Al fine di integrare il Tribunale unificato dei brevetti (TUB) nell’architettura giurisdizionale dell’Unione, il regolamento 542/2014 ha introdotto nel testo del regolamento Bruxelles I bis un insieme di disposizioni relative alla giurisdizione delle corti comuni a più Stati membri. Fra gli aspetti innovativi di maggiore interesse dell’intervento legislativo vi è la previsione di regole sulla giurisdizione applicabili erga omnes. A sei anni dalla sua conclusione, l’accordo istitutivo del TUB ancora non è entrato in vigore. Malgrado Brexit e i dubbi circa la compatibilità con i trattati europei siano suscettibili di ostacolare l’entrata in vigore o l’applicazione dell’accordo, le nuove norme sulla giurisdizione delle corti comuni, anche qualora non dovessero trovare applicazione, potrebbero in futuro aprire la strada all’universalizzazione del regime della competenza giurisdizionale previsto dal regolamento Bruxelles I bis.
In 2014, the EU legislature amended the Brussels Ia Regulation introducing special jurisdictional rules for courts common to a plurality of Member States. The purpose of the amendments is to accommodate the Unified Patent Court (UPC) within the EU judicial framework. In doing so, the legislature introduced into the Regulation universal rules of jurisdiction and other significant innovations that reflect the complex architecture of the UPC jurisdiction. Six years after its conclusion, the agreement establishing the UPC has not yet entered into force. While Brexit and compatibility with the principle of autonomy of EU law may prove significant hurdles and ultimately undermine the fate of the agreement, the rules on jurisdiction for common courts are there to stay and could pave the way for further harmonization.
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I. Introduzione. - II. L’accordo TUB e l’architettura della nuova giurisdizione. - III. L’integrazione del TUB nel sistema del regolamento Bruxelles I bis: il regolamento (UE) n. 542/2014. - IV. Le peculiarità della tecnica normativa seguita dal legislatore. - V. La giurisdizione del TUB nei confronti dei convenuti domiciliati in Stati terzi. - VI. La giurisdizione cautelare. - VII. I meccanismi di coordinamento dei procedimenti. - VIII. Una giurisdizione a geometria variabile per effetto dell’integrazione differenziata. - IX. Profili di geometria variabile nello spazio esterno. - X. L’incerta sorte del “pacchetto brevettuale”: le implicazioni del recesso del Regno Unito dall’Unione europea. - XI. Segue. La possibile incompatibilità con i trattati del modello giurisdizionale disegnato dall’accordo TUB. - XII. Considerazioni conclusive: un possibile modello per la revisione del regolamento Bruxelles I bis? - NOTE
L’instaurazione di un sistema di tutela brevettuale europeo, composto da due regolamenti dell’Unione [1] e dall’accordo istitutivo del Tribunale unificato dei brevetti (accordo TUB) [2], ha costituito un laboratorio per la ricerca di soluzioni originali, prima ancora che dal punto di vista materiale, sotto il profilo istituzionale [3]. A causa dell’impossibilità di pervenire a un accordo unanime fra tutti gli Stati membri in merito al regime linguistico, come imposto dalla pertinente base giuridica [4], i regolamenti sul brevetto europeo con effetto unitario e sul relativo regime di traduzione sono stati adottati mediante una cooperazione rafforzata, alla quale non partecipano la Spagna e la Croazia [5]. La cooperazione rafforzata non rappresenta tuttavia il solo aspetto del nuovo sistema di tutela brevettuale che dà origine a una forma di integrazione differenziata [6]. Il sistema unificato di risoluzione delle controversie, che costituisce un pilastro essenziale del pacchetto, è infatti contenuto in un accordo internazionale firmato da venticinque Stati membri, sedici dei quali lo hanno finora ratificato [7]. Si è convincentemente rilevato che la costruzione risultante da tale combinazione di fonti rappresenta un paradosso [8]. L’obiettivo consistente nell’istituzione di un sistema di tutela unitario, in grado di superare l’attuale assetto caratterizzato dall’efficacia territorialmente limitata dei titoli brevettuali nazionali, viene infatti realizzato in misura soltanto parziale e al prezzo del mantenimento di un elevato grado di frammentazione all’interno del sistema, anche per via della scelta degli strumenti impiegati [9]. Una delle caratteristiche di maggiore originalità del pacchetto brevettuale consiste nell’aver previsto l’istituzione di una giurisdizione specializzata mediante un accordo inter se fra Stati membri [10]. La decisione di seguire questa via e di qualificare il Tribunale unificato come un organo giurisdizionale comune agli Stati membri contraenti ha richiesto l’intervento del legislatore dell’Unione per prevedere apposite regole giurisdizionali [11], che sono state inserite nel corpo del regolamento Bruxelles I bis [12]. Il presente contributo intende proporre un’analisi delle norme sulla [continua ..]
L’accordo TUB costituisce, insieme ai regolamenti sul brevetto europeo con effetto unitario e sul relativo regime linguistico, una componente essenziale di un sistema – o “pacchetto” – funzionale a rafforzare e rendere più efficiente la tutela brevettuale nell’Unione europea [13]. Il regolamento 1257/2012 e l’accordo TUB risultano complementari sotto più profili. In primo luogo, l’obiettivo di superare la frammentazione territoriale della tutela brevettuale richiede, accanto alla definizione di un titolo provvisto di effetti unitari negli Stati partecipanti, un ripensamento delle regole sulla competenza giurisdizionale applicabili alle relative controversie [14]. A tale esigenza dovrebbe rispondere l’istituzione del Tribunale unificato, giurisdizione specializzata competente a conoscere in via esclusiva di una pluralità di azioni relative ai brevetti europei e ai brevetti europei con effetto unitario [15]. Inoltre, la connessione fra i diversi strumenti che compongono il pacchetto è accentuata dalla singolare commistione di regole sostanziali e processuali all’interno dell’accordo TUB. Nel corso del procedimento legislativo che ha condotto all’adozione del regolamento 1257/2012, a seguito di un “suggerimento” formulato dal Consiglio europeo nella composizione dei capi di Stato e di governo degli Stati membri partecipanti alla cooperazione rafforzata [16], le regole di diritto materiale relative al nuovo titolo di proprietà industriale contenute negli artt. 6-8 della proposta di regolamento ne sono state espunte e sono state trasferite nel testo nell’accordo [17]. Infine, il rapporto di stretta complementarità delle due fonti risulta suffragato dalla subordinazione dell’applicazione del regolamento all’entrata in vigore dell’accordo [18]. Per un verso, ciò induce a domandarsi se sussista, per gli Stati partecipanti alla cooperazione rafforzata, un obbligo de contrahendo ricavabile dal principio di leale cooperazione [19]. Per altro verso, non fa che confermare come regolamento e accordo siano stati concepiti come componenti di un complesso normativo unitario. Dal punto di vista formale, le fonti che compongono il pacchetto sono tuttavia decisamente eterogenee. Mentre i regolamenti sul brevetto europeo con effetto unitario e sul relativo regime [continua ..]
Il ricorso a un accordo internazionale fra Stati membri e l’equiparazione del TUB agli organi giurisdizionali degli Stati membri hanno imposto una parziale revisione delle regole sulla competenza giurisdizionale e sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni contenute nel regolamento Bruxelles I bis. Ai sensi dell’art. 32, par. 1, dell’accordo, il Tribunale unificato dispone di giurisdizione esclusiva in merito a una pluralità di azioni in materia brevettuale: in particolare, non soltanto le controversie relative alla registrazione o alla validità dei brevetti europei e dei brevetti europei con effetto unitario, ma altresì le azioni per violazione o minaccia di violazione di brevetti e certificati protettivi complementari e le corrispondenti azioni di accertamento negativo sono attratte alla giurisdizione esclusiva del TUB, come pure la tutela cautelare e ingiuntiva. L’applicazione di queste regole avrebbe comportato una deviazione rispetto ai criteri di competenza fissati dal regolamento Bruxelles I bis, secondo il quale soltanto le controversie attinenti alla registrazione e alla validità dei brevetti sono assoggettate alla giurisdizione esclusiva del foro del luogo di registrazione (art. 24, n. 4), mentre per le azioni di contraffazione il foro speciale dell’illecito (art. 7, n. 2) concorre con il foro generale del domicilio del convenuto (art. 4). Tuttavia, poiché un accordo internazionale tra Stati membri è soggetto al primato del diritto dell’Unione, esso non può derogare a un atto di diritto derivato quale un regolamento. Trattandosi di un accordo concluso tra soli Stati membri, esso ricade inoltre al di fuori dell’ambito di applicazione della clausola di disconnessione contenuta nell’art. 71 del regolamento Bruxelles I bis, che fa salve le convenzioni concluse dagli Stati membri «in materie particolari» [34]. Per rendere l’accordo compatibile con il diritto dell’Unione e per permettere al TUB di esercitare la competenza che l’accordo istitutivo gli attribuisce, era pertanto necessario un intervento del legislatore dell’Unione. Il regolamento 542/2014 realizza questo obiettivo mediante l’inserzione di quattro articoli nel capo VII del regolamento Bruxelles I bis (artt. 71 bis-71 quinquies). Mentre l’art. 71 bis definisce la nozione di [continua ..]
Un primo motivo di interesse delle modifiche introdotte dal regolamento 542/2014 consiste in alcune peculiarità che contraddistinguono la tecnica normativa impiegata. Il considerando 5 del regolamento 542/2014 afferma che le norme relative alla giurisdizione del Tribunale unificato dei brevetti «sono intese a stabilire la competenza internazionale di detto tribunale e non pregiudicano l’assegnazione interna dei procedimenti tra le divisioni del tribunale stesso, né il regime stabilito nell’accordo TUB relativamente all’esercizio della competenza, compresa la competenza esclusiva, nel corso del periodo transitorio previsto in detto accordo». Questa precisazione in parte rispecchia l’art. 31 dell’accordo TUB, il quale prevede che la sola «competenza internazionale» del Tribunale sia definita conformemente al regolamento Bruxelles I bis e, ove applicabile, alla Convenzione di Lugano, mentre il riparto interno di competenza tra le divisioni del Tribunale è disciplinato direttamente dall’accordo. La distinzione tra competenza internazionale e allocazione della competenza tra diverse divisioni dell’organo comune costituisce una prima anomalia rispetto allo schema generale del regolamento, al quale essa è estranea [35]. Come noto, infatti, i criteri di competenza stabiliti nel regolamento non indicano soltanto lo Stato membro avente titolo a esercitare la giurisdizione, bensì definiscono direttamente il foro competente [36]. Altresì singolare è la tecnica normativa seguita nella redazione dell’art. 71 ter, n. 1 del regolamento, che attribuisce competenza a una corte comune «laddove, in virtù del […] regolamento, le autorità giurisdizionali di uno Stato membro che sia parte dello strumento che istituisce l’autorità giurisdizionale comune siano competenti relativamente a una materia disciplinata da tale strumento». In via generale, la competenza del TUB deriva dalla combinazione di due regole. La prima, posta dall’art. 71 bis, par. 1, equipara un’autorità giurisdizionale comune alle corti interne laddove essa esercita competenza in materie disciplinate dal regolamento. La seconda dispone la sostituzione dell’organo comune ai giudici interni degli Stati contraenti che sarebbero [continua ..]
Per quanto riguarda la giurisdizione nei confronti dei convenuti domiciliati in Stati terzi, la regola di base consiste nell’estensione dell’ambito applicativo dei fori previsti dal capo II del regolamento (art. 71 ter, n. 2). In realtà, l’estensione non può operare per l’intero capo, essendo evidentemente applicabili nei confronti di convenuti domiciliati al di fuori dell’Unione solamente i fori speciali previsti dalla sezione II [41]. Merita tuttavia osservare che il rinvio ha una portata più ampia rispetto all’estensione dell’ambito di applicazione delle norme sulla giurisdizione prefigurato dalla Commissione in occasione della rifusione del regolamento 44/2011 [42]. Tale proposta non contemplava infatti l’applicazione erga omnes della disposizione del regolamento in tema di cause connesse [43], con la conseguenza, piuttosto paradossale, di trattare i convenuti domiciliati in uno Stato membro in modo meno favorevole rispetto ai convenuti domiciliati in Stati terzi [44]. Accanto all’estensione dei fori speciali, il regolamento 542/2014 ha inoltre introdotto una disposizione applicabile soltanto nei confronti dei convenuti domiciliati in Stati terzi (art. 71 ter, n. 3). Essa prevede che, qualora una corte comune abbia giurisdizione nei confronti di un convenuto domiciliato in uno Stato terzo sulla base dell’art. 71 ter, n. 2 in una controversia riguardante la contraffazione di un brevetto europeo che produce danni all’interno dell’Unione, essa possa altresì conoscere del danno derivante dalla medesima violazione che si sia prodotto al di fuori dell’Unione. A tal fine è inoltre necessaria la presenza in uno Stato membro contraente di beni appartenenti al convenuto, nonché la sussistenza di un collegamento sufficiente tra la controversia e lo Stato in cui si trovano i beni. Nonostante il considerando 7 del regolamento 542/2014 affermi che questa norma consente a una corte comune di esercitare la giurisdizione «in via sussidiaria», si tratta in realtà di una regola avente carattere accessorio [45], essendo richiesto che la corte comune abbia giurisdizione nei confronti di un convenuto domiciliato in uno Stato terzo sulla base di un criterio di competenza speciale previsto dal capo II del regolamento (tipicamente, il foro dell’illecito). Il solo effetto [continua ..]
Malgrado presentino minori elementi di originalità rispetto alla disciplina della giurisdizione di cognizione nei confronti dei convenuti domiciliati in Stati terzi, vi sono altre norme che contribuiscono a definire la proiezione esterna della giurisdizione delle corti comuni. In materia cautelare, il secondo periodo dell’art. 71 ter, n. 2 stabilisce che le corti comuni siano competenti a emettere provvedimenti provvisori o cautelari «anche se la competenza a conoscere del merito è riconosciuta all’autorità giurisdizionale di uno Stato terzo». Come la giurisdizione di merito, così anche la giurisdizione cautelare è disegnata per le corti comuni in termini più ampi rispetto a quanto previsto in via generale dall’art. 35 del regolamento. Quest’ultima disposizione consente infatti l’adozione di provvedimenti provvisori e cautelari da parte di un giudice non competente per il merito soltanto se la competenza a conoscere del merito spetta a una autorità giurisdizionale di altro Stato membro. Nella proposta di rifusione del 2010, la Commissione aveva previsto, in funzione dell’estensione erga omnes dell’ambito di applicazione del regolamento, un allargamento della competenza cautelare, che sarebbe divenuta esercitabile, sulla base della legge dello Stato del foro, anche qualora la giurisdizione sul merito fosse spettata a un giudice di uno Stato terzo [51]. Il nuovo art. 71 ter, n. 2 del regolamento estende la competenza cautelare delle corti comuni in termini simili, senza distinguere a seconda che competente a pronunciarsi sul merito sia l’autorità giurisdizionale di uno Stato membro ovvero di uno Stato terzo. Tuttavia, a differenza tanto dell’art. 35 del regolamento quanto dell’art. 36 della proposta di rifusione, la disposizione non rinvia al diritto dello Stato del foro in ordine alla disciplina dei provvedimenti cautelari che possono essere richiesti, né potrebbe farlo in ragione del carattere comune a più Stati membri degli organi giurisdizionali di cui tratta l’art. 71 ter. Poiché però il regolamento non contiene una disciplina autosufficiente in tema di giurisdizione cautelare, affinché questa norma possa avere efficacia dovrà leggervisi un rinvio implicito all’accordo istitutivo della corte comune, al quale spetterà [continua ..]
Merita infine qualche cenno la disciplina dettata dall’art. 71 quater in tema di coordinamento dei procedimenti. Per effetto del limitato ambito di applicazione dell’accordo TUB, non coincidente con la totalità degli Stati membri, i rapporti tra il Tribunale e le corti nazionali degli Stati membri contraenti, da un lato, e tra il Tribunale e le corti degli Stati membri non contraenti, dall’altro, si configurano in modo differente. A causa dell’effetto sostitutivo dell’organo giurisdizionale comune rispetto ai giudici interni degli Stati contraenti, a questi ultimi resterà solamente una competenza residuale nelle materie non ricomprese nella competenza esclusiva del Tribunale unificato [56]. Un organo giurisdizionale di uno Stato membro contraente, qualora sia investito di una controversia relativa, ad esempio, alla contraffazione di un brevetto europeo, sarà pertanto tenuto a declinare la giurisdizione [57]. Il medesimo effetto non può prodursi nei confronti degli Stati membri che non siano parti contraenti dell’accordo, i quali non sono tenuti a riconoscere la competenza esclusiva del Tribunale unificato se non nelle ipotesi contemplate dall’art. 24 del regolamento, ossia, in materia brevettuale, rispetto alle controversie in tema di registrazione e di validità. Pertanto, ogni qual volta il convenuto sia domiciliato in uno Stato membro non contraente, la competenza del Tribunale unificato a conoscere della violazione di un brevetto europeo o di un brevetto europeo con effetto unitario sulla base dell’art. 7, n. 2 del regolamento ha natura soltanto concorrente rispetto al foro generale del convenuto. Tale circostanza ha richiesto un’estensione, per i soli rapporti tra il Tribunale unificato e le giurisdizioni degli Stati membri non contraenti, delle norme in tema di litispendenza e di cause connesse previste agli artt. 29-32 del regolamento [58]. Analoga esigenza di coordinamento sorge altresì nei confronti delle giurisdizioni degli Stati membri contraenti, ma soltanto per il periodo transitorio settennale previsto dall’art. 83 dell’accordo TUB [59], caratterizzato da limitazioni al carattere esclusivo della competenza del Tribunale unificato [60]. Nessuna disciplina specifica è invece dettata con riguardo al coordinamento dei procedimenti instaurati dinanzi alle corti comuni a più Stati [continua ..]
La complessità della disciplina della giurisdizione del TUB che si è descritta è conseguenza, oltre che di una tecnica redazionale non troppo felice, della costruzione dell’intero pacchetto brevettuale come un originale esperimento di integrazione differenziata. Come noto, nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile non mancano gli esempi di differenziazione. Per un verso, il diritto primario riconosce ad alcuni Stati (Regno Unito, fintanto che sia ancora uno Stato membro, Irlanda e Danimarca) un’esenzione (opt-out) rispetto all’intero spazio di libertà, sicurezza e giustizia [63]. Per altro verso, in questo settore ha trovato terreno fertile l’istituto della cooperazione rafforzata, al quale si è fatto ricorso per l’adozione di ben tre regolamenti nel settore del diritto internazionale privato della famiglia [64]. Osservata dal punto di vista dei modelli di integrazione differenziata [65], l’architettura del sistema brevettuale unificato costituisce tuttavia un unicum, sia per l’intensità della differenziazione, sia per l’eterogeneità degli strumenti impiegati per realizzarla. Infatti, non soltanto entrambe le fonti principali del sistema – vale a dire il regolamento sul brevetto europeo con effetto unitario e l’accordo TUB – danno luogo a differenziazione, ma sono anche strumenti tra loro profondamente diversi, l’uno interno, l’altro esterno all’ordinamento dell’Unione, sebbene con esso strettamente connesso. È evidente che la scelta di ricorrere a uno strumento di diritto internazionale non soltanto rischia di comportare una rinuncia alle caratteristiche proprie del diritto dell’Unione che ne costituiscono il maggiore punto di forza – primato ed effetto diretto [66] – ma impone altresì una scelta tra la rapida entrata in vigore dell’accordo e la sua applicazione uniforme nel territorio degli Stati contraenti. Da un lato, soltanto subordinando l’entrata in vigore dell’accordo alla ratifica della totalità degli Stati contraenti sarebbe possibile salvaguardare appieno l’esigenza di applicazione uniforme. Dall’altro, è evidente che questa soluzione accrescerebbe grandemente l’incertezza circa il tempo necessario affinché l’intero sistema [continua ..]
Se il ricorso all’integrazione differenziata determina una giurisdizione a geometria variabile all’interno dell’Unione, un fenomeno in parte simile sembra destinato a prodursi anche sul piano dei rapporti con Stati terzi, ma per una ragione diversa. La previsione unilaterale di regole di giurisdizione operanti nei confronti dei soli convenuti domiciliati in Stati terzi non soltanto comporta il rischio che le decisioni rese sulla base di fori eventualmente percepiti come esorbitanti non siano riconosciute ed eseguite al di fuori dello spazio giudiziario europeo, ma impone parimenti di fare i conti con l’eventualità che l’applicazione di tali regole sia preclusa da obblighi internazionali vincolanti per l’Unione. Con riguardo alla giurisdizione delle corti comuni – e del TUB in particolare – ciò si verifica rispetto al criterio di giurisdizione previsto dall’art. 71 ter, n. 3 del regolamento, che non può trovare applicazione nei confronti dei convenuti domiciliati in uno Stato terzo che sia parte contraente della Convenzione di Lugano. L’art. 64 della Convenzione prevede infatti che nei confronti di costoro la giurisdizione possa essere esercitata soltanto sulla base di tale strumento. Poiché la Convenzione non contiene alcun criterio giurisdizionale analogo a quello previsto dall’art. 71 ter, n. 3 del regolamento, è evidente che questo potrà trovare applicazione soltanto nei confronti di convenuti domiciliati in Stati terzi diversi da Islanda, Norvegia e Svizzera. Se questa circostanza non sembra complicare eccessivamente l’accertamento della giurisdizione del Tribunale unificato, anche in considerazione del carattere altamente specializzato di tale organo, essa contribuisce tuttavia a rammentare che armonizzazione unilaterale e cooperazione internazionale costituiscono metodi non necessariamente alternativi, bensì piuttosto complementari, nella disciplina della giurisdizione [67].
A circa sei anni dall’adozione dei regolamenti e dalla conclusione dell’accordo, il nuovo sistema non è ancora operativo. Questo ritardo è una conseguenza diretta della pluralità ed eterogeneità delle fonti che lo compongono. I regolamenti sul brevetto unitario e sul relativo regime di traduzione sono entrati in vigore nel gennaio del 2013, ma stante la stretta connessione che presentano con l’accordo TUB la loro applicazione è subordinata all’entrata in vigore di quest’ultimo. A sua volta, l’opzione di dare vita alla giurisdizione unitaria mediante uno strumento di diritto internazionale, anziché con un atto dell’Unione, implica che l’accordo non possa divenire efficace fino al completamento delle procedure di ratifica in un numero di Stati contraenti sufficiente a costituire la necessaria massa critica. A tal fine, è richiesto che abbiano depositato il relativo strumento di ratifica almeno tredici Stati contraenti, inclusi i tre Stati nei quali vigeva il maggior numero di brevetti europei nell’anno precedente alla conclusione dell’accordo (ossia Germania, Regno Unito e Francia) [68]. Al momento in cui si scrive ancora difetta la ratifica della Germania, subordinata all’esito di un ricorso pendente dinanzi al Tribunale costituzionale federale [69]. Poiché uno dei motivi di ricorso attiene alla compatibilità dell’accordo con il diritto dell’Unione, non è escluso che il Tribunale possa proporre un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, con conseguente ritardo per l’entrata in vigore dell’accordo [70]. Anche nell’ipotesi di un rigetto del ricorso, la sorte del sistema di risoluzione delle controversie in materia brevettuale concepito dall’accordo TUB rimarrebbe nondimeno incerta, sia in ragione degli effetti dell’imminente recesso del Regno Unito dall’Unione europea sia perché il modello giurisdizionale ivi prefigurato, indipendentemente dalla partecipazione del Regno Unito, potrebbe rivelarsi incompatibile con l’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione. Quanto al primo profilo, il prossimo recesso del Regno Unito avrà certamente implicazioni per il sistema brevettuale unitario. Sebbene tale Stato abbia ratificato l’accordo istitutivo [71], è dubbio che esso possa [continua ..]
Sotto un diverso profilo, proprio la circostanza che il Tribunale unificato sia immaginato come foro alternativo alle corti nazionali, benché ad esse equiparato, solleva ulteriori perplessità circa la sorte dell’accordo TUB, indipendentemente dalla partecipazione del Regno Unito. Anche qualora l’accordo fosse applicabile a soli Stati membri, la configurazione istituzionale della nuova giurisdizione potrebbe non essere compatibile con i trattati istitutivi. Come si è detto, la qualificazione del TUB come corte comune a una pluralità di Stati membri risponde all’esigenza di superare gli ostacoli posti dal parere 1/09 all’istituzione di una giurisdizione internazionale competente a conoscere di una vasta gamma di controversie in materia brevettuale in sostituzione delle corti nazionali degli Stati contraenti [81]. Nel parere, la Corte di giustizia aveva distinto il Tribunale dei brevetti europeo e comunitario dalla Corte di giustizia del Benelux, la quale già era stata ritenuta compatibile con il diritto dell’Unione [82] sul presupposto che essa costituisse un organo giurisdizionale comune a diversi Stati membri e fosse pertanto «situata nel sistema giurisdizionale dell’Unione» [83]. Ritenendo che il riferimento alla Corte di giustizia del Benelux suggerisse la via da seguire, i redattori dell’accordo TUB hanno tentato di riprodurre il modello di una giurisdizione comune integrata nell’architettura giurisdizionale dell’Unione ai fini dell’istituzione di un sistema unificato di risoluzione delle controversie in materia brevettuale [84]. La più recente giurisprudenza della Corte di giustizia induce tuttavia a dubitare dell’effettiva rispondenza del Tribunale unificato a tale modello. Già nella sentenza Miles, di pochi mesi posteriore al parere, la Corte ha rigettato la qualificazione della camera di ricorso delle scuole europee, istituita mediante un accordo internazionale tra Stati membri, come giurisdizione comune a diversi Stati membri alla stregua della Corte di giustizia del Benelux. L’aspetto di maggiore interesse della pronuncia ai fini della ricostruzione della natura del TUB consiste nel criterio distintivo impiegato, che attiene al ruolo che l’organo giurisdizionale in questione riveste nel procedimento: a differenza della camera di ricorso, la Corte di giustizia del Benelux [continua ..]
È possibile che le difficoltà connesse alla partecipazione del Regno Unito e i dubbi relativi alla compatibilità con i trattati inducano a ripensare alcune caratteristiche di un sistema largamente percepito come insoddisfacente [98]. Oltre alle ipotesi di radicamento nella struttura istituzionale della Corte di giustizia, sulla base dell’art. 257 o, più difficilmente, dell’art. 262 TFUE, sono state proposte altre soluzioni, quali l’attribuzione della relativa competenza alle corti interne sul modello vigente per il marchio comunitario [99] ovvero un accordo che preveda la partecipazione, accanto agli Stati membri, degli Stati terzi parti contraenti della Convenzione sul brevetto europeo, assistito da opportune garanzie a salvaguardia dell’autonomia dell’ordinamento dell’Unione [100]. Ciascuna di queste opzioni comporterebbe un abbandono del modello di giurisdizione comune previsto dall’accordo. Anche in tale eventualità, il progetto del TUB lascerebbe tuttavia una eredità non trascurabile nelle disposizioni introdotte nel regolamento Bruxelles I bis per disciplinare la giurisdizione delle corti comuni. Certo, si tratterebbe di norme destinate a non trovare applicazione, almeno fino all’avvenuta istituzione di ulteriori organi giurisdizionali comuni a vari Stati membri ovvero all’attribuzione alla Corte di giustizia del Benelux della competenza a conoscere di controversie tra privati [101]. La presenza di tali disposizioni potrebbe nondimeno incidere in maniera indiretta sull’evoluzione del sistema giurisdizionale delineato dal regolamento Bruxelles I bis, in particolare per quanto riguarda l’applicazione delle norme sulla giurisdizione ai convenuti domiciliati in Stati terzi. È infatti previsto che la Commissione presenti, entro l’11 gennaio 2022, una relazione sull’applicazione del regolamento, comprendente «una valutazione dell’eventuale necessità di estendere ulteriormente le regole in materia di competenza ai convenuti non domiciliati in uno Stato membro, alla luce del funzionamento del […] regolamento e dei possibili sviluppi a livello internazionale» [102]. Tale analisi potrebbe preludere a una proposta di revisione del regolamento. Alla luce delle numerose critiche da tempo rivolte alla limitazione dell’ambito di applicazione [continua ..]