondamentali e dei valori comuni. - II. La procedura di infrazione nel caso di violazioni dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta. - III. Segue: nel caso di violazioni dei valori comuni sanciti nellart. 2 TUE. - IV. Alcune considerazioni finali sul principio di leale cooperazione e sulla fiducia reciproca. - NOTE
L’attuale contesto politico dell’Unione europea e dei suoi Stati membri riflette un quadro in cui violazioni dei diritti fondamentali e dei valori comuni di cui all’art. 2 TUE, con conseguenti minacce allo Stato di diritto, sono purtroppo in aumento, mentre i relativi strumenti di garanzia si dimostrano non sempre adeguati a farvi fronte. È quanto si constata in presenza di violazioni dei diritti fondamentali che assumono carattere sistemico, vuoi perché riconducibili a situazioni nazionali connotate da prassi amministrative o giudiziarie consolidate e quindi non facilmente modificabili o più in generale da deficienze strutturali dell’ordinamento nazionale, vuoi perché conseguenti a scelte politiche rivolte a limitare gravemente e sotto più profili lo Stato di diritto. È noto che la procedura disciplinata dall’art. 7 TUE, la quale, per la gravità delle conseguenze che può comportare, è stata definita dall’ex Presidente Barroso come “l’opzione nucleare”, è difficilmente praticabile. Le complessità procedurali e le soglie di voto particolarmente elevate richieste dall’art. 7 TUE, il suo essere totalmente condizionato dalle valutazioni politiche delle istituzioni europee, ma soprattutto e in ultima analisi degli Stati membri, ne hanno finora ostacolato l’applicazione, pure a fronte di un crescente presentarsi di situazioni di minaccia, se non addirittura di palese violazione, dei valori dell’art. 2 TUE [1]. Ciò spiega perché le istituzioni politiche dell’Unione negli anni scorsi siano state indotte a ricercare ulteriori forme di controllo del rispetto dello Stato di diritto negli Stati membri, complementari sì allo strumento offerto dall’art. 7, ma allo stesso tempo più soft e meno formali, perché basate più esplicitamente sul «potere leggero della persuasione politica» [2]. Tra questi va menzionato in particolare il Nuovo quadro posto in essere dalla Commissione nel 2014 che, incentrato sul dialogo tra questa e lo Stato membro in questione, persegue appunto tale finalità, costruito com’è intorno a un meccanismo di “bassa risonanza mediatica” e di altrettanto bassa formalità [3]. Il Nuovo quadro è stato attivato per la prima volta nei confronti della Polonia nel [continua ..]
Pur a fronte della complessità che presenta la ricostruzione della nozione «attuazione del diritto dell’Unione» da parte degli Stati membri, la Commissione, sul presupposto che la Carta si applica entro i limiti sopra delineati anche agli Stati membri, ha formalmente aperto varie procedure di infrazione per violazione di diritti fondamentali, nel quadro dell’applicazione di norme dei Trattati e di atti di diritto derivato e anche in situazioni che presentavano comunque un collegamento con il diritto dell’UE. Numerosi sono i casi che riguardano il diritto d’asilo e della migrazione per violazione delle direttive in materia e/o del regolamento Dublino in connessione con specifiche disposizioni della Carta, tra cui in primis gli articoli 18 e 19. Tra questi vi sono le procedure di infrazione aperte nei confronti dell’Ungheria la cui legislazione in materia d’asilo oltre a non essere conforme alla legislazione europea in materia, sembra non rispettare l’art. 47 della Carta sotto vari profili: mancanza di garanzie processuali del richiedente, decisioni di natura giurisdizionale prese da funzionari di cancelleria e non da giudici [11], così come anche la procedura nei confronti della Grecia in relazione alle condizioni di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati e quelle riguardanti l’Italia in merito alle condizioni di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e alla mancanza di accesso effettivo alla procedura d’asilo [12] . In queste procedure vengono prevalentemente in rilievo violazioni di obblighi di risultato gravanti sugli Stati membri; in particolare nel caso di violazioni sistemiche dei diritti fondamentali sono messe in discussione non solo o non tanto le normative nazionali di attuazione delle direttive in materia, quanto e piuttosto situazioni strutturali caratterizzate da carenze e difficoltà organizzative, da pratiche amministrative di natura costante e generale. Situazioni di questo tipo, in quanto privano d’effetto utile le direttive rilevanti, possono comportare una violazione dell’obbligo di risultato da queste stesse imposto, eventualmente anche assumendo una connotazione sistemica importante, e nel contempo configurare una violazione dei diritti fondamentali sanciti dalla Carta. Numerosi altri casi riguardano la violazione del principio di non discriminazione e delle direttive [continua ..]
Oltre che nelle ipotesi di attuazione diretta del diritto dell’UE, cioè con riferimento a specifiche norme dei Trattati o di atti delle istituzioni, la procedura di infrazione può essere utilizzata in tutti i casi in cui l’ordinamento nazionale, il suo diritto ma anche le sue prassi amministrative o giudiziarie, siano funzionali all’attuazione del diritto dell’UE o risultino comunque connesse ad esso. In questa prospettiva la Carta ben può operare trasversalmente garantendo i diritti e i principi in essa sanciti in maniera svincolata da una loro specifica attuazione in atti di diritto derivato. Si pensi ad esempio al diritto alla tutela giurisdizionale effettiva sancito dall’art. 19 TUE e dall’art. 47 della Carta che è diritto strumentale alla tutela di altri diritti e che costituisce «l’espressione, in una comunità di diritto, di una garanzia costituzionale» derivante dai Trattati [19]. Ne sono esempio significativo le già citate procedure di infrazione aperte contro la Polonia riguardanti l’una la legge del 2017 sull’organizzazione dei tribunali ordinari, l’altra la nuova legge del 2018 sulla Corte suprema. Secondo la Commissione la legge del 2017, prevedendo una diversa età pensionabile per i magistrati donna e uomo, configura una discriminazione di genere, contraria all’art. 157 TFUE e alla direttiva 2006/54 sulla parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e di impiego. Il secondo problema rilevato dalla Commissione è dato dalla discrezionalità che la stessa legge conferisce al Ministro della giustizia di prolungare il mandato dei magistrati giunti all’età della pensione e di destituire o nominare i presidenti dei tribunali, discrezionalità che è, ictu oculi, suscettibile di compromettere l’indipendenza degli organi giudiziari polacchi e porsi quindi in contrasto con l’art. 19, par. 1, TUE in combinato disposto con l’art. 47 della Carta. Anche la nuova legge sulla Corte suprema risulta gravemente lesiva del principio di indipendenza della magistratura in particolare sotto il profilo dell’inamovibilità dei giudici in violazione dell’art. 19 TUE in combinato disposto con l’art. 47 della Carta [20]. La connessione di questi casi con la questione del rispetto dei principi dello Stato di [continua ..]
Dal quadro fin qui delineato emerge come la procedura infrazione venga con sempre maggior frequenza utilizzata allo scopo di censurare non solo le violazioni da parte degli Stati membri del diritto dell’Unione e della Carta che colpiscono i diritti fondamentali della persona, ma anche aspetti strutturali e organizzativi, o finanche costituzionali, degli Stati membri. Questo sembra verificarsi non solo con riguardo agli aspetti degli ordinamenti giuridici statali più propriamente interni, come nei casi riguardanti l’indipendenza dell’Autorità nazionale di protezione dei dati, l’indipendenza della magistratura, la fairness del sistema scolastico e universitario; ma avviene anche con riguardo alle dinamiche politico-istituzionali a livello europeo ovvero alle modalità con cui gli Stati membri interagiscono tra di loro o con le Istituzioni. Sotto il primo profilo penso alle procedure aperte il 15 giugno 2017 [24] contro Repubblica Ceca, Polonia e Ungheria per l’inadempimento delle decisioni 2015/1523 e 2015/1601 con cui il Consiglio ha istituito un meccanismo temporaneo di emergenza di ricollocazione di persone bisognose di protezione internazionale dall’Italia e dalla Grecia [25], inadempimento che in aggiunta comporta un’evidente violazione del principio di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità sancito dall’art. 80 TFUE. Come rilevato dalla Corte nella sentenza del 6 settembre 2017 con cui ha respinto il ricorso introdotto da quegli Stati per l’annullamento della decisione 2015/1601, «nell’adottare la decisione impugnata, il Consiglio era effettivamente tenuto, come risulta d’altronde dal considerando 2 di detta decisione, a dare attuazione al principio di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità tra gli Stati membri, anche sul piano finanziario, la cui osservanza si impone, a norma dell’articolo 80 TFUE, nell’ambito dell’attuazione della politica comune dell’Unione in materia di asilo» [26]. Un’altrettanto macroscopica rottura, questa volta del principio di leale cooperazione da parte di uno Stato membro nei confronti dell’Unione, si è verificata nel contesto del contenzioso sulla foresta di Bialowieska, sito Natura 2000 e patrimonio mondiale dell’UNESCO, quando il Governo polacco ha mancato di dare esecuzione [continua ..]