L’A. desidera ringraziare Luca Terminiello, amministratore italiano della Direzione della Ricerca e Documentazione della Corte di giustizia dell’Unione europea, per il prezioso contributo nella raccolta della documentazione e nell’elaborazione della presentazione sistematica della giurisprudenza. Le opinioni espresse nel presente contributo sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non impegnano in alcun modo l’istituzione di appartenenza.
L’art. 94 del Regolamento di procedura della Corte di giustizia dell’Unione europea del 2012 fissa i requisiti essenziali del contenuto di un rinvio pregiudiziale, codificando le condizioni di ricevibilità enunciate nella giurisprudenza della Corte. Se tali condizioni non sono rispettate, la Corte di giustizia dichiara irricevibile il rinvio pregiudiziale e non si pronuncia nel merito.
Partendo dall’assunto che un terzo dell’insieme delle ordinanze d’irricevibilità pronunciate dalla Corte riguardano rinvii pregiudiziali provenienti da giudici italiani, l’articolo offre una presentazione sistematica delle suddette ordinanze al fine di fornire al lettore un’analisi dettagliata delle condizioni di irricevibilità. In particolare, l’articolo presenta le ordinanze di irricevibilità in cui è stata costatata l’assenza di precisazioni sul contesto di fatto e di diritto, la mancanza di pertinenza dei quesiti sollevati ed infine le ordinanze motivate dalla costatazione che il procedimento nazionale riguarda “situazioni puramente interne”.
Art. 94 of the Rules of Procedure of the Court of Justice of the European Union (ECJ, 2012) sets out the requirements for a preliminary reference therein codifying the ECJ’s case law on conditions for admissibility. When these requirements are not met by the referring order of the national jurisdictions, the ECJ declares the request for a preliminary ruling inadmissible and does not provide an answer to the substantive questions referred.
Taking as a starting point that one third of all ECJ orders declaring preliminary references inadmissible pertain to references from Italian jurisdictions, the present article features an in-depth and systematic analysis of these decisions. Accordingly, it illustrates the different grounds on which the ECJ concludes that a reference for a preliminary ruling is manifestly inadmissible. In particular, the article analyses the decisions based on the following grounds: absence of relevant findings of fact as determined by the referring court and/or absence of description of the relevant provisions of national law applicable to the case; lack of relevance of the questions referred for the resolution of the dispute; and, situations which are confined in all respects within a single Member State.
KEYWORDS
Preliminary reference procedure – Art. 94 of the Rules of Procedure of the Court of Justice of the European Union – Content of a request for a preliminary reference – Conditions for admissibility – Decision of inadmissibility in relation to requests for preliminary reference referred by Italian jurisdictions
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I. Introduzione. - II. L’evoluzione della giurisprudenza della Corte di giustizia in materia di ricevibilità dei rinvii pregiudiziali. - III. La novità introdotte nel regolamento di procedura del 2012 sulla ricevibilità dei rinvii pregiudiziali: l’articolo 94. - IV. I rinvii pregiudiziali dei giudici italiani - V. Conclusioni. - NOTE
Il presente studio ha lo scopo di offrire una visione d’insieme delle ordinanze di irricevibilità pronunciate dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (di seguito: la “Corte” o la “Corte di giustizia”) sui rinvii pregiudiziali introdotti dai giudici italiani e di esaminare le ragioni che hanno motivato tali pronunce[1]. A titolo introduttivo, è opportuno ricordare che il numero dei rinvii pregiudiziali è costantemente aumentato nel corso degli anni. Se nel 1961, anno nel quale per la prima volta la Corte è stata investita di un rinvio pregiudiziale [2], tale rinvio è stato l’unico depositato nel corso dell’anno, nel 1980 il numero di rinvii è salito a 99, per poi passare a 224 nel 2000 e a ben 538 nel 2017 [3]. In questo scenario, i giudici italiani hanno dato prova di grande attivismo collocandosi tra le giurisdizioni che hanno introdotto il maggior numero di rinvii pregiudiziali (65 nel 2012, 62 nel 2013, 62 nel 2016 e 57 rinvii nel 2017) [4], insieme ai giudici tedeschi (che hanno introdotto, 68 rinvii nel 2012, 97 nel 2013, 84 nel 2016 e 149 nel 2017) [5]. Per quel che riguarda l’Italia, un dato statistico interessante è altresì quello relativo alle giurisdizioni che hanno operato il rinvio nel periodo dal 1952 al 2017. In effetti, se tre sono i rinvii introdotti dalla Corte Costituzionale, 150 provengono dalla Corte di Cassazione e 151 dal Consiglio di Stato. Gli altri 1141 rinvii pregiudiziali sono stati sollevati dalle giurisdizioni inferiori. Negli ultimi anni si è inoltre registrato un maggiore slancio delle magistrature superiori, considerato che più di un terzo del totale dei rinvii pregiudiziali provenienti dall’Italia sono del Consiglio di Stato e della Corte di cassazione. Nel 2017, il Consiglio di Stato ha introdotto 16 rinvii pregiudiziali mentre la Corte di Cassazione ne ha introdotto sei [6]. Con riguardo all’oggetto delle questioni sollevate nei rinvii del Consiglio di Stato, si segnala che le materie principali sono state gli appalti pubblici (31 rinvii), le libertà fondamentali (21 rinvii), la concorrenza e gli aiuti di Stato (13 rinvii), la politica dell’ambiente (8 rinvii) e la politica agricola (9 rinvii). Passando alla Corte di Cassazione, si segnala che le materie principali oggetto di rinvio sono state la politica agricola (33 rinvii), [continua ..]
Il diritto primario, trattati e statuto della Corte di giustizia, non fissa i requisiti di ricevibilità degli atti introduttivi della domanda di decisione pregiudiziale. È stata dunque la Corte che, sulla base delle esigenze specifiche di questo strumento fondamentale di collaborazione con i giudici interni, ha elaborato nel tempo delle regole di principio, in seguito codificate nel regolamento di procedura. Nei primi decenni, la Corte ha ribadito a più riprese che spettasse solo ed esclusivamente alla giurisdizione nazionale, nella sua qualità di organo avente diretta conoscenza dei fatti di causa e chiamato per legge a definire la lite, valutare la rilevanza e la necessità di effettuare un rinvio pregiudiziale. La Corte dunque si è astenuta dal sindacare le ragioni che conducevano la giurisdizione nazionale ad effettuare il rinvio pregiudiziale e ha ritenuto rilevante e necessario, al fine di risolvere la causa principale, pronunciarsi sempre sull’interpretazione o la validità delle disposizioni del diritto comunitario. In tutti i casi in cui la domanda sollevata da un giudice nazionale riguardava l’interpretazione del diritto comunitario, la Corte dunque si riteneva in principio tenuta a statuire e ciò anche nei casi in cui la questione era formulata in modo impreciso o addirittura poco comprensibile. A partire dagli anni ottanta, tuttavia, in un contesto nel quale il numero di rinvii cominciava ad aumentare e le questioni sollevate erano caratterizzate da maggiore complessità, la Corte ha inaugurato una giurisprudenza più restrittiva, dapprima procedendo a riformulare i quesiti provenienti dalle giurisdizioni nazionali in tutti i casi in cui essi risultassero non sufficientemente chiari [9] e, successivamente, pronunciando la prima sentenza, nel famoso caso Foglia c. Novello, con la quale si dichiarò incompetente a pronunciarsi sulla questione posta dal giudice nazionale, in quel caso, il pretore di Bra [10]. In tale causa, la Corte rifiutò di rispondere al quesito posto perché il rinvio era stato sollevato nel contesto di una controversia fittizia, nella quale le parti non solo erano perfettamente d’accordo sull’esito del litigio e sull’interpretazione delle conferenti norme dell’Unione ma nella quale esse tendevano unicamente a far risultare l’incompatibilità con il diritto [continua ..]
Per far fronte a tale situazione e per ovviare al problema spesso riscontrato del carattere lacunoso di talune domande di pronuncia pregiudiziale, la Corte ha dunque provveduto ad una riforma del proprio regolamento di procedura con la quale ha apportato un certo numero di modifiche procedurali riguardanti il trattamento di questioni di competenza e di ricevibilità nel contesto della procedura pregiudiziale. Tra queste modifiche, spicca l’introduzione dell’art. 94, il quale codifica le esigenze relative al contenuto della domanda di decisione pregiudiziale [26] già enunciate nella nota informativa riguardante le domande di pronuncia pregiudiziale da parte dei giudici nazionali [27] e successivamente trasfuse nelle Raccomandazioni della Corte di giustizia dell’Unione europea all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale (di seguito le “Raccomandazioni”) [28], che costituiscono un utile supporto interpretativo delle disposizioni del regolamento di procedura. In virtù del citato art. 94 del nuovo regolamento di procedura, la domanda di rinvio pregiudiziale deve contenere un’identificazione precisa della questione che si intende porre alla Corte, una descrizione completa dei fatti di causa e una ricognizione precisa del quadro di diritto nazionale pertinente. In altri termini, dall’ordinanza di rinvio devono emergere tutti gli elementi necessari per permettere alla Corte di fornire una risposta utile senza che si riveli necessario acquisire informazioni supplementari [29]. In primo luogo, per quanto riguarda la presentazione dei fatti, ai sensi della lett. a), dell’art. 94, l’ordinanza di rinvio deve contenere un’illustrazione sommaria dell’oggetto della controversia nonché dei fatti rilevanti, quali accertati dal giudice di rinvio o, quanto meno, un’illustrazione delle circostanze di fatto sulle quali si basa la domanda di pronuncia pregiudiziale. A questo proposito, i giudici nazionali dovrebbero fornire un quadro chiaro e abbastanza dettagliato dei fatti di causa pur tenendo presente, tuttavia, che le ordinanze di rinvio sono tradotte in tutte le lingue ufficiali e che, al fine di permettere una traduzione rapida e precisa, le ordinanze eccessivamente lunghe sono tradotte solo parzialmente ed è quindi una sintesi delle [continua ..]
Come già anticipato, i giudici italiani, sebbene ricorrano allo strumento del rinvio pregiudiziale con frequenza, sono i giudici che incontrano maggiori problemi nella presentazione e redazione delle ordinanze di rinvio. Problemi che hanno condotto, come visto, ad un cospicuo numero di ordinanze di irricevibilità. Si rivela, al riguardo, necessario precisare che le pronunce con le quali la Corte non fornisce una risposta ai quesiti pregiudiziali proposti da giudici nazionali possono essere suddivise in ordinanze e sentenze. Se nel caso delle ordinanze, come vedremo diffusamente, l’irricevibilità del rinvio è integrale, nel caso delle sentenze solo alcuni dei quesiti vengono dichiarati irricevibili mentre altri trovano una risposta nella pronuncia della Corte [36]. Non mancano, tuttavia, casi nei quali la Corte pronuncia un’irricevibilità integrale per sentenza, come avvenuto nella pronuncia, resa su rinvio del TAR Piemonte, nella causa C-318/15, Tecnoedi Costruzioni [37]. Una delle cause di un numero così elevato di pronunce di irricevibilità è senz’altro da rinvenire nei problemi che i giudici italiani, soprattutto quelli di primo grado (e in particolar modo le Commissioni tributarie provinciali e i Giudici di Pace), riscontrano in sede di redazione delle ordinanze di rinvio. Come risulta dalla giurisprudenza, questi problemi si sostanziano, nella maggior parte dei casi, nella difficoltà da parte delle giurisdizioni rimettenti di esporre in maniera chiara e pertinente il quadro giuridico e fattuale nel contesto del quale i dubbi sull’interpretazione del diritto dell’Unione, di volta in volta, sorgono. Si tratta di difficoltà che trovano le proprie radici molto spesso nella scarsa dimestichezza degli operatori del diritto con le regole europee di diritto sostanziale e procedurale e da una conoscenza non approfondita della giurisprudenza della Corte. A ciò si aggiunga l’assenza, sino alla modifica del regolamento di procedura nel 2012, di un vero e proprio catalogo di requisiti minimi di ricevibilità delle decisioni nazionali di rinvio pregiudiziale e, dunque, di una disposizione specificamente volta a disciplinare i casi nei quali la Corte può stabilire, con ordinanza, l’irricevibilità della domanda. In un tale contesto, si rivela pertanto interessante ripercorrere le ordinanze di [continua ..]
Così ricostruito il quadro della giurisprudenza della Corte di giustizia in materia di irricevibilità di rinvii pregiudiziali provenienti da organi giurisdizionali italiani, non è possibile trascurare la realtà che si nasconde dietro tale quadro, una realtà caratterizzata da una scarsa dimestichezza degli operatori del diritto italiani con le regole europee di diritto sostanziale e procedurale e da una talvolta scarsa conoscenza della giurisprudenza della Corte. Ma soprattutto sono le tecniche di redazione degli atti che hanno avuto nel tempo un’incidenza sulle sorti del rinvio pregiudiziale. Come è stato sottolineato la maggior parte dei rinvii pregiudiziali sono dichiarati irricevibili perché redatti senza rispettare le regole fissate a livello europeo. Molto spesso infatti la redazione delle ordinanze di rinvio è lacunosa oppure svolta seguendo tecniche redazionali che si ispirano alle pratiche interne, le quali generalmente non coincidono con quelle europee. Volgendo lo sguardo a quei Paesi membri che sembrano aver predisposto validi strumenti per evitare la pronuncia di decisioni di irricevibilità dei rinvii pregiudiziali, si può constatare che esistono delle normative nazionali che fissano degli standard di redazione cui i giudici, in sede di redazione di un’ordinanza di rinvio, sono tenuti ad attenersi [53]. Un dibattito sull’opportunità di prevedere delle regole di redazione simili in seno al nostro ordinamento, eventualmente calibrate sugli obblighi previsti dai trattati, dallo statuto e dal regolamento di procedura della Corte, potrebbe probabilmente rivelarsi utile al fine di risolvere il problema legato al cospicuo numero di pronunce di irricevibilità di rinvii italiani. In Italia, infatti, non esistono regole o criteri di redazione della motivazione di un’ordinanza di rinvio. Al contrario, il codice di procedura civile prevede che l’ordinanza sia succintamente motivata (art. 134 c.p.c.). Le disposizioni italiane si caratterizzano dunque per una certa genericità. Il riferimento contenuto dalla citata disposizione alla motivazione succinta, inoltre, è destinato a non conciliarsi con i canoni di redazione europea, se è inteso nel senso di prevedere un obbligo di motivazione attenuato per le ordinanze di rinvio pregiudiziale. In ogni caso, non si può escludere che tali ordinanze siano lo specchio [continua ..]